LETTERA DALLA MONTAGNA

AD AMICI DELLA NONVIOLENZA


di RAFFAELLO SAFFIOTI

  RIGERMOGLIA LO SPIRITO PROFETICO NELLA TERRA DELL’ABATE GIOACCHINO


PERCHE’ LA LETTERA?
RICORDANDO BARBIANA
NELLE SCUOLE DI SAN GIOVANNI IN FIORE
UNA NUOVA ESPERIENZA EDUCATIVA
Lettera dalla montagna” è il titolo di una lettera di Don Lorenzo Milani, del 15 dicembre 1955, scritta dopo il suo trasferimento per punizione da San Donato di Calenzano a Barbiana. Fu indirizzata al Direttore del quotidiano cattolico fiorentino “Il Giornale del mattino”, Ettore Barnabei, pubblicata col titolo “L’acqua è di tutti!”. Tema della Lettera era non solo l’acqua come bene comune, ma anche la funzione sociale della proprietà privata.
Quella Lettera mi è venuta in mente dopo aver trascorso la prima settimana di questo mese di aprile a San Giovanni in Fiore, dove sono stato impegnato con una fitta serie di incontri con molte classi di due Scuole Medie, “Dante Alighieri” e “Gioacchino da Fiore”.
Altri incontri: uno con insegnanti e genitori eletti negli organi collegiali, un altro con i rappresentanti di associazioni della società civile.
Ho concepito l’idea di riprendere il titolo della Lettera di Don Milani, di quasi sessant’anni fa, per scrivere questa Lettera con lo scopo di comunicare la mia ultima, nuova esperienza educativa.
Con quegli incontri è proseguita la preparazione della MARCIA PER LA PACE, in programma per il prossimo 28 maggio, sulle orme di Gioacchino da Fiore, tra l’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore e Jure Vetere, con un percorso di circa 6 chilometri[1].
Come sussidio didattico per gli insegnanti era stata pubblicata una piccola antologia, da me curata, col titolo “Se vuoi la pace educa alla pace. La scuola e la città”[2].
Altri incontri sono previsti nelle scuole superiori.
In questa mia ultima esperienza ho visto crescere e svilupparsi, nell’arco di meno di un anno, il Progetto “La scuola ripudia la guerra”. Questo Progetto era stato avviato il 22 maggio dello scorso anno nel giardino della Scuola Media “Gioacchino da Fiore” e, successivamente, proposto a tutte le scuole della Città, sulla scia della Campagna “Scuole smilitarizzate” promossa dal Movimento Pax Christi [3].
Quel giorno ho visto nascere una nuova associazione, denominata “Associazione Florense per lo Sviluppo Creativo”. La neonata Associazione ha stabilito un rapporto con l’Amministrazione Comunale, alla quale ha avanzato la proposta di un articolo da inserire nello Statuto Comunale. L’articolo proposto stabilisce il compito del Comune di promuovere la cultura della pace, della nonviolenza e dei diritti umani, in collaborazione con le scuole e le associazioni cittadine.
La Marcia per la Pace è iniziativa della nuova Associazione ed è da ricordare un’altra sua iniziativa, la “Prima Giornata per la Pace”, organizzata in collaborazione con l’Amministrazione Comunale, col titolo “Il ripudio della guerra dalla scuola alla città”, svoltasi il 9 agosto, nel 68° Anniversario dell’esplosione atomica su Nagasaki[4].
LA TEOLOGIA DELLA MONTAGNA
La preparazione della Marcia per la Pace è stata occasione per accostarsi al pensiero e all’opera di GIOACCHINO DA FIORE. Un notevole aiuto è venuto da PADRE FELICE SCALIA, gesuita, che la sera del 25 agosto ha parlato al popolo nella Piazza Abbazia sulla spiritualità di Gioacchino [5].
Già il Centro Internazionale di Studi Gioachimiti, istituito nel 1982, in questi decenni aveva operato col fine statutario di promuovere e svolgere attività di studio e di ricerca sulla vita e sull’opera di Gioacchino. Grazie all’attività svolta dal Centro si è avuta “una straordinaria fioritura di ricerche e pubblicazioni” che ha favorito la ripresa d’interesse verso l’Abate di Fiore.
Padre Scalia ha avuto il merito speciale di spiegare il pensiero, non facile, e l’attualità del messaggio di Gioacchino con grande semplicità. L’attualità del messaggio di Gioacchino è stata da lui ripresa successivamente attraverso un’intervista, pubblicata da una rivista [6].
Nei mesi trascorsi con l’Associazione Florense per lo Sviluppo Creativo sono state seguite le orme di Gioacchino ed abbiamo visto delinearsi un itinerario spirituale che parte dal Tabor, come Monte della Trasfigurazione, arriva con Gioacchino alla montagna calabrese, poi passa con Francesco d’Assisi al Subasio, montagna umbra, con Celestino V al Monte Morrone, in Abruzzo.
Cos’è la Montagna per noi?
Perché Gioacchino scelse la Sila?
La Sila è stata definita come “luogo dell’anima”.
La montagna è il simbolo della trascendenza, della tensione dell’uomo verso il divino. Luogo di ascesi, contemplazione e preghiera[7].
Nella montagna silana di Gioacchino vive l’anima profonda della Calabria.
DANILO DOLCI NELLA TERRA DI GIOACCHINO
Nelle giornate sangiovannesi ho sentito riecheggiare tante parole di DANILO DOLCI (1924-1997), ispirate dall’esperienza fatta nella nostra terra. Tanti i seminari nei quali Dolci, geniale maieuta e cantore, sparse semi fecondi, rivelando noi a noi stessi.
Su Gioacchino, Dolci scrisse:
E’ utile il profeta, la scoperta del dire meditante che ricerca e interpreta presagi? E’ come domandarsi se il vedere – nelle ampie prospettive dei diversi spazi e tempi – giova.
Se il veggente esprime il desiderio di strutture pacifiche del mondo, nel secolo in cui Gandhi solidifica gli strumenti di lotta e innovazione pacifica, dalla Calabria ancora rigermogliano esperienze concrete a illuminarci.
Se i futurologi – sempre esistiti nei più diversi modi – studiano tendenze, chi attento al vicino e al più lontano con gli occhi dell’ascesi comunitaria osserva pur studiando alternative necessarie, è un costruttore etico, un poeta dell’etica profonda. Tra quelle di Agostino e Bonaventura, non è ancora esaurita l’ermeneutica del calabrese abate Gioacchino: l’annunzio che inventa costruendo il comunicare” [8].
UN ITINERARIO EDUCATIVO
DA DON MILANI A DOLCI
DALL’AULA AUDITORIO ALL’AULA DEL RISPETTO RECIPROCO
Proprio nelle mie ultime giornate sangiovannesi ho visto con Dolci che “ancora rigermogliano esperienze concrete a illuminarci”.
Don Milani e Dolci sono stati due miei grandi Maestri.
Il mio percorso educativo nella scuola pubblica ha avuto inizio nella metà degli anni Sessanta con Don Milani ed è stato segnato dalla Lettera a una professoressa, della Scuola di Barbiana (1967), dalla “Lettera ai Cappellani militari” e dalla “Lettera ai Giudici” (1965).
Negli incontri con le classi, ai ragazzi che mi hanno chiesto notizie della mia esperienza educativa, ho spesso risposto citando quei testi.
Da Don Milani ho imparato cos’è la scuola e qual è il compito del maestro:
“ … io maestro sono accusato di apologia di reato cioè di scuola cattiva. Bisognerà dunque accordarci su ciò che è scuola buona. La scuola è diversa dall'aula del tribunale. Per voi magistrati vale solo ciò che è legge stabilita. La scuola invece siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. È l'arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità (e in questo somiglia alla vostra funzione), dall'altro la volontà di leggi migliori cioè il senso politico (e in questo si differenzia dalla vostra funzione). La tragedia del vostro mestiere di giudici è che sapete di dover giudicare con leggi che ancora non son tutte giuste”.
“ … il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare i ‘segni dei tempi’, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso” (dalla “Lettera ai Giudici”).
Da Dolci, tra l’altro, ho imparato la “maieutica reciproca” e la differenza tra la scuola del trasmettere e la scuola del comunicare.
Le esperienze educative di Don Milani e Dolci sono originali e inimitabili.
Per quanto è stato possibile adattare nella scuola pubblica il metodo educativo appreso da Don Milani e da Dolci, valendomi del diritto alla libertà d’insegnamento garantito dalla Costituzione, ho trasformato, nelle mie ore di lezione, l’aula scolastica da “aula-auditorio” in “aula del rispetto reciproco”, modificando semplicemente la disposizione dei banchi ed evitando il metodo della lezione frontale.
Non è facile descrivere i miracoli che avvengono dentro l’aula scolastica nelle ore in cui si sperimenta questo metodo educativo.
Non mi è facile descrivere il clima creatosi nei miei incontri con gli studenti di San Giovanni in Fiore.
Non mi è facile dire degli interventi degli studenti nel corso della conversazione, della loro spontaneità e originalità.
Sono stati, come volevo che fossero, incontri creativi, sorprendenti anche per gli insegnanti che vi hanno partecipato.
Non è facile cambiare la scuola se non si rinnovano i metodi didattici, se non cambia la cultura degli insegnanti.
Le mie giornate sangiovannesi si sono concluse con la visita all’Albero della Pace, piantato lo scorso anno nel giardino della Scuola Media “Gioacchino da Fiore”. Una ragazza ed un ragazzo hanno letto una lettera a me indirizzata, creando un ambiente di fortissima emozione.
Ho voluto concludere con le parole di un detto cinese riportato in una poesia di Dolci:
Chi guarda avanti dieci anni
pianta alberi.
Chi guarda avanti cento anni
pianta uomini” [9].
DALLA SCUOLA ALLA CITTA’
MI TORNA IN MENTE DANILO DOLCI
“… In una scuola ove si inizia con qualche illuminato educatore, occorrono non pochi anni per incontrare gli insegnanti disposti a collaborare; all’inizio si suscita l’avversione di ‘colleghi’ che si oppongono difendendo l’abituale dominio; solo osservando l’interesse delle giovani vittime, a poco a poco gli insegnanti in crisi partecipano e i gruppi si amplificano;
- occorre apprendere a rispettare i vari tempi di maturazione, a porsi in discussione e a evitare che, crescendo, le strutture maieutiche si snaturino …” [10].
Sviluppare l’iniziativa del gruppo maieutico dal chiuso di una classe verso le sue famiglie, alla scuola intera e al territorio, ai diversi settori – anche scientifici - , al complessivo ambiente … moltiplicare ovunque possibile la sperimentazione di metodologie relazionali che favoriscono lo sviluppo della individualità personale e collettiva, imparando a connettere fecondamente le ‘teste di ponte’ in un valido fronte: non è una impellente necessità alla vita del mondo?” [11].
IL MANIFESTO PROGRAMMATICO DELLA MARCIA PER LA PACE
RICORDANDO LA PRIMA MARCIA PER LA PACE “PERUGIA-ASSISI” DEL 1961
Un testo emblematico del messaggio dell’Abate Gioacchino è da riproporre, come Manifesto programmatico della Marcia per la Pace del prossimo 28 maggio.
“Armi cambiate in falci e aratri”
E in realtà, l’organizzazione ecclesiastica non è stata creata ad altro, se non a pascolare e ad istruire quel popolo che si dice cristiano. Dica dunque, anche ora, la Verità nelle Scritture alla Chiesa di Pietro ciò che disse in persona allo stesso Apostolo Pietro: ‘Riponi la tua spada nel fodero’.
Se la Verità non volle difendere se stessa con le armi, ritieni tu di poter difendere la tua libertà, anche se giusta e in nome della fede, con una legione di armati? Fa’, dunque, ciò che puoi, finché lo puoi, con le armi spirituali. Se non puoi vincere con queste, mettiti da parte.
Dopo la caduta di questo Anticristo, vi sarà sulla terra giustizia e abbondanza di pace: e dominerà il Signore da un mare all’altro, dal fiume fino ai confini del mondo.
Allora gli uomini trasformeranno le loro spade in vomeri e le loro lance in falci.
La gente non sguainerà la spada contro i propri simili, e nessuno si addestrerà più alla battaglia.
Anche i Giudei e molti popoli infedeli si convertiranno al Signore, e tutto il popolo gioirà nella bellezza della pace” [12].
Palmi, 13 aprile 2014
RAFFAELLO SAFFIOTI
CENTRO GANDHI
raffaello.saffioti@gmail.com
NOTE
1 “Sulle orme di Gioacchino da Fiore e Francesco d’Assisi” è il titolo di un mio testo, pubblicato dal periodico “il dialogo” (www.ildialogo.org), l’8 ottobre 2013 (link).
2 Questa piccola antologia è stata pubblicata anche on line su “il dialogo”, il 20 febbraio 2014 (link).
3 La manifestazione del 22 maggio è stata documentata con un mio articolo pubblicato dalla rivista promossa da Pax Christi, “Mosaico di pace” (n. 7, luglio 2013), col titolo “Una scuola ripudia la guerra”.
L’articolo è stato pubblicato anche on line da “il dialogo” col titolo “Nella città di Gioacchino da Fiore rivive lo spirito profetico della Calabria”, il 31 maggio 2013 (link).
4 Un mio articolo per la Giornata è stato pubblicato su “il dialogo” col titolo “Il ripudio della guerra da una scuola alla città”, il 6 agosto 2013 (link).
5 La “lezione magistrale” di Padre Scalia è stata riportata nel mio testo “A Padre Scalia, gesuita scomodo, il Premio speciale ‘Calabria – Sila - Gioacchino da Fiore’”, pubblicato su “il dialogo”, il 9 settembre 2013 (link).
6 “Da Mazzini ad Obama: l’eredità politica del pensiero politico di Gioacchino da Fiore”, di Luigi Pandolfi (www.scenariglobali.it), 18 novembre 2013.
7 Leggere: “La montagna la luce il fiore. Dal Monte Tabor alla Sila al Subasio il messaggio di Gioacchino da Fiore”, di Raffaello Saffioti, su “il dialogo”, del 31 gennaio 2014 (link).
8 DANILO DOLCI (a cura di), Sorgente e progetto. Per una ricerca autoanalitica dall’intima Calabria all’industria del Nord, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (CZ), 1991, pp. 76, 79.
9 DANILO DOLCI, Il limone lunare, Laterza, Bari, 1970, p. 187.
10 DANILO DOLCI, La struttura maieutica e l’evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (FI) 1996, p. 247.
11 DANILO DOLCI (a cura di), Comunicare, legge della vita, Piero Lacaita Editore, Manduria-Bari-Roma, 1995, p. 62.
12 FRANCESCO D’ELIA, Gioacchino da Fiore,Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (CZ), 1999.



Domenica 13 Aprile,2014 Ore: 20:32