Ecologia Scientifica e Modelli di Sviluppo

di Luciano Burderi, Tiziana Di Salvo, Manuel Floris

Riportiamo di seguito un articolo di ricercatori che conosco benissimo, (Luciano Burderi lavora nel mio dipartimento, e Manuel Floris è stato mio allievo) in risposta a un articolo sul Fatto quotidiano dell'11 marzo.
L'articolo era a firma di Dario Bressanini e aveva il titolo: "Vento, sole o aria fritta? Le energie rinnovabili fuori dal mito". In questo articolo veniva recensito il libro "Sustainable Energy - Without the Hot Air" (UIT Cambridge 2008) del fisico inglese David JC MacKay, recentemente nominato "Chief Scientific Advisor" del Dipartimento dell' Energia e del Cambiamento Climatico del governo inglese.
In sintesi la tesi sostenuta dal MacKay e' che, indipendentemente dalle stime sui costi, le leggi della fisica applicate correttamente, dimostrano, numeri alla mano, come sia praticamente impossibile una conversione alle energie alternative lasciando invariati i nostri consumi energetici ed i nostri modelli di sviluppo.
Alla fine di quell' articolo il Bressanini lanciava una sfida ai fisici italiani: "adattare il libro di MacKay alla situazione italiana", per usare le sue testuali parole. Bressanini chiedeva in sostanza di valutare, scientificamente, la possibilita' concreta di una scelta energetica in grado di puntare in larghissima misura sulle energie rinnovabili nel caso del nostro paese.
Burderi e coll. hanno raccolto la sfida e valutato i numeri, descrivendo, per grandi linee, un progetto per la riconversione del 100% della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili per una regione centro-meridionale (la Sardegna, nella fattispecie).
I numeri da loro ottenuti sono molto diversi dalle cifre riportate dal MacKay per l' Inghilterra ed indicano, senza ombra di dubbio, che una tale riconversione e' fattibile nell' arco di pochi anni con le tecnologie attualmente disponibili ed a costi non proibitivi. A quel che capisco quelli del Fatto, come al solito, su certe cose non ci sentono, e non pubblicano la risposta, il che sembra confermare le perplessità che abbiamo riscontrato in un'altra occasione.
MI pare dunque un pezzo particolarmente interessante per la rubrica. Gianni Mula

Ecologia Scientifica e Modelli di Sviluppo

di Luciano Burderi, Professore Associato del Dipartimento di Fisica, Università di Cagliari

Tiziana Di Salvo, Ricercatore del Dipartimento di Fisica, Università di Palermo

Manuel Floris, Ricercatore del Dipartimento di Energia e Processi Chimici, CRS4, Cagliari

In un recente articolo apparso sul Fatto Quotidiano, Dario Bressanini illustra il punto di vista del fisico britannico David McKay sul problema delle fonti energetiche e dei modelli di sviluppo delle società industrializzate. Secondo McKay, considerando l' energia oggi estraibile dal sole e dal vento, per soddisfare gli attuali consumi energetici della Gran Bretagna si dovrebbe utilizzare ben più del 10% del suolo inglese a questo scopo. Una percentuale inaccettabilmente alta,  che esclude scientificamente, sempre a detta di McKay, il ricorso alle fonti rinnovabili come soluzione praticabile per risolvere il problema energetico. Bressanini lancia la sfida ai fisici italiani: quali sono i numeri che la scienza fornisce nel caso di un paese come l' Italia? Abbiamo raccolto la sfida ed abbiamo tirato fuori i numeri che le leggi fisiche determinano in modo oggettivo e non opinabile.

