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GIOVANNI XXIII, IL DISCORSO DELLA LUNA, I TRE FILI DEL CONCILIO. A 50 anni dal Vaticano II, i cardinali Bruno Forte e Gianfranco Ravasi ricordano (su "Il Sole-24 ore"). I loro testi - con alcune note di "aggiornamento",a c. di Federico La Sala

Ultimo aggiornamento: October 12 2012 12:51:45.

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 07/10/2012 16.59
Titolo:UNA CHIESA "PER MOLTI", NON "PER TUTTI". Cinque note ...
IL SOGNO DI UNA "COSA" DI BENEDETTO XVI: UNA CHIESA "PER MOLTI", NON "PER TUTTI". Cinque note per un Convegno


CHIESA "PER MOLTI", NON "PER TUTTI"!!!

Per il Convegno "Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri" del 15 settembre 2912, cinque note a margine

di Federico La Sala *

1. LA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA HA ROTTO I PONTI CON IL MESSAGGIO EVANGELICO. A 50 anni dall’inizio del Concilio Vaticano II, bisogna prendere atto che il terribile è già accaduto: il "Lumen Gentium" è stato spento e, sulla cattedra di Pietro, siede il Vicario del Signore e Padrone Gesù ("Dominus Iesus": J. Ratzinger, 2000). Egli regna e governa in nome del suo Dio, Mammona ("Deus caritas est": Benedetto XVI, 2006).

2. DIO E’ VALORE! Sul Vaticano, DAL 2006, sventola il "Logo" del Grande Mercante: "Deus caritas est" (Benedetto XVI, 2006)!!! Il papa teologo, ha gettato via la "pietra" su cui posava - in equilibrio instabile - l’intera Costruzione dela Chiesa cattolico-romana ("Deus charitas est": 1 Gv. 4.8).

3. TUTTO A "CARO-PREZZO" ("CARITAS"): QUESTO "IL VANGELO CHE ABBIAMO RICEVUTO". QUESTO E’ IL NOSTRO VANGELO: PAROLA DI RATZINGER -BENEDETTO XVI, CARDINALI E VESCOVI TUTTI. IL "PANE QUOTIDIANO" DEL "PADRE NOSTRO", SI VENDE A "CARO PREZZO", MOLTO CARO (= "CARITAS")!!!

4. ULTIMA CENA ED ECONOMIA VATICANA. Benedetto XVI cambia la formula: «Il calice fu versato per molti», non «per tutti»!!!

5. IN PRINCIPIO ERA IL "LOGO"!!! SE UN PAPA TEOLOGO LANCIA IL "LOGO" DEL SUO DIO ("DEUS CARITAS EST") E TUTTI OBBEDISCONO, E NON VIENE RISPEDITO SUBITO A CASA, DA "MARIA E GIUSEPPE", PER IMPARARE UN PO’ DI CRISTIANESIMO, DI COSA VOGLIAMO PARLARE DI AFFARI E DI MERCATO?! EBBENE PARLIAMO DI AFFARI, DI MERCATO, DI "MAMMONA", "MAMMASANTISSIMA", E DI COME I PASTORI ... IMPARANO A MANGIARE LE PECORE E GLI AGNELLI, E CONTINUANO A GOZZOVIGLIARE ALLA TAVOLA DEL LORO "DIO"!!! Avanti tutta, verso il III millennio avanti Cristo!!!

Federico La Sala

* Il Dialogo, Mercoledì 12 Settembre,2012

-http://www.ildialogo.org/Ratzinger/Interventi_1347523698.htm
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 07/10/2012 22.14
Titolo:LA VALLE. Né sudditi, né «società perfetta» ma popolo di Dio
Né sudditi, né «società perfetta» ma popolo di Dio

di Raniero La Valle (l’Unità, 7 ottobre 2012)

Se ricordare i 50 anni dall’inizio del Vaticano II consistesse nell’innalzare una nuvola d’incenso che nasconde il Concilio e poi lascia tutto come prima, le celebrazioni di questo anniversario sarebbero inutili e anzi dannose. Ricordare il Concilio vuol dire invece interrogarlo, chiedergli che cosa esso è stato e ancora può essere per la Chiesa e per gli uomini. E qui le domande sarebbero così tante, che a racchiudere le risposte non basterebbero tutti i libri del mondo, come con un’iperbole dicono i Vangeli della testimonianza di Gesù. Infatti il Concilio ha ricapitolato e reinterpretato tutta la tradizione di fede della Chiesa, e l’ha riproposta, «aggiornata», come diceva Giovanni XXIII, agli uomini di oggi in forme nuove, in quel «modo che la nostra età esige».

