26 DONNE SCRIVONO AL PAPA (2)

di Ernesto Miragoli

(20.5.14)
Proseguo nella riflessione vergata di getto ieri anzitutto raccogliendo l'osservazione di una lettrice che mi scrive di non affrettarmi a caricare queste coraggiose 26 persone sul carro dei preti sposati che da anni cercano un dialogo con i Pastori per non creare confusioni.
Mi scuso per l'equivoco che posso aver generato. Non è mia intenzione aggregare alla causa dei preti sposati l'iniziativa presa da queste 26 donne (alcune le conosco). Era ed è mia intenzione plaudire all'iniziativa. Era ed è mia intenzione auspicare che tale iniziativa abbia più fortuna di quelle intraprese da diversi preti singolarmente, da associazioni di preti e da altri movimenti ecclesiali nei tempi passati e recenti.
Ciò precisato, vale la pena che si torni sull'argomento per esplicitare qualche osservazione che sorge spontanea a molti che hanno appreso dell'iniziativa.
Una prima osservazione riguarda la complessità del tema da affrontare. Si fa presto a dire:"Aboliamo il celibato del clero". Meno presto a prevedere le conseguenze che sono diverse.
Cerchiamo di affrontare l'argomento con metodo.
La prima riflessione da mettere sul tappeto è: da quando?, come?
Supponiamo, giocando un po' con la fantasia, che l'obbligatorietà della legge celibataria sia abolita ed il celibato del clero cattolico d'occidente divenga facoltativo dall'1 gennaio 2015.
Si aprono subito una serie di interrogativi giuridici non di poco conto. I preti ed i diaconi che sono stati ordinati fino a tutto il 2014 ed hanno promesso di essere fedeli al sacro celibato ne sono dispensati ipso iure o debbono inoltrare singolarmente richiesta al proprio Ordinario che, su delega papale, provvederà a concedere la dispensa?
Il mio parere, su questo quesito, è che il papa valuti la retroattività della norma concedendo delega all'Ordinario per dare seguito alle dispense. Un secondo interrogativo giuridico riguarda i preti che hanno chiesto la dispensa per potersi sposare. Hanno contratto matrimonio anche religioso e, vista la novità, potrebbero chiedere di essere reintegrati nel ministero perché se tale norma fosse stata in vigore quando s'innamorarono della persona che amano e con la quale hanno creato una famiglia con dei figli, avrebbero tranquillamente continuato ad esercitare il ministero. Come risolvere questo problema che è certamente giuridico, ma qui diviene anche pastorale. L'aspetto dogmatico-teologico (o teologico-dogmatico) non è toccato. Si sa: il sacramento dell'Ordine imprime il carattere e un sacerdote ordinato, anche se dimesso dal ministero per sua richiesta, rimane "sacerdos in Aeternum". Ma il problema pastorale rimane e coinvolge anche il primo quesito: come i fedeli recepiranno la sconvolgente novità?
Ricordo che, anni fa, invitato ad un dibattito televisivo sul tema, fra le persone dissenzienti intervenne una signora che sentenziò:"Non andrò mai a confessarmi da un prete sposato e non riceverò mai la comunione da lui". Al di là della battuta, occorre riflettere sulla ricaduta pastorale di tale decisione. A mio modesto avviso per dare una risposta a tali questioni occorre coinvolgere le singole comunità ecclesiali badando a non giocare sull'emotività del momento, né a gestire la cosa come se fosse propaganda elettorale.
Per ora mi fermo qui.
Ernesto Miragoli
www.webalice.it/miragoli


Giovedì 22 Maggio,2014 Ore: 09:22