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Ultimo aggiornamento: February 19 2012 13:36:18.

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 17/2/2012 13.10
Titolo:ALLARGARE I SOGNI DEL CORTILE ....
LA GRAZIA DEL DIO DI GESU’ E’ "BENE COMUNE" DELL’INTERA UMANITA’, MA IL VATICANO LA GESTISCE COME SE FOSSE UNA SUA PROPRIETA’.
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Ravasi: «Il Cortile allarga i confini»

intervista a Gianfranco Ravasi

a cura di Lorenzo Fazzini (Avvenire, 17 febbraio 2012)

Dall’illuminista Parigi alla Tirana ex comunista; da Assisi, patria del Poverello, a Bucarest, porta d’Oriente. E, a venire: Barcellona, vetrina della Sagrada Familia, Stoccolma, terra dei Nobel, la Milano sede della Borsa, Marsiglia, patria di Albert Camus. In futuro: Gerusalemme, Washington, Vienna. Il Cortile dei gentili si allarga e abbraccia culture, località, centri accademici diversissimi ma uniti - chiarisce il cardinale Gianfranco Ravasi, regista dell’operazione voluta da Benedetto XVI - dal desiderio di indagare il senso del mistero dell’uomo.

Dall’iniziale intuizione del pontefice (eravamo nel dicembre 2009) affinché la Chiesa aprisse un «nuovo Cortile dei gentili» per dialogare con quanti «sentono la religione come una cosa estranea» ma vogliono avvicinare Dio «almeno come uno Sconosciuto», molto è già stato fatto e altrettanto è in cantiere. Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, confida: «Il problema è tener testa alle tantissime richieste: tutto questo significa che c’è un desiderio comune contrassegnato dalla ricerca di senso». Insomma, da quando il laico "Le Figaro" titolò l’anno scorso «Il Vaticano si invita alla Sorbona» (inaudito negli anni passati, se si pensa alla Francia laicissima), ormai sembra soffiare un’aria nuova tra Chiesa e cultura umanista: Julia Kristeva, Jean Clair, Remo Bodei, Axel Kahn, Giuliano Amato, Jean Luc Marion, Rémi Brague, Jean-Claude Casanova, Enzo Bianchi, Massimo Cacciari, Fabrice Hadjadj. Questi solo alcuni dei nomi che hanno punteggiato il primo anno di vita del Cortile. E altri se ne stagliano all’orizzonte.

Eminenza, tempo fa aveva annunciato il confronto con l’ateismo "popolare", quello alla Michel Onfray per intendersi: a che punto siamo?

«Per ora abbiamo escluso - ma non necessariamente - le due ali "estreme" dell’ateismo lasciando da parte l’ateismo "nazional-popolare", di superficie, caustico e sarcastico, quasi aggressivo. Si tratta di una forma antropologica: i suoi sostenitori sembrano alfieri di un’anti-religione. Su questo dobbiamo operare una riflessione perché è un fenomeno molto diffuso, complesso e con una sua letteratura. Tale movimento si inserisce nel più grande ambito dell’indifferenza: questi autori, se lanciano una battuta forte ("l’illusione di Dio", "l’assurdità della religione") suscitano interesse. Prima o poi affronteremo questa atmosfera nebbiosa che rappresenta il frutto estremo della secolarizzazione».

E gli atei devoti? Alcuni, dal mondo cattolico tradizionale, le rimproverano di escluderli...

«Anche questo è un ambito molto variegato. Degli "atei devoti" non ce ne siamo interessati perché in molti casi i suoi esponenti hanno un’implicanza politica. Da queste persone il tema religioso viene affrontato in maniera apologetica, per cui la religione cristiana costituisce solo un grande valore per l’Occidente. Si tratta di una sottolineatura giusta ma che non rappresenta uno scavo profondo. Questi autori non tengono in conto grandi prospettive di indagine. Si accontentano di ripetere la dottrina, e basta. Comunque è vero che queste "ali estreme" chiedono il dialogo: tra gli atei "nazional-popolari" cito Paolo Flores D’Arcais e Piergiorgio Odifreddi; fra gli "atei devoti" Giuliano Ferrara... Ma fino ad ora l’impostazione del Cortile rientra nell’alveo centrale del confronto tra le grandi visioni di interpretazione della realtà mediante un linguaggio comune: il concetto di cultura. Nelle tappe del Cortile di Bologna, Parigi, Firenze, Tirana si sono affrontate tematiche come la cosmologia, il male, il diritto, la laicità, l’arte».

