12 agosto: 76° anniversario della strage nazista a Castiglione di Sicilia, sedici gli uccisi

di Domenico Stimolo

Il 12 agosto a Castiglione di Sicilia - comune montano con settemila abitanti -  si scatenò la furia nazista. Una divisione tedesca, dopo  furenti combattimenti, si ritirava da Randazzo ( altro comune montano dell’area nord dell’Etna, trasformata in piazzaforte dalle truppe italiane-tedesche, rimasto interamente distrutta dai terrificanti bombardamenti aerei effettuati dagli Alleati a partire dal 13 luglio).
Quella mattina un contingente tedesco entrò nel paese preceduti da un carro armato. Senza “ragione”, solo per sfizio omicida, iniziarono a sparare contro le case e le persone che si trovavano per le strade. Un’azione lunga e meticolosa che riguardò tutto il paese. Consumarono una vera e propria attività di perverso assassinio e di ladrocinio di massa. Moltissime case furono colpite dal fuoco delle mitragliatrici e dei fucili mitragliatori; razziando ed uccidendo.
Tantissime abitazioni furono devastate, depredate di tutti gli oggetti di valore. Pur di fronte all’enorme furore contro gli inermi un contingente di truppe italiane presenti a Castiglione, costituito da alcune decine di soldati, rimase inerte. Sedici cittadini rimasero uccisi dalla furia nazista: Giuseppe D’Amico, Nicola Camardi, Francesco Cannavò, Giuseppe Carciopolo, Antonino Celano, Nunzio Costanzo, Giovanni Crifò, Francesco Di Francesco, Salvatore Di Francesco, Giuseppe Ferlito, Vincenzo Nastasi, Salvatore Portale, Santo Purello, Giuseppe Rinaudo, Carmelo Rosano, Giuseppe Seminara. Circa venti i feriti.
Ancora non sazi delle loro atrocità, i tedeschi, in un clima di generale terrore, rastrellarono circa 300 persone, rinchiudendole in un grande ovile. Una delegazione, costituita da cittadini, da un ufficiale italiano, dall’arciprete Giosuè Russo, e dalla suora Anna Maria Casini - vera e propria eroina della tragica situazione, era pronta a morire in cambio della liberazione dei cittadini imprigionati - condusse una lunga e drammatica trattativa. L’ufficiale tedesco continuava a minacciare la fucilazione, asserendo che cinque soldati tedeschi erano stati uccisi dai civili, senza specificare il luogo. Il 14 agosto,  gli ostaggi, affamati e assettati, vennero rilasciati.
Gli atti documentali della strage giacevano nascosti nel famoso “armadio della vergogna” collocato in una sede giudiziaria militare assieme ai documenti – 695 fascicoli d’inchiesta - delle innumerevoli stragi fatte dai nazisti in Italia. Nessuno degli assassini dei inermi cittadini è stato mai perseguito dalla giustizia.
Una lapide posta nel Palazzo Municipale così recita: “Pacifici ed inermi cittadini senza colpa, barbaramente trucidati, uno ad uno, dalla furia irragionevole della belva tedesca, perivano il 12 agosto 1943”.
 
 Lettera di Memoria e Libertà



Martedì 13 Agosto,2019 Ore: 16:45