Storia
7 novembre 1917, 7 novembre 1941, due giorni che hanno cambiato il corso della storia
di Sergio Ricaldone*
per Marx21.it - Sergio Ricaldone è membro del Comitato Centrale del PdCI Mi sono spesso domandato quali siano stati i momenti cruciali che hanno segnato la mia vita e quella di tanti altri militanti comunisti della mia generazione.
Il 7 novembre 1941, 24° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, è stato per me uno di quei momenti. Di cui conservo, 70 anni dopo, un ricordo indimenticabile. Tutto sembrava perduto in quei giorni. Le “democrazie” europee stavano crollando come cartapesta schiacciate dalle divisioni corazzate del Terzo Reich e le croci uncinate dilagavano ovunque, il fascismo e il terrore non conoscevano ostacoli, i regimi di Hitler e Mussolini sembravano destinati a durare mille anni. Poi, improvvisamente, quando tutto sembrava perduto, il 7 novembre 1941, il popolo sovietico e la generazione di ”come fu temprato l’acciaio”, trascinati dal loro leader, celebrano a loro modo l’anniversario della Rivoluzione : si alzano in piedi come un gigante che spezza ogni catena e trasmettono a tutti i popoli d’Europa oppressi dal nazifascismo un grande messaggio di speranza. La sera di quel giorno ascoltammo da Radio Mosca per la prima volta la voce di Stalin tradotta in simultanea per l’Europa intera occupata dai nazisti. Traduttore un certo Ercoli, alias Palmiro Togliatti. Devo dire che in quelle ore decisive la mia modesta preparazione di operaio comunista, che mi ha poi sorretto per tutta la vita, ha subito un impulso straordinario, incancellabile. Le poche virtù che posseggo credo di averle acquisite quasi tutte quella sera. L’immagine di Stalin solo dentro al Cremlino, con i tedeschi a 20 km lungo strada di Sheremetyevo, resta nella storia del 20° secolo (qualunque sia il giudizio su Stalin) come il migliore esempio di come un leader sappia guidare il suo popolo nei momenti più difficili. Persino Churchill lo ricorda nelle sue memorie. Dopo quel discorso, ai suoi collaboratori che lo scongiuravano di abbandonare Mosca e di partire per Kuibyschev, Stalin rispose tranquillo: “Nessuna evacuazione. Resteremo qui fino alla vittoria e voi tutti resterete con me”. Fu così che la battaglia di Mosca diventò per i nazisti l’inizio della fine. Per evitare di essere frainteso, ricordando quel lontano 7 novembre che ha marchiato a fuoco la mia coscienza di giovane militante (e milioni di altre), non intendo dire che dopo l’Ottobre l’intera storia sovietica sia stata sempre una serie di lotte nobili ed eroiche e men che meno un pranzo di gala. Tuttavia da operaio comunista, cresciuto e trascinato dai grandi ideali dell’Ottobre sovietico la considero pur sempre la mia storia, quella che ha alimentato il mio impegno ideale e politico anche nelle condizioni più estreme, nella Resistenza, nei lager nazisti e nelle mani della Gestapo. Mi sono tuttavia chiesto tante volte come sarebbe finita l’Europa e il mondo intero se quel 7 novembre 1941 le cose fossero andate in modo diverso e se al posto del tanto detestato georgiano ci fosse stato qualche “neo comunista” di cultura bertinottiana. I “dieci giorni che sconvolsero il mondo” sono stati e rimangono l’inizio della nostra storia di cui rivendichiamo la continuità. Ma dobbiamo anche saperci sottrarre alle tentazioni apologetiche di chi pretende di ridurla ad una serie ininterrotta di lotte nobili, eroiche e senza macchia. In nessuna epoca del “secolo breve” e in nessun luogo si sono spalancate le porte di un paradiso comunista. Chi si è fatto illusioni o cercato scorciatoie ha dovuto poi fare i conti con la ineludibile durata secolare richiesta dai processi di cambiamento storici. Abbiamo subito sconfitte enormi e arretramenti politici dolorosi. Ma sappiamo anche che quella storia ha prodotto cambiamenti sociali e geopolitici grandiosi grazie ai quali, anche nei giorni che stiamo vivendo, caratterizzati dalla persistente ferocia della belva imperialista, implacabile come sempre verso i deboli e i salariati, i nuovi modelli di edificazione economica scaturiti dalle esperienze creative delle grandi rivoluzioni socialiste del secolo 20° fanno uscire grandi aree del mondo dalla schiavitù e dalla miseria. Dunque un bilancio storico di tutto rispetto. Proprio per questo dobbiamo essere in grado di accogliere e fare nostre, insieme alle rose che ne esaltano i momenti più gratificanti, anche le spine , e dunque anche i lati oscuri, deprecabili, condannabili, che pure accompagnano e sono parte di quella storia. Se rifiutassimo questo tipo di lettura materialistica e cedessimo alle semplificazioni retoriche finiremmo per avallare in qualche modo la valanga di manipolazioni e di luoghi comuni che il revisionismo storico ci sta propinando da anni. Il modo migliore per celebrare la Rivoluzione d’Ottobre è quello di continuare a interrogarci, senza dogmi e senza nostalgie, ma cercando risposte nel grande potenziale creativo del marxismo e del leninismo. Sempre con la modestia di chi vivendo continue contraddizioni quotidiane non ha risposte semplici e immediate. Luned́ 07 Novembre,2011 Ore: 17:16 |