Quale la ragione d’essere del Cortile?

«Ritornare al modello di evangelizzazione di Paolo: l’Apostolo è stato capace di assumere le categorie del pensiero classico a lui contemporaneo per annunciare il cristianesimo. Come evidenzia Jacques Dupont, l’idea della Chiesa come corpo mistico è mutuata dalla concezione stoica dell’anima mundi. Paolo andava in campo "laico" ad attingere concetti e categorie. Mi emoziono sempre a pensare quanto Agostino ha studiato Platone e Plotino per poterli poi "battezzare"».

Gli atei accettano di esser definiti tali?

«Il termine "ateismo" è obsoleto. Il filosofo non credente messicano Guillermo Hurtado, presente all’incontro di Assisi, sull’“Osservatore romano” ha rilevato come l’ateismo non si autodefinisce nemmeno terminologicamente. Le racconto un dettaglio eloquente. Quando il Papa decise di invitare i non credenti ad Assisi, sorse il problema di come definirli: atei è parola desueta e una categoria illuministica, richiama il marchese de Sade. Agnostici? Ma essi ci dicevano: “Allora voi siete gnostici?”. Infatti il cristianesimo ha rifiutato ogni gnosi. Non credenti? Determina solo in senso negativo. Alla fine è prevalsa, dopo un giro di consultazioni, l’idea di Julia Kristeva: umanisti, un termine accettato sia in ambiente francese che in quello anglofono».

Lei tiene un blog, twitta, usa i social network. Che legame esiste tra il web e il Cortile?

«Stiamo pensando a una plenaria del Pontificio Consiglio dedicata alle culture giovanili, alla secolarizzazione e alle indifferenze su vari campi: la musica (un linguaggio fondamentale), l’amicizia (non più quella della nostra generazione), i raduni corali (i concerti), le spiritualità vaghe dell’Oriente. Su questo mi piacerebbe coinvolgere il filosofo Charles Taylor e lo scrittore Claudio Magris».

Quali i risultati già delineati dopo il primo anno di Cortile?

«L’umanesimo "laico" e la fede sono accomunati da un elemento: il ruolo fondamentale della ricerca. È un tema che troviamo in due classici come l’Apologia di Socrate ("una vita senza ricerca non vale la pena di essere vissuta") e l’incipit delle Confessioni di Sant’Agostino (il "cuore inquieto"). Su questo vorrei spendere una parola, perché spesso i giornalisti obiettano che comunque la Chiesa, con il Cortile, intende convertire chi non crede. Il problema è intendersi: quando un non credente interviene al Cortile non fa solo opera di informazione. Il suo è un intervento anche performativo, che cerca di convincere l’altro della sua posizione. Basti pensare con quanta passione sono intervenuti il genetista Axel Kahn o la scrittrice Julia Kristeva alla Sorbona. Non lo avrebbero fatto così se non pensassero di convincere i presenti delle loro ragioni. Questo non è negativo. E poi un risultato importante del Cortile c’è già...».

Quale?

«Abbiamo contribuito a elevare il tono del dibattito culturale che spesso risulta abbassato fino alla polvere. Diamo così un contributo alla società deponendo alcuni semi che possono crescere e fruttificare. A Firenze, ad esempio, si è parlato di temi alti (arte e fede, ndr) e la gente è rimasta ad ascoltare per ore. Non è vero che la gente si interessa solo di cibo e festini, o che ascolta unicamente il menù del giorno, per citare Kierkegaard».

