Preti sposati
Risposte al questionario per il Sinodo sulla famiglia
di Paola ed Ernesto Miragoli
Alla cortese attenzione:
Mons. Lorenzo Baldisseri
Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi
Via della Conciliazione 34
00120 Città del Vaticano
Fax 06 69883392
Alla cortese attenzione
Mons. Diego Coletti
Vescovo di Como
Questionario su:
“LE SFIDE PASTORALI SULLA FAMIGLIA NEL CONTESTO DELL’EVANGELIZZAZIONE”.
Premessa.
Un’amica ha ricevuto il presente questionario e ce lo ha passato.
Siamo una coppia credente, praticante, ma un po’ anomala: il marito Ernesto è stato sacerdote della chiesa cattolica per sette anni, poi ha incontrato la moglie Paola. Si sono sposati ed hanno tre figli: Emmanuele, Elena, Elisabetta.
Non abbiamo capito perché a noi non sia stato fatto pervenire tale questionario (o forse l’abbiamo capito fin troppo!), ma comunque abbiamo visto nell’opportunità offertaci dall’amica un segno: forse anche noi possiamo dire qualcosa in merito, visto che Ernesto è stato attivo nel ministero, Paola è stata catechista ed entrambi viviamo una vita matrimoniale come credenti nel Dio di Cristo.
Le nostre risposte sono discorsive, poco teologiche, forse un po’ fuori dalle righe, ma sono dettate dalla preghiera e dal cuore.
Magari abbiamo perso tempo.
Però lo inviamo ugualmente: è il nostro contributo.
c e d) La domanda ci pare ripetitiva. Interessante è la richiesta su come tale insegnamento viene valutato in ambienti extra ecclesiali e quali sono i fatti culturali che ostacolano la piena ricezione dell’insegnamento ecclesiale.
Va detto che l’insegnamento della chiesa sulla famiglia in ambienti extraecclesiali viene valutato con noncuranza o sufficienza.
La noncuranza porta i non credenti a rispettare l’insegnamento stesso, ma a non prenderlo in considerazione in quanto viene reputato come serie di regole che possono andar bene per chi è credente e praticante.
La sufficienza porta il non credente a criticare tale insegnamento come obsoleto o comunque lontano dal sentire comune. A volte viene definito irrispettoso della stessa dignità della coppia, soprattutto per quanto riguarda il tema della pratica contraccettiva.
Vorremmo fermare l’attenzione sulla visione antropologica della nostra società cattolica. Avendo scritto più sopra che la legge naturale ci pare assente dalla sensibilità popolare della maggioranza degli italiani, diremmo che se possiamo definire visione antropologica della famiglia quella legata alla “contingenza”, alla “quotidianità”, allora oggi la lex naturalis è percepita così: la famiglia NON è più un momento di IMPEGNO comune e duraturo fra un maschio ed una femmina. Con la complicità di molti elementi che ogni giorno attraggono e distraggono l’uomo di oggi, la famiglia è spesso un “provare” a vivere assieme fino a quando le cose vanno. Da qui ad arrivare alla conclusione che il sentire ecclesiale è lontano dal sentire popolare, la strada è breve e si aprono una serie di interrogativi che rimangono senza risposta da parte dei Pastori. Citiamo, senza approfondire per amore di brevità:
Vale la risposta di sopra.
Nei miei anni di ministero – pur avendo creato diversi gruppi familiari – ho constatato che c’è molta difficoltà ad approfondire la dottrina ecclesiale in materia. Quando uscì la Familiaris Consortio ne facemmo oggetto di studio e riflessione nei gruppi, ma tutto si fermò lì e solo pochi – e comunque a livello individuale – intesero approfondire il discorso con me.
Sembra una risposta stupida, ma non lo è. Mi si consenta un riferimento personale. Una coppia molto conosciuta aveva già predisposto tutto per sposarsi e, fra gli ingredienti, c’era il matrimonio in chiesa. Naturalmente nella solita chiesetta bella, ben affrescata, con gli amici che suonavano il violino e cantavano l’Ave Maria di Schubert. Venne da me per l’esame degli sposi perché il parroco era impegnato. Quando venne il momento di capire come avrebbero vissuto il bene del matrimonio che dura tutta la vita, chiesi alla ragazza come si sarebbe comportata se avesse scoperto che suo marito, dopo il matrimonio, avrebbe fatto parte di un commando delle Brigate Rosse. La risposta fu netta:”Divorzio”. Chiusi il discorso ed il fascicolo dicendo loro di accomodarsi in comune. Non proseguo nella descrizione del fatto che mi umiliò abbastanza.
