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LA POTENZA DELLA POVERTA' CONTRO LA CARITA' (COME ELEMOSINA!). Un'intervista a Muhammad Yunus di Cosma Orsi - con note,
Ultimo aggiornamento: July 16 2013 21:58:36.
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Autore | Città | Giorno | Ora |
Federico La Sala | Milano | 12/7/2013 | 15.36 |
Titolo:Una lezione di james joyce |
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Gesù del messaggio evangelico
- Marco 7,31-37: - Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. - E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. - E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!». - E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. - E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!». "Gesù" del cattolicesimo-romano James Joyce, Finnegans Wake: "He lifts the lifewand and the dumb speak - Quoiquoiquoiquoiquoiquoiquoiq" "Egli brandisce la bacchetta della vita e i muti parlano - Quoiquoiquoiquoiquoiquoiquoiq" * Variazioni (mie, fls): Quàquàquàquàquàquàquàquàquàq Quoìquoìquoìquoìquoiquoiquoìq... * Cfr.: James Joyce, Finnegans Wake, Libro Primo V-VIII, Oscar Mondadori, Milano 2001, pp. 195-195 bis. |
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Autore | Città | Giorno | Ora |
Antonio Caruso | Milano | 16/7/2013 | 21.58 |
Titolo:Un uomo nuovo |
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I risultati delle politiche economiche finalizzate al profitto, ben descritti dal premio Nobel Muhammad Yunus come deludenti e dolorosi, evidenziano la volontà generale di prolungare l’agonia del morente capitalismo finanziario, respingendo l’idea di ridistribuzione della ricchezza e perpetuando la condizione di assoggettamento dei più deboli.
L’economia dominante ha usurpato il valore reale dell’uomo sostituendolo con un valore nominale che ne ha azzerato le qualità innate di solidarietà e altruismo e ha trasformato l’umanità in un esercito di “robots” ubbidienti e “cacciatori di denaro” dediti alla crescita, ad ogni costo, del “profitto fine a se stesso”. Yunus contrappone all’idea di automa un uomo positivo “contemporaneamente cooperativo e altruista”, ci esorta a riconsiderare, in modo migliorativo, l’umanità rivalutandone le doti altruistiche, la personalità multi dimensionale e la creatività. Sollecita l’allargamento degli orizzonti economici ricordandoci che “la distanza tra il possibile e l’impossibile si sta assottigliando.” L’impossibile prende forma nel momento in cui si colloca l’uomo al centro di un processo evolutivo di crescita individuale e collettiva in cui l’economia si conforma alle esigenze dei singoli e non a quelle finanziarie e in cui il profitto si misura anche in termini di gioia e di benessere. Il premio Nobel mette di fronte alla classificazione economica della disoccupazione, una definizione semplice che, ancora una volta, mette in risalto le doti e la centralità dell’uomo:” Che cos’è la disoccupazione ? Una massa di persone potenzialmente creative il cui potenziale giace inutilizzato.” Le “illimitate capacità” e il potenziale creativo inutilizzato descrivono la figura di un uomo nuovo, sovrano e consapevole della fitta rete di relazioni che ne affermano l’identità e la sopravvivenza e in quanto tale capace di estendere, a ragion veduta, il concetto di comunità ad una più ampia collettività di esseri viventi. In conclusione, Yunus ci esorta a cambiare rotta, ad abbandonare il modello esistente a favore di un’economia antropocentrica che restituisca dignità e libertà all’uomo, lo consideri nella sua interezza e sia capace di rivalutare il senso profondo delle relazioni. Gli economisti tutti farebbero bene a raccogliere e far proprie, con umiltà, le parole di Yunus. Essi dovrebbero affrontare con coraggio la sfida e contribuire alla realizzazione di un cambiamento radicale ed epocale così che “Un giorno i nostri nipoti andranno a visitare i musei della povertà per vedere che cosa era la povertà.” Antonio Caruso |