Dunque qui possiamo solo accennare ad alcune primissime domande; le altre ognuno potrà farle per conto suo.

La prima domanda è come il Concilio ha pensato la Chiesa. Esso poteva pensarla (come del resto appariva in quel tempo) come una piramide clericale col Papa intangibile al vertice, i vescovi come prefetti e i fedeli come gregge o come «sudditi». Invece l’ha pensata come una comunione di Chiese con al vertice il vescovo di Roma, unito però in un collegio con tutti gli altri vescovi, il cui mandato non deriva dal Papa, come se fossero suoi dipendenti o «collaboratori», ma direttamente da Dio. Quanto ai fedeli, non sono dei sudditi, ma un popolo (che per la cultura del nostro tempo non è formato da pecore, ma da sovrani).

La Chiesa non è poi una «società perfetta», al modo degli Stati, ma è una realtà umano-divina; e se come realtà umana si sa dove comincia e si sa dove finisce, come realtà divina rompe ogni frontiera e giunge ad abbracciare non solo tutte le Chiese oggi divise, ma anche uomini e donne di altre religioni e senza religione, perché tutti oggetto dell’amore di Dio. Sicché lo stesso concetto di popolo di Dio si allarga a comprendere potenzialmente, e non certo per un disegno egemonico, l’umanità tutta intera.

Un vescovo francese, monsignor Dubois, in Concilio lo spiegò così: «Il popolo di Dio, nel senso più pieno della parola, è la Chiesa, con tutti i battezzati; ma popolo di Dio è anche il popolo ebreo che nelle sue sinagoghe continua a leggere i testi di Isaia; popolo di Dio sono anche tutti quelli che credono in un Dio personale e che possono essere, sul piano umano, più morali di certi cristiani; ma popolo di Dio sono anche i ‘gentili’, i pagani (le genti) che non credono in Dio ma sono creati da Dio e ricevono la vita da lui; dunque tutti gli uomini sono di Dio e suo popolo». Insomma la Chiesa di Cristo, che «sussiste» ma non si esaurisce nella Chiesa cattolica, è l’umanità in cammino, la «carovana umana», come l’ha chiamata monsignor Dubois.

Ma se così stanno le cose, la Chiesa deve stare attenta a non trattare male questo popolo che sta anche fuori dei suoi confini visibili. E lo deve accettare con le sue istituzioni e culture, non solo quelle del Medioevo, ma anche quelle di oggi. Ed è proprio qui che, come ha detto Benedetto XVI in un suo famoso discorso alla Curia, la Chiesa del Concilio ha introdotto una discontinuità rispetto alla sua tradizione più recente, instaurando un nuovo rapporto con l’età moderna che fino al Concilio, da Galileo al Sillabo, era stata oggetto di aspre e radicali condanne da parte del magistero romano; è cambiato infatti l’atteggiamento della Chiesa rispetto a tre dimensioni fondamentali della modernità: il valore della scienza, il valore dello Stato con i suoi ordinamenti moderni, e il valore della libertà, che non è un’invenzione del liberalismo, ma è l’immagine stessa di Dio impressa nell’uomo.

In questo quadro la Chiesa ha ripensato anche la sua concezione dell’essere umano: non che sia arrivata a metterci dentro come si deve anche la donna, ma certamente ha approfondito e addolcito la sua antropologia, anche se ancora indistinta.

E questa è la seconda grande domanda che si può fare al Concilio: quale uomo? Senza dubbio il Concilio ha abbandonato l’antropologia che considerava l’umanità (a parte i cattolici) come una «massa dannata», per usare l’impietosa espressione di Sant’Agostino. Non è vero che, come si diceva, fuori della Chiesa visibile non c’è salvezza, e che perciò bisogna farci entrare tutti a tutti i costi.