Cosa le dice il Papa del Cortile? Le ha dato suggerimenti?

«Anzitutto, va evidenziata una cosa: che l’invito ai "non credenti" ad Assisi è un’idea precisa di Benedetto XVI in persona. Fu lui, in una riunione ristretta con quattro cardinali di Curia, a chiedere questa presenza. E mi sorprese la motivazione di tale invito: rinverdire il modello della teologia patristica, cioè riprendere la capacità dei Padri di entrare in dialogo con le categorie della filosofia del proprio tempo. Se si scorre l’indice di Introduzione al cristianesimo del teologo Joseph Ratzinger, si vedono moltissime citazioni di autori "laici" della cultura tedesca».

In che modo il pontefice si interessa al Cortile?

«Ogni volta che incontro Benedetto XVI, ciò di cui si informa subito (e che considera più importante nel mio lavoro) è il Cortile dei gentili. Una volta mi ha detto: "Le sono particolarmente grato perché con il Cortile lei va dove noi, come Chiesa, non potremmo andare". E infatti nelle varie istituzioni in cui mi invitano io vado sempre come cardinale e rappresentante della Santa Sede».

Ci sarà un giorno un evento del Cortile con Benedetto XVI presente?

«Stiamo pensando a un evento del genere. Lui sa fare molto bene il dialogo "a braccio", specialmente con i giovani. Ma anche con un interlocutore. Vediamo. Potrebbe essere all’interno della plenaria dedicata alle culture giovanili, come dialogo con dei ragazzi e ragazze».

Il Cortile e la cattedra dei non credenti di Milano, inventata dal cardinal Martini: più volte le due iniziative sono state accomunate. Paragone corretto?

«C’è una differenza. Nella Cattedra, per la prima volta, un non credente veniva a parlare a dei credenti dalla cattedra, presentando la sua visione su un certo tema; a Martini spettavano le conclusioni. Nel Cortile invece c’è una dimensione di parità, come se ci fossero due cattedre. Ma posso dire che Martini è molto contento di questa iniziativa perché prosegue, seppur in maniera diversa, quella sua intuizione».

Lei ha un sogno personale sul Cortile? Un dialogo che le piacerebbe vivere?

«Non ci ho mai pensato. Però ... beh, sicuramente la partecipazione diretta di Benedetto XVI sarebbe molto bella. Un sogno sul passato sarebbe stato un dibattito con Albert Camus. Oggi invece mi interessano molto le questioni delle nuove comunicazioni: è venuto a incontrarmi il presidente di Google, Eric Schmidt. E penserei a Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook. Ci sono contatti in corso con lo scrittore Mario Vargas Llosa per un dialogo a due: lo farei molto volentieri».
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 19/2/2012 13.36
Titolo:Curiale, italiana, bianca. L’immagine di Chiesa riflessa dai ventidue nuovi card...
Ecco chi sceglie il prossimo Papa

di Marco Politi (il Fatto, 19.02.2012)

Curiale, italiana, bianca. L’immagine di Chiesa riflessa dai ventidue nuovi cardinali, cui Benedetto XVI ha imposto ieri la berretta rossa nel corso di una cerimonia solenne in San Pietro, è talmente occidentale da risultare imbarazzante. Non è questione delle singole persone. Tolti i quattro cardinali ultraottantenni honoris causa fra cui l’insigne studioso di antropologia religiosa, il belga Julien Ries, la mappa degli altri diciotto porporati destinati ad entrare nel futuro conclave è totalmente squilibrata a favore della Chiesa di un tempo: eurocentrica con le sue propaggini nelle Americhe.