Le energie rinnovabili (eolico e solare) provengono dall' energia che ogni anno il sole riversa su tutta la terra che è pari a diecimila volte il consumo energetico mondiale! Questa enorme potenza disponibile dimostra chiaramente che se noi fossimo in grado di utilizzare anche una piccolissima parte di questa potenza per i nostri consumi potremmo ottenere tutta l' energia che ci serve per un tempo di fatto illimitato (il sole continuerà a brillare con la stessa potenza per i prossimi 5 miliardi di anni!).  Tuttavia a causa della rotazione della terra e della variabilità delle condizioni meteorologiche, sole e vento sono fonti energetiche intermittenti. Pertanto per essere utilizzata efficacemente, l' energia prodotta da fonti rinnovabili deve essere immagazzinata in modo adeguato per essere velocemente resa disponibile al bisogno (di notte, in caso di cielo coperto o in assenza di vento quando le fonti rinnovabili sono temporaneamente assenti).

Le soluzioni su larga scala al problema dell' intermittenza delle fonti sono di tre tipi.

L' immagazzinamento dell' energia in energia termica di sali  fusi di potassio e di sodio riscaldati ad alcune centinaia di gradi ed in grado di conservare l' energia per svariate decine di ore (proposta avanzata dal fisico italiano e premio Nobel Carlo Rubbia,  studiata e realizzata in prototipi sperimentali in Sicilia ed in Spagna).

L' immagazzinamento dell' energia in aria compressa contenuta in grandi cavità sotterranee (miniere abbandonate). Per quanto possa sembrare fantasiosa questa soluzione è tecnicamente praticabile oggigiorno ed è stata proposta in uno studio di fattibilità di scienziati americani per la riconversione del sistema di produzione dell'energia degli USA entro il 2050 (si veda a questo proposito l'interessante articolo pubblicato dalla rivista Scientific American - Edizione Italiana Le Scienze - Marzo 2008).

L' immagazzinamento in energia potenziale dell' acqua: quando e' disponibile l' energia prodotta da fonti rinnovabili viene utilizzata per pompare acqua da un bacino a valle ad un bacino a monte. Al momento del bisogno si svuota il bacino a monte facendo passare l' acqua da condotte forzate che alimentano turbine idroelettriche che producono l' energia elettrica di cui si ha bisogno. Questo metodo è attualmente utilizzato ad El Hierro, una isoletta nell'arcipelago delle Canarie con poco più di 10 mila abitanti che oggi vanta il primato di essere al 100% indipendente per quanto riguarda la produzione di energia. Un progetto avanzato nel 2007 e già realizzato ha accoppiato un parco eolico da 10 MW con due centrali idroelettriche riuscendo non solo a coprire l'intero consumo dell'isola, ma a produrre pure energia in eccesso che viene utilizzata per la desalinizzazione dell'acqua in modo da poter fornire pure l'acqua potabile ai suoi abitanti. Il tutto con un investimento di 54 milioni di Euro.

Per raccogliere la sfida lanciata da Bressanini abbiamo deciso di illustrare, numeri alla mano, un possibile progetto concretamente realizzabile per rendere indipendente, per quanto riguarda il solo fabbisogno elettrico una regione italiana del centro-sud, la Sardegna (si noti che la produzione di energia elettrica determina il 33% di emissioni di anidride carbonica).

Il progetto prevede l' immagazzinamento dell' energia prodotta da fonti rinnovabili in energia potenziale dell' acqua utilizzando allo scopo il sistema di bacini artificiali oggi esistente in questa regione.

Per semplificare i calcoli ci siamo limitati a considerare l' uso di pannelli fotovoltaici.

Il totale consumo di energia elettrica della Sardegna (dati del 2008) ammonta a 12 miliardi di kWh/anno, per una spesa totale (al costo di 10 eurocent al kWh) di 1,2 miliardi di euro l'anno.  La quantità di energia che il sole deposita in un anno su un metro quadrato di superficie inclinata di 34 gradi (di poco inferiore ai 40 gradi, la latitudine media della regione, per ottimizzare le differenze tra estate ed inverno) ed esposta a sud di in modo da ricevere la massima insolazione possibile in Sardegna e' di 1830 kWh. Considerando, realisticamente, che solo il 75% di questa energia possa essere convertita e considerando una efficienza di conversione pari al 15% (valore medio degli attuali moduli  fotovoltaici commerciali) si ottiene una produzione di energia annua pari a 206 kWh per metro quadro. Se volessimo provvedere al 100% del fabbisogno elettrico della Sardegna da fonti rinnovabili, usando pannelli fotovoltaici dovremmo utilizzare 58 km quadri di pannelli. A causa dell' inclinazione i pannelli vanno distanziati tra di loro in modo da non farsi ombra e questo aumenta l' area richiesta di un fattore che dipende dalla inclinazione e che, nel caso in esame, e' poco al di sotto del 100%.

Cio' significa che l' area di territorio necessaria sarebbe di 113 km quadri, che e' quasi lo 0.5% della superficie della Sardegna, molto meno del 10% di suolo valutato da McKay per l' Inghilterra!

Se volessimo suddividere il territorio richiesto tra i 377 comuni  della Sardegna, ogni comune dovrebbe provvedere con un appezzamento quadrato di terra di soli 550 metri di lato  (per confronto si pensi che la superficie attualmente evacuata intorno alla centrale nucleare di Fukushima corrisponde a circa 2800 km quadrati). Il costo totale ammonterebbe a 17,4 miliardi di Euro, assumendo un costo alla fabbrica di circa 300 euro al metro-quadro per il sistema Pannelli piu' Inverter (l' apparato elettronico in grado di convertire una la corrente continua a basso voltaggio generata dai pannelli nella corrente alternata a 220 Volt utilizzata in rete) costi che comunque sono destinati ad abbattersi nei prossimi mesi: nel 2012 si prevede un abbattimento dei costi fino a 160 euro al metro quadro per un costo totale di 9,3 miliardi di Euro per l'intera Sardegna! Per confronto, il costo di una centrale nucleare da 1,1 GW (che contribuirebbe solo al 80% del fabbisogno totale di energia)  sarebbe di 6,9 miliardi di euro (costo come da  accordo tra la Westinghouse e la Progress Energy Florida del maggio 2009 di una centrale nucleare di terza generazione AP1000) . La centrale fotovoltaica andrebbe accoppiata con un impianto di immagazzinamento idroelettrico: abbiamo calcolato che un volume di acqua di 1 miliardo di metri-cubi  ad una altezza di 120 metri è sufficiente per immagazzinare 328 milioni di kWh di energia, sufficiente per garantire all'intera Sardegna totale autonomia energetica (fino a 10 giorni anche in uno scenario irrealistico di totale assenza di sole e vento). Un miliardo di metri-cubi è esattamente la capacità del lago Omodeo, un lago artificiale già presente in Sardegna e costruito durante il periodo fascista nell'arco di 6 anni dal 1918 al 1924 che si trova ad una altezza di 118 metri sul livello del mare). Ai costi attuali, la Sardegna impiegherebbe circa 14 anni a recuperare totalmente l'investimento iniziale per l'acquisto dei pannelli fotovoltaici. E' interessante notare il carattere modulare del progetto, che facilmente può essere espanso in tempi successivi. Per esempio ci si potrebbe inizialmente proporre il traguardo più modesto della produzione del 60% dell'energia (sufficiente per rispettare i parametri imposti dal famoso accordo europeo del 2020: il 20% di riduzione di emissioni di anidride carbonica entro il 2020), il che ridurrebbe notevolmente la spesa iniziale.

I numeri riportati sopra, possono facilmente essere verificati da chiunque con semplici operazioni aritmetiche. Questo dimostra che una conversione alle fonti di energia rinnovabili in tempi assai brevi è effettivamente praticabile con costi paragonabili se non inferiori  alle spese previste per la sola costruzione di una centrale nucleare. I vantaggi di questa conversione risultano del tutto evidenti anche limitandosi a considerare i soli problemi principali di una scelta nucleare: la pericolosita', soprattutto dopo il disastro di Fukushima, le ulteriori ingenti spese che vengono richieste per il funzionamento delle centrali, ed il problema ad oggi irrisolto dello stoccaggio delle scorie.



Venerd́ 29 Aprile,2011 Ore: 20:11