La libertà religiosa («nessuno sia costretto, nessuno sia impedito») è più importante per il Concilio che il numero dei fedeli. Di conseguenza il Concilio ha fatto cadere la dottrina secondo la quale i bambini morti senza battesimo non vanno in paradiso, e restano privi di Dio. «Questa non è la fede delle nostre Chiese», dissero i vescovi in Concilio. Dio ama e vuole che tutti gli uomini siano salvi, figurarsi i bambini!

peccato originale

Di fatto l’antropologia del Concilio non si appella più alla dottrina del peccato originale per spiegare la condizione umana. Pur nella sua debolezza, l’uomo non è storpiato da quel primo peccato, non è stato punito da Dio con la morte (che altrimenti non ci sarebbe) e scacciato lontano finché il Cristo non venisse a salvarlo. Secondo il Concilio, Dio non ha scacciato nessuno, non si è pentito della creazione dell’uomo, ma anzi «dopo la caduta» non abbandonò l’uomo, ma sempre gli diede gli aiuti necessari alla salvezza, in vista di Cristo, che del resto era già all’opera, con lo Spirito, fin dal principio e prima del principio. Sicché il lavoro, la sessualità, i dolori dei parti, la fatica per procurarsi il cibo e anche la morte non sono la pena del peccato, sono l’umanità dell’uomo. È una buona notizia. Ma non era appunto compito del Concilio dare una «buona notizia», cioè l’Evangelo?
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 12/10/2012 12.51
Titolo:UNA "BERLUSCONEIDE". Ratzinger fa sue le parole del "Papa Buono": andate a casa...
- Sinodo, i mea culpa dei vescovi
- “Nella Chiesa arroganza e ipocrisia”

- di Marco Ansaldo (la Repubblica, 12 ottobre 2012)

L’ultimo mea culpa in ordine di tempo è venuto dal cosiddetto “papa nero”, il superiore dei gesuiti. «La nuova evangelizzazione - ha detto padre Adolfo Nicolas - deve imparare dagli aspetti buoni e meno buoni della prima evangelizzazione. Mi sembra che noi missionari non l’abbiamo fatto con la profondità richiesta. Abbiamo cercato le manifestazioni occidentali della fede, e non abbiamo scoperto in che maniera Dio ha operato presso altri popoli. E tutti ne siamo impoveriti». Il Sinodo sulla nuova evangelizzazione si è aperto domenica e in Vaticano la discussione è in pieno sviluppo.

Tra i vescovi prevalgono accenti autocritici. Monsignor Rino Fisichella, che del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione è il presidente, nel suo intervento ha detto: «Ci siamo rinchiusi in noi stessi. Mostriamo un’autosufficienza che impedisce di accostarci come una comunità viva e feconda che genera vocazioni, tanto abbiamo burocratizzato la vita di fede e sacramentale ».

Ancora più duro è l’arcivescovo filippino Socrates Villegas: «Perché in alcune parti del mondo c’è una forte ondata di secolarizzazione, una tempesta di antipatia o pura e semplice indifferenza verso la Chiesa? La nuova evangelizzazione richiede nuova umiltà. Il Vangelo non può prosperare nell’orgoglio. L’evangelizzazione è stata ferita e continua ad essere ostacolata dall’arroganza dei suoi agenti. La gerarchia deve evitare l’arroganza, l’ipocrisia e il settarismo. Dobbiamo punire quanti tra noi sbagliano, invece di nascondere gli errori».

Un altro big come il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale Usa, rilancia l’importanza della confessione. «La risposta alla domanda “cosa c’è di sbagliato nel mondo?” non è la politica, l’economia, il secolarismo, l’inquinamento, il riscaldamento globale... No. Come scrisse Chesterton, “la risposta alla domanda cosa c’è di sbagliato nel mondo sono due parole: sono io».

Ieri i lavori del Sinodo si sono sospesi per la celebrazione dei 50 anni del Concilio Vaticano II. E alla sera Benedetto XVI ha sorpreso tutti, affacciandosi al balcone e pronunciando la stessa frase detta da Giovanni XXIII l’11 ottobre 1962 in quello che è passato alla storia come il “discorso alla luna”. «Alla fine oso fare mie - ha detto Joseph Ratzinger - le parole indimenticabili di Papa Giovanni: andate a casa e date una carezza ai bambini e dite che è del Papa».

«Anch’io sono stato in questa piazza 50 anni fa - ha poi dichiarato, anch’egli con parole suonate di critica alla Chiesa - quella sera eravamo felici, pieni di entusiasmo. In questi 50 anni abbiamo imparato che il peccato originale esiste e si traduce in peccati personali. Abbiamo visto che nel campo del Signore c’è sempre la zizzania, che nella rete di Pietro ci sono anche pesci cattivi, che la fragilità umana è presente anche nella Chiesa. Qualche volta abbiamo pensato che il Signore dorme e ci ha dimenticato». Nella messa al mattino, all’apertura solenne dell’Anno della fede, Ratzinger aveva detto che «nei decenni che ci separano dal Concilio è avanzata una desertificazione spirituale».