Dei diciotto nuovi cardinali 8 sono membri della Curia, 7 italiani e 16 euro-americani. Solo uno è cinese, il vescovo di Hong Kong John Tong Hon, e l’altro è indiano: l’arcivescovo maggiore dei cattolici siro-malabaresi George Alencherry. Difficile dire se l’impostazione sia frutto di una scelta di Benedetto XVI o di pressioni del Segretario di Stato Bertone. Alla fine ha poca importanza. Il risultato è un collegio di elettori del futuro pontefice nel quale gli italiani hanno trenta esponenti, un quarto del totale - quasi rappresentassero trecento milioni di cattolici - e l’Europa ha di nuovo saldamente la maggioranza: sessantasette su centoventi. Quando invece il fulcro del cattolicesimo è ormai nell’America del Sud e in Africa.

Sette anni dopo il suo avvento al trono papale Benedetto XVI costruisce dunque un collegio cardinalizio decisamente in controtendenza rispetto all’universalismo della Chiesa cattolica. Quando si tratterà di scegliere il successore, gli uomini di Curia e gli italiani costituiranno la forza determinante. Curiali ed ex curiali saranno nel futuro conclave ben quarantaquattro.

È il segno di una involuzione generale, che sembra caratterizzare l’attuale pontificato. Il fatto non ha provocato solo stupore e sgomento tra chi teme una fossilizzazione dell’istituzione ecclesiale, ma persino in quel cattolicesimo popolare moderato che ammira la spiritualità di Ratzinger.

Esiste in Italia un blog influente di ammiratori e difensori ad oltranza di Benedetto XVI, che denuncia quotidianamente le cosiddette aggressioni alla Chiesa e al Papa. Si chiama “Il blog degli amici di Papa Ratzinger”. Ecco come la sua animatrice “Raffaella” ha commentato l’elenco dei neoporporati: “Troppi italiani e soprattutto troppi curiali! Sono molto delusa di non vedere porpore assegnate all’America Latina e soprattutto all’Africa, il continente in cui la fede è viva. Perchè non concedere il cardinalato ad arcivescovi meritevoli e far saltare qualche turno alla Curia? ... Non vorrei che passasse il messaggio che per diventare cardinali bisogna passare dalla curia perché sarebbe un ritorno indietro”. C’è un filo che lega i monsignori, che per protestare contro la cattiva gestione mandano all’esterno documenti riservati, e il fortissimo disagio che anima i cattolici delle parrocchie. C’è un filo che lega i gridi di allarme, racchiusi in libri dove si parla di “mal di Chiesa” o del fatto che “manca il respiro”. È il malessere per una direzione di marcia, che non funziona.

I cardinali giunti a Roma da tutto il mondo per una riunione straordinaria sulla “nuova evangelizzazione”, che si è svolta venerdì, sanno che la presenza internazionale della Santa Sede ha drammaticamente perso di peso. Al punto che alcune ambasciate di paesi non cattolici (senza alcuna intenzione polemica) riflettono sull’utilità di conservare una residenza presso il Vaticano.

I cardinali sanno che il dialogo ecumenico e interreligioso ristagna e che l’attenzione dei media internazionali per il Papa e il Vaticano è crollata. Si parla di “nuova evangelizzazione”, ma non si affrontano problemi strutturali come la crescita sistematica delle parrocchie prive di preti. Sotto-traccia si sta verificando anche un salasso dell’impegno delle donne cattoliche negli ordini religiosi. Tra il 2004 e il 2009 vi è stato un calo di ben quarantamila unità nelle congregazioni religiose femminili. Tutto questo non viene affrontato. Prima della sua elezione Joseph Ratzinger aveva delineato una Chiesa non governata “in modo monarchico”. La promessa è stata tradita.

IL COLLEGIO cardinalizio non viene riunito per partecipare realmente alle decisioni strategiche del pontificato. L’effetto è una grande stagnazione. Velata da dibattiti molto generali. Alla riunione cardinalizia di venerdì il neo-cardinale Timothy Dolan di New York ha suscitato applausi esortando a mostrarsi “sicuri sì, trionfalisti mai” e proponendo di “evangelizzare con il sorriso”. Sono intervenuti ventisette cardinali. Si è parlato un po’ di tutto: dalla Cina alla povertà dell’India, dall’America latina alla secolarizzazione in Europa.