3 - La pastorale della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione
Le esperienze le conosciamo tutti e non ci pare che abbiano dato grandi frutti positivi. Pensiamo che per promuovere il concetto di famiglia come chiesa domestica si debba partire da concetto di chiesa non come lo intendiamo dal naso in su, ma dal mento in giù. A parole la chiesa è il popolo di Dio costituito da tutti i battezzati. Nei fatti la chiesa sono il papa, i vescovi, i preti, i diaconi, le suore e quei laici vicini al papa, al vescovo, al prete, alla suora che fanno quello che dicono loro. Se intendessimo e vivessimo nella comunità cristiana il vero concetto di chiesa come è stato vissuto nei primi secoli e come lo stesso Vaticano II ha ribadito, non ci sarebbe bisogno di parlare di famiglia come chiesa domestica perché la stessa famiglia cristiana si sentirebbe chiesa in quanto parte di una comunità di credenti che vive la propria fede a livello comunitario, personale, familiare.
La nostra famiglia è una comunità di credenti. Anche se i figli non vanno a messa tutte le domeniche, in famiglia si pratica la carità, l’ ascolto reciproco, si approfondiscono (anche dibattendo) i concetti del dogma cattolico, ci si confronta e ci si aiuta.
Non sapremmo rispondere in quanto da anni siamo esclusi dalla comunità ecclesiale.
Per quanto ci riguarda vale la risposta al punto “a”.
I punti “d” “e” “f” possono essere riassunti in una risposta comune. Le chiese locali NON hanno saputo rispondere alle gravi domande poste non solo da coppie in crisi, ma dal mondo in cui sono inserite.
Le chiese locali – intese come diocesi e parrocchie – si sono limitate ad essere realtà che gestiscono il sacro sacramentalizzando quando serve e rispondendo alle direttive che i vescovi impartiscono dopo aver ricevuto qualche disposizione da Roma o aver riunito quella somma fonte di logorree autogratificanti che si chiamano consigli pastorali, presbiterali, episcopali e via elencando.
Per essere concreti. Se il vescovo di Como, per iniziativa personale o su consiglio di qualche collaboratore, indicesse una tre giorni sulla famiglia in vista della preparazione del Sinodo, l’esito sarebbe sicuramente positivo perché ci sarebbe un pienone ai convegni e il tutto esaurito alla megacelebrazione in cattedrale.
E questa sarebbe l’ultima illusione in ordine di tempo perché tutti crederebbero che il messaggio è passato. Ma NON E’ VERO!
In quelle riunioni non parlano coppie di fatto, non testimoniano preti sposati, non parla una coppia che ha il problema di mantenere quattro figli perché ha rispettato il metodo Ogino-Knaus, non interviene una coppia che ha perso il lavoro perché l’imprenditore cattolico ha venduto tutto per realizzare il più possibile lasciando la gente sulla strada, non intervengono coppie omosessuali che vivono il dramma di non essere assolte in confessionale ecc.ecc. In quelle riunione parla il teologo, il biblista, la coppia che in genere non ha problemi economici e dedica il proprio tempo agli incontri per fidanzati…cioè parla SOLO una parte della comunità dei credenti, quella parte che conosce i problemi teoricamente, ma non li vive.
Non solo. In quei convegni non parlano i preti, le suore, i laici della strada, quelli che hanno a che fare con una madre che si prostituisce per mantenere i figli, un padre che fa un lavoro sporco (non nel senso che torna a casa unto e bisunto) perché non trova un altro mezzo per portare a casa il pane e sa di rischiare la galera, un figlio che se n’è andato di casa e vive di espedienti perché i suoi genitori cattolici osservanti non l’hanno mai ascoltato, ecc.ecc.
4 - Sulla pastorale per far fronte ad alcune situazioni matrimoniali difficili
La convivenza è un istituto ormai naturale. Basta essere attenti ai dati che ogni anno, anche in Italia, sforna l’Istat.
Mi chiedo, con tutto il rispetto, chi abbia predisposto il questionario. Senza offesa alcuna: secondo gli estensori del questionario non sono attendibili i dati statistici che ogni anno vengono pubblicati? Basta guardare quelli. (Ernesto)
Penso di sì. Non conosco la percentuale. I programmi pastorali adatti si debbono creare a livello locale con gente esperta che conosca la materia e con vescovi che abbiano il coraggio di sperimentare. Qui allargo la riflessione: il vescovo diocesano deve smetterla di essere un esecutore delle disposizioni della curia romana o della Cei. Con questo con dico che debba essere un anarchico e fare tutto di testa propria, ma deve avere il coraggio – se ha zelo pastorale – di individuare un problema e cercare una soluzione seria. Anche andando contro le disposizioni generali e magari rischiando la rimozione. Per rimanere nel tema (ma ce ne sarebbero di temi da affrontare!): il vescovo potrebbe delegare un prete (o anche un laico) alla pastorale dei divorziati risposati e questi deve conoscerli personalmente, individuarli, aiutarli a fare comunità. Capirebbe che il problema del ricevere o meno la comunione non è poi così importante, ma si renderebbe conto che il vero dramma esistenziale di tante persone è addirittura pensare di pregare senza essere ascoltati da Dio perché hanno divorziato, si sono risposati con una persona che davvero gratifica la vita familiare, ma Dio non li può benedire perché coloro che si sono arrogati il diritto di parlare e legiferare a nome di Dio non li accettano nella comunità dei credenti. E se il vescovo avesse il coraggio di lasciare andare avanti le cose, sempre vigilando con la prudenza dell’uomo che chiede allo Spirito di essere illuminato per capire la legge, si accorgerebbe che fra questa gente c’è gente seria, cristiani veri. (Scusate: come ci sono fra i preti sposati). (Ernesto)
Penso che si dividano in:
Non so. Sono troppi gli anni da cui sono lontano nel ministero.
NO! Non mi aspettavo proprio una domanda del genere! Ma scusate? Ne stiamo facendo un problema giuridico? Il problema è morale! Esistenziale! Ma crediamo davvero che annullando un matrimonio ob defectum discretionis iudicii, o ob exclusionem boni prolis e via elencando risolviamo il problema?
A parte il fatto che dovremmo anche considerare questo discorso che, in Italia, con il Concordato porta la sentenza del tribunale ecclesiastico ad avere anche effetto civile (delibazione), mi chiedo se valga la pena percorrere questa strada.
Mi stupii quando ne accennò papa Benedetto che considero una persona di assoluto livello in tutti i sensi.(Ernesto)
g) Esiste una pastorale per venire incontro a questi casi? Come si svolge tale attività pastorale? Esistono programmi al riguardo a livello nazionale e diocesano? Come viene annunciata a separati e divorziati risposati la misericordia di Dio e come viene messo in atto il sostegno della Chiesa al loro cammino di fede?
Nella nostra diocesi non crediamo, non ci pare.
5 - Sulle unioni di persone della stesso sesso
NO. In Italia, è noto, “siamo tutti democristiani e moriremo democristiani” anche se un po’ votiamo Pd e un po’ Lega e un altro po’ Casini, Berlusconi, Vendola, Grillo ecc.ecc. Non solo. Diciamolo fuori dai denti: i vescovi ed i cardinali sono anche un po’ politici e i politici frequentano i vescovi ed i cardinali non sempre per confessarsi. Questo è un altro discorso da affrontare. Leggiamo che papa Francesco ha chiesto ai vescovi se desiderano eleggersi il presidente della CEI o se intendono ancora lasciare che lo nomini lui in quanto primate d’Italia. A noi andrebbe bene una cosa o l’altra, purchè il presidente sappia essere un uomo di chiesa “libero” da ogni compromesso col potere politico. (So che è fuori tema, ma colgo l’occasione per ricordare che mi piacerebbe che – di comune accordo – si abolisse il Concordato. – Ernesto).
A me pare che le chiese locali italiane accettino quel che combinano fra di loro politici e uomini di chiesa che si accordano prima in segrete stanze.
Non è detto che i singoli credenti accettino quel che si decide a livello nazionale. In genere vi sono molti credenti, poco coinvolti a livello istituzionale ecclesiale perché la pensano diversamente dall’establishment, che non condividono che lo Stato dia una mano