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Ultimo aggiornamento: June 17 2011 11:44:39.

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 17/6/2011 11.44
Titolo:Perché questo vergognoso silenzio e apatia da parte dei cattolici, clero, gerarc...
Dorothy Day e Merton, lettere sulla Bomba

di Lorenzo Fazzini (Avvenire, 17 giugno 2011)

«In coscienza, sento che non posso, in un momento come questo, continuare a scrivere solo su questioni come la meditazione. Penso di dovermi confrontare con le grandi questioni, le questionidi-vita-e-di-morte». «Il Catholic Worker è parte della mia vita, Dorothy. Sono sicuro che il mondo è pieno di gente che potrebbe dire lo stesso. Se non fosse esistito il Catholic Worker, io non sarei mai entrato nella Chiesa cattolica». A chi appartengono queste parole? E chi era questa Dorothy?

Scriveva così Thomas Merton (1915-1968), il grande monaco trappista americano, convertito al cattolicesimo da posizioni ateiste e marxiste, celeberrimo per il suo libro autobiografico La montagna delle sette balze (Garzanti). E lei era Dorothy Day (1897-1980), la fondatrice del movimento sociale Catholic Worker, da sempre impegnata per i diritti degli ’ultimi’ nelle metropoli statunitensi in nome del Vangelo. Una credente segnata anche dal dramma di un aborto prima della sua stessa conversione, oggi sulla via della santità: l’arcidiocesi di New York anni fa aprì il suo processo di beatificazione.

Due giganti del cattolicesimo yankee, dunque, dei quali oggi si può apprezzare la saldissima intesa, culturale e spirituale, attraverso la rispettiva corrispondenza. Sono numerose le missive che la Day spedì a Merton, ora consultabili nel recente All the Way to Heaven, libro che raccoglie le «selezionate lettere di Dorothy Day», appena uscito negli Usa a cura di Robert Ellsberg (Marquette University Press, pp. 454, $ 35).

Nello scambio epistolare - quelle di Merton si possono dedurre nel bellissimo A Life in Letters (HarperOne, uscito Oltreoceano nel 2008: a quando una traduzione italiana?) - i registri dei due interlocutori sono variegati: la Day punta molto sull’autobiografia, Merton ’vola alto’. «Il 25 luglio andrò a Montreal per fare un ritiro con quanti sono interessati alla famiglia spirituale di Charles de Foucauld - scrive l’attivista di New York a giugno del 1959 - . Sto cercando di entrare sia nel movimento laicale che nella loro associazione. Ma non sono sicura che essi mi vogliano». Per poi comunicare il 22 gennaio 1960: «Ti ho detto che sono una postulante nella Fraternità della Carità di Gesù nella famiglia di Charles de Foucauld? Prega per me».

Alcune confidenze ci mettono al corrente dell’impegno sociale a forte rischio della Day: «Abbiamo già ricevuto due minacce di bombe e sono stata minacciata in pubblico ad un incontro all’Onu» (novembre 1965). Tra i due interlocutori non mancano gli scambi letterari: «Il tuo bellissimo saggio su Pasternak mi ha tenuto sveglia fino alle quattro del mattino», scrive la Day al monaco.

E Merton rilancia (29 dicembre 1965): «Il tuo Catholic Worker per me ha un significato molto importante: lo associo ai domenicani inglesi, a Eric Gill. E a Maritain». L’esponente del Catholic non lesina elogi al trappista scrittore: «Non mi ricordo se ti ho ringraziato per il tuo splendido articolo su Camus [e la Chiesa] che ha avuto vasta ripercussione». La Day nel 1960 paragona Merton a un grande santo dell’Ottocento: «I tuoi scritti hanno raggiunto molte, molte persone e le hanno indirizzate nel loro cammino. Sii sicuro di questo. Questa è l’opera che Dio vuole da te, non importa quanto tu voglia starne lontano. Proprio come il Curato d’Ars».

Saldissimo il legame tra i due, l’uno nel ritiro monastico della sua Abbey of Gethsemani, nel Kentucky, l’altra nel vortice di marce e proteste nella frenetica New York del dopoguerra. Ad esempio, sulla questione della guerra: «Non esiste una singola voce cattolica che si sia sentita nel Paese, eccezion fatta per Dorothy Day del Catholic Worker. Ma chi l’ascolta?», chiede Merton nel 1962 ad un amico. Per poi rincarare, scrivendo all’amica (anno 1961, piena guerra fredda): «Perché questo vergognoso silenzio e apatia da parte dei cattolici, clero, gerarchia, laici, su questa terribile questione della guerra nucleare dalla quale dipende la reale continuazione della razza umana?». Da rilevare, sulla questione della bomba, il ’minimalismo’ della Day, che cita una mistica medievale: «Sulla strategia della guerra nucleare: Giuliana di Norwich diceva che il peggio è già successo ed è stato riparato. Niente di male può mai succederci».

Nel 1963 la Day poi compie un pellegrinaggio ’pacifista’ a Roma, in occasione del Concilio, digiunando - con un gruppo di attiviste - perché i padri del Vaticano II mantengano una posizione anti-militarista. In quell’occasione incontrerà il cardinale Tisserant, già prefetto della Congregazione per le Chiese orientali e autorevole rappresentante di Curia; ma anche il pensatore gandhiano Lanza del Vasto e frère Roger di Taizè. Scriverà all’amico Merton il 15 novembre 1965: «Il Catholic Worker ha sopportato il peso della guerra per 33 anni protestando contro vari conflitti, quello cinogiapponese, la guerra in Etiopia, in Spagna, la seconda guerra mondiale, Corea, Algeria, e ora questa: le bombe accidentali sui villaggi amici [in Vietnam], il napalm sulle nostre stesse truppe. È inevitabile che le proteste aumentino».