L’AMORE ha scelto di abitare in mezzo a noi

di P. Giuseppe Nadir Perin dall’Abruzzo

Sia le Società che le culture, da sempre, hanno elaborato e conservato rituali che celebrano l’evento di una vita che, per la prima volta, sorride all’orizzonte dell’uomo.

Perché ?

La celebrazione di una nascita esprime il fascino e la ricchezza della vita, alla cui voce irresistibile un uomo ed una donna obbediscono con il loro amore. Ogni celebrazione, superando qualsiasi barriera ideologica, svolge una missione essenzialmente evocatrice. Infatti, il verbo “evocare” racchiude in sé il significato di svelare, chiamare per nome, dare un nome, far prendere coscienza, portare alla superficie.

Di fronte ad ogni bambino che nasce, che apre gli occhi ed agita le manine, articolando i primi vagiti, l’uomo di tutti i tempi rivive il miracolo della vita e si pone gli interrogativi di sempre: “ Che cos’è questa vita che ci oltrepassa e trascende, ci previene e ci segue, ci sorride e scompare, ci fa soffrire e gioire ? Che cos’è questo fiume di esistenze che, da millenni lontani, scorre inarrestabile? Ogni volta che noi celebriamo la nascita di un bimbo, noi cerchiamo una risposta a questi interrogativi.

Ma, la vita che cos’è, veramente ?

E’ il legame tra il nostro passato e il nostro futuro perché ci porta i messaggi di coloro che furono e trasmette le nostre voci a coloro che saranno.

Noi stiamo celebrando l’anno della Fede...Una Fede che ci è stata tramandata dal passato, ma che noi abbiamo accolto e dobbiamo trasmettere a quelli che verranno dopo di noi.

Spesso mi sono chiesto cosa vuol dire “credere”. Un verbo che tante volte abbiamo pronunciato recitando il “credo” . “Credo in Dio, Padre, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili...” ; Credo in Gesù Cristo, suo unico figlio, nato da Maria Vergine....ecc...ecc...

Tuttavia, se una persona mi rivolgesse la domanda:“tu, che sei un presbitero-sposato, in chi credi ?” Prima di affermare che “ credo in Dio, Padre ecc...” penso che dovrei dire che, prima di tutto “credo in Gesù”, perchè Dio, che nessuno ha mai visto, nè conosciuto, si è fatto vedere e conoscere in Gesù, che è il Figlio unigenito di Dio; perché Dio è Gesù.

Mettendo al centro della propria fede la persona di Gesù, del quale, tra pochi giorni celebreremo il Natale, cioè il ricordo della sua nascita, significa migliorare la verificabilità della propria fede.

Affermare di “credere in Dio” può essere facile e talvolta illusorio, perché Dio è mistero inaccessibile di luce e di tenebre, “roveto ardente” invisibile ed intoccabile. Noi possiamo affermare di “credere in Dio”, portando a testimonianza di ciò che affermiamo le nostre esperienze interiori, le nostre argomentazioni personali. Ma tutto questo resta sempre profondamente ambiguo: non da parte di Dio, ma da parte nostra.

Mentre nell’affermare di “credere in Gesù” di Nazareth, il rischio dell’auto-inganno è ridotto, perché c’è la possibilità di verificare – attraverso le opere - se io credo veramente in lui, oppure no!

Infatti, io posso affermare di credere in Lui se agisco come lui; se me la sento di fare le sue stesse scelte; se non ho paura di affrontare i “suoi” e i “miei” avversari; se rischio di abbandonarmi nelle mani di Uno, cioè di Dio, che mi ama come Padre; se non mi lascio incutere timore dai vari “Caifa e Pilato”, dai vari “Scribi e sommi sacerdoti”, dai vari “farisei e sadducei”; se ho il coraggio di sfidare i poteri più prepotenti e violenti; se non rifuggo dalla minaccia e dall’esperienza dell’emarginazione in difesa dei più poveri; se continuo, come Lui a credere che la difesa del povero e dell’ultimo è più importante della mia stessa vita; se la mia fiducia nelle possibilità di trionfo del bene non è arrestata neppure dalla realtà distruttiva della morte, di cui ogni giorno facciamo esperienza attraverso le notizie riportate dai giornali e dalla televisione che ormai hanno assunto la fisionomia di un “necrologio” quotidiano: donne ammazzate dai propri mariti o fidanzati...donne violentate o “usate come oggetto” di soddisfazione dei propri istinti sessuali... bambini “gettati” dentro ai cassonetti dei rifiuti, o dentro le acque di un fiume, come fossero dei sacchi di immondizia... guerre “fratricide” con il massacro “degli innocenti...e chi più ne ha più ne metta....

Cosa significa, allora, vivere il proprio “essere cristiano” in una società in cui, ogni giorno, “tutto” sembra crollarci addosso ed ogni dignità della persona viene “calpestata” per la mancanza di lavoro, per la sfiducia e la disperazione con cui dobbiamo convivere, guardando al futuro dei nostri figli che non riescono a trovare “ spazi” per espletare la loro professionalità costruita con tanti anni di studio, di sacrificio e di impegno....

Capisco quanto sia difficile e doloroso portare nel cuore il segreto di sogni da realizzare e trovarsi di fronte ad immani difficoltà che ti “tarpano le ali”, togliendoti la speranza di poterci riuscire.

Ma non dobbiamo scoraggiarci. E’ necessario, invece, riaccendere in ciascuno di noi, quella luce e quella forza che solo Gesù di Nazareth ci può donare, se Gli “spalanchiamo” la porta del nostro cuore, ma non solo in occasione delle festività natalizie, ma in ogni giorno del nostro cammino terreno.

Solo così, credo, che noi, tutti insieme, “tenendoci per mano gli uni e gli altri”, potremo vincere, nel tempo, l’odio e l’egoismo che ci circonda, operare per un mondo diverso, porsi orizzonti nuovi, offrire alternative concrete, collaborare per costruire una polis ( una città) a misura d’uomo, dove ciascuno possa capire se stesso, maturare verso la propria identità, scoprire il proprio destino, apprendere il linguaggio della fraternità e della collaborazione e della condivisione.

Che significato ha, allora, farci gli “auguri di Buon Natale e di un felice anno nuovo” ?

Significa accettare di impegnarci quotidianamente per la “costruzione” di un mondo in cui ●“ mai più, alcun bambino debba soffrire ingiustamente; ● mai più, alcuna madre debba preoccuparsi per la casa che non trova o per il pane che non riesce a spezzare ; ● mai più, alcun padre, anche soltanto per una sera, viva il timore, insonne, di non sapere come crescere, domani, i propri figli; ● mai più, alcun ragazzo senta le gelide mani minacciose dei suoi genitori, resi duri ed insensibili dalla “brutalità delle varie situazioni sociali; ● mai più , alcuni abbiano tutto fino all’assurdo ed altri si trovino privi di tutto fino alla vergogna; ● mai più , gli Stati spendano miliardi per armarsi e distruggersi e le città siano spoglie di verde e di parchi; ● mai più, alcun fratello si senta privato della speranza di vivere a causa della “cecità e dell’impassibilità” di chi gli sta accanto; ● mai più, qualcuno dica “ non fossi mai nato”; ● mai più, la donna valga meno del suo corpo; ● mai più, un albero sia soppresso senza rispetto, da speculatori avari ed assassini; ● mai più, la scienza pretenda di essere al di “sopra del mistero”; ● mai più, il cammino dell’uomo sia privato della pace e della presenza di Dio; ● mai più, il mondo sia privo del canto della poesia e della contemplazione; ● mai più, villaggi e metropoli si trovino segnati dalla scomparsa della preghiera e dell’adorazione; ● mai più, la terra sia separata dal cielo; ● mai più, l’uomo sia contro Dio.

Abbracciandovi con grande amore fraterno, auguro - a tutti coloro che mi “seguono” su questo sito de “il dialogo”, ai loro famigliari e ai loro cari - che in ogni giorno del nostro cammino terreno, l’AMORE di Dio ( Charitas) trovi posto ed accoglienza nel nostro cuore, per “costruire” insieme un mondo in cui l’uomo e Dio vivano amici e compagni; in cui l’uomo sia Dio e Dio sia l’uomo, come Gesù: l’uomo-Dio”.

P. Giuseppe dall’Abruzzo. [ nadirgiuseppe@alice.it ]




Giovedì 06 Dicembre,2012 Ore: 18:31