Il racconto di questa crisi non è credibile

di Gianni Mula

L'amico Dario Maggi replica in maniera cortese e articolata al mio commento di lunedì . Poiché è un amico col quale condivido valori importanti la sua buona fede e la sua onestà intellettuale sono fuori discussione. Lo considero quindi come rappresentativo di una parte importante dell'opinione pubblica senza il cui assenso è vano sperare che in Italia si formi una maggioranza politicamente praticabile.

Ecco le sue obiezioni:

- più che una volontà deliberata di nascondere qualcosa, mi sembra che i giornali riflettano più semplicemente il fatto che la maggioranza dei commentatori non condivide l'analisi dei firmatari. Comunque se persino Il sole (!) pubblica Amartya Sen, mi pare che una certa circolazione delle diverse opinioni ci sia.

Non c'è dubbio che ci sia una certa circolazione delle opinioni. Il problema è che non basta che tutte le opinioni vengano pubblicate perché si raggiunga una consapevolezza comune sui fatti che caratterizzano una data situazione. Questo presupporrebbe un pubblico di persone competenti con a disposizione sufficiente tempo per leggere e valutare tutte le opinioni. Questo pubblico di lettori semplicemente non esiste, almeno in termini quantitativamente significativi. Tra i lettori di una data pubblicazione una consapevolezza comune sui fatti si raggiunge invece, molto più che in base agli articoli degli opinionisti, in base ai fatti che vengono raccontati e al come vengono raccontati. Il che ci porta alla seconda obiezione di Maggi.

- comportamenti obbligati. Ma da chi ci facciamo prestare i soldi per pagare oggi pensioni e stipendi? Dal mercato internazionale o dalla Madonna? Temo che questo ci ponga di fatto in una situazione obbligata. Qual è l'alternativa? Non restituire il debito? O restituirlo a un tasso "equo" (cioè diverso da quello del mercato, come dice una "introduzione all'economia" piena di omissioni che circola in rete): andremmo di fatto in default e staremmo peggio di prima. Se qualcuno citasse l'esempio dell'Argentina, mi spiace disilluderlo. dato che ho una figlia a Buenos Aires da più di un anno, la situazione è che manca o costa carissimo tutto ciò che veniva importato, e c'è un'inflazione galoppante: e penso che tutti sappiano che l'inflazione danneggia i più poveri in particolare.

Maggi è una persona colta, informata e di ampie letture, in particolare legge regolarmente i post di Mario Pianta sul sito "Sbilanciamoci" e trova condivisibili le sue analisi, anche se ritiene che siano da applicare solo dopo l’uscita dall’emergenza. Sulla base delle sue osservazioni, poiché non posso e non voglio contestare buona fede e capacità di comprensione, sono costretto ad affermare che lui, e quella parte dell’opinione pubblica intellettualmente onesta e in buona fede che credo lui ben rappresenti, è la prova vivente del furto di informazione che sta sistematicamente distruggendo la nostra democrazia. Perché il suo ragionamento è ineccepibile, ma i presupposti sono falsi.

È infatti dimostrabilmente falso che non ci sia alternativa alle manovre del governo Monti se non nel senso propugnato dagli economisti ultraliberisti, che notoriamente sostengono manovre ancora più dure. E che sia falso non lo dico solo io, assieme ai due premi Nobel che ho citato nei post precedenti, a Mario Pianta e agli economisti di “Sbilanciamoci”, a Luciano Gallino e a tanti altri che non posso qui elencare. Da ieri lo dice anche la Corte dei Conti che, come riportato nell’articolo del Fatto che trovate qui di seguito, a firma di Marco Palombi, afferma, nelle parole del suo Presidente Luigi Giampaolino: Mercati e autorità europee leggono la crisi e le prospettive dell'euro in maniera divergente: la Ue ponendo al centro della strategia il rigido controllo delle finanze pubbliche dei paesi in difficoltà e considerando debito e deficit pubblici la causa principale della crisi dell'euro; i mercati, invece, attribuendo un peso maggiore ai fattori di vulnerabilità di un insieme di paesi privi di una reale convergenza economica e di una vera unione politica”.

In altre parole Giampaolino non evidenzia soltanto il rischio dell’avvitamento della crisi connesso alle politiche del rigore ma sostiene esplicitamente la necessità che il racconto della crisi nell’Eurozona presentato dal governo Monti sia abbandonato, visto che austerità e rigore, senza solidarietà tra i paesi dell’Unione, producono “una terapia molto costosa e inefficace che neppure offre certezze circa il definitivo allentamento delle tensioni finanziarie”.

Poiché la Corte dei Conti è un organo tecnico dello stato italiano bisogna pensare che le critiche da essa evidenziate significano che una politica alternativa è concretamente possibile, altrimenti non avrebbe avuto senso proporle. Pensare che non ci sia altro che l’alternativa descritta da Maggi è appunto la dimostrazione dei danni generati dal furto d’informazione. Giusto il tema della successiva obiezione di Maggi:

- "quello della teoria economica neoliberale": io pensavo che restituire i debiti (anche per poterne ottenere altri) facesse parte del buon senso. Lo so anch'io (ma lo sa anche Monti…) che i tassi sono alti. L'Italia ha goduto di una quindicina d'anni con tassi bassissimi, e non ha fatto nulla. Ancora: il termine "neoliberale" non può essere usato come un martello, è un termine che i nostri economisti usano, mi spiace dirlo, in modo approssimativo: Monti o la Merkel non sono Reagan e la Thatcher, e non sono neppure dei Chicago boys. Usare un termine in quel modo (a designare con un termine unico posizioni alquanto diverse) NON è un buon esempio di informazione corretta (a ognuno il suo furto…).

Non si potrebbe evidenziare meglio come il furto d’informazione trasformi l’ordinario buon senso in un meccanismo per non vedere l’ovvio. Restituire i debiti è certamente segno di buon senso, ma usare questo principio a favore dell’usuraio contro la sua vittima è criminale. È stato il sistema finanziario dell’intero mondo sviluppato a creare le bolle speculative. Dopo lo scoppio della crisi è sempre stato questo sistema che, forte del proprio salvataggio con i soldi dei contribuenti di tutti i paesi, ha scatenato il Fondo Monetario Internazionale al recupero dei crediti verso i paesi più indebitati proprio come gli usurai scatenano i loro sgherri contro le vittime dell’usura. Non c’è bisogno di essere economisti per capire questi meccanismi, basterebbe che i mezzi di informazione non li occultassero, più o meno abilmente. Invece scambiare il falso racconto della crisi che ci viene propinato per rudimenti di autentica informazione economica, completi di sottili differenze tra la Merkel e la Thatcher, e tra queste due e i Chicago boys, è costringersi a non vedere, e quindi a non capire, per poter inneggiare (magari senza rendersene conto) alla nuova rivoluzione liberaloide di cui parla con elegante ironia Francesco Sylos Labini nel suo blog sul Fatto Quotidiano.

Buona lettura dell’articolo di Mario Palombi!

(Dal Fatto Quotidiano del 3 ottobre 2012) - INUTILE RIGORE

La Corte dei conti boccia Monti:

"Il prof non ha capito la crisi"

di Marco Palombi

Mario Monti e i suoi dante causa dell'Unione europea non hanno capito di cosa si nutre questa crisi e stanno uccidendo l'Italia (e gli altri paesi periferici) facendo politiche recessive che nessuno gli ha chiesto. Questo è il riassunto dell'audizione del presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, ieri in Parlamento sulla nota di aggiornamento al Def, quella in cui il governo ammette che il nostro presente e il nostro futuro si chiamano recessione. E un intervento tanto tradizionale nei toni, quanto potente nella sostanza per chi voglia leggerla: non si tratta più della sola denuncia dell'alta pressione fiscale o dei rischi di avvitamento connessi alle politiche del rigore — che la magistratura contabile segnala da anni — ma di un passaggio ulteriore, più dirompente. Dal luglio 2011 a oggi i governi Berlusconi e, soprattutto, Monti hanno bruciato due punti e mezzo di crescita (mentre le famose riforme strutturali non porteranno "neanche all'un per cento" di maggiore ricchezza) sostenendo che i mercati volevano il pareggio di bilancio subito ed erano preoccupati dal debito pubblico troppo alto: "Senza quelle manovre recessive avremmo fatto la fine della Grecia", ha sostenuto ancora qualche giorno fa il ministro Grilli.

Falso, mette a verbale Giampaolino: "Mercati e autorità europee leggono la crisi e le prospettive dell'euro in maniera divergente: la Ue ponendo al centro della strategia il rigido controllo delle finanze pubbliche dei paesi in difficoltà e considerando debito e deficit pubblici la causa principale della crisi dell'euro; i mercati, invece, attribuendo un peso maggiore ai fattori di vulnerabilità di un insieme di paesi privi di una reale convergenza economica e di una vera unione politica".

Riassunto: "Austerità e rigore", senza solidarietà tra i paesi membri dell'Unione, sono "una terapia molto costosa e inefficace e che, neppure, offre certezze circa il definitivo allentamento delle tensioni finanziarie". A essere messo in discussione dall'organo istituzionale che controlla il bilancio dello Stato, insomma, non è solo la politica economica di Monti e soci, ma tutto il loro racconto della crisi nell'Eurozona.

Certo, Giampaolino elenca altri dati importanti quanto risaputi: la pressione fiscale oltre il 45% che uccide il sistema economico, il calo delle entrate bilanciato (ma non pareggiato) con l'aumento dell'imposizione, il crollo (ché caduta non rende l'idea) di redditi, consumi e investimenti, la ricchezza nazionale ancora inferiore di quasi cinque punti a quella pre-crisi.

La Corte segnala anche il rischio che una revisione della spesa fatta senza ridisegnare il perimetro dell'intervento pubblico finisca per tagliare, "come nel recente passato, solo sugli investimenti pubblici o sui livelli dei servizi resi ai cittadini".

Il fulcro dell'intervento, però, continua ad essere un circostanziato atto d'accusa sull'intero racconto delle difficoltà dell'Eurozona fatto dal governo tecnico (e dalla maggior parte degli economisti e degli organi di stampa, peraltro). Se il ministro Grilli, presentando i dati sulla flessione del Pil quest'anno e il prossimo, aveva volentieri scaricato le responsabilità sul contesto mondiale peggiorato, Giampaolino si preoccupa di smentirlo: "Solo una quota ridotta" della nostra recessione "può essere fatta risalire al meno favorevole ciclo internazionale". Il resto è colpa delle manovre recessive del governo: da cui deriva che non c'è nessun pareggio di bilancio alle viste, per quanto corretto per il ciclo economico come dice il governo.

Ecco la prosa gentile delle toghe contabili: "Quando indotta da misure di politica economica, la flessione dei livelli di attività assume natura discrezionale, laddove la depurazione dagli effetti ciclici dovrebbe, a rigore, applicarsi solo in presenza di perturbazioni aventi natura esogena e casuale". Allora serve un'altra manovra? Per carità: "L'economia potrebbe difficilmente sostenerla". Fortuna che c'è Draghi, allora. Macché: è sotto gli occhi di tutti "l'evidenza degli insufficienti risultati di questa strategia". Come se ne esce? Con azioni per la crescita non a costo zero e diminuendo le tasse, ma significherebbe allentare i vincoli di bilanci, il che "non ci è consentito".




Giovedì 04 Ottobre,2012 Ore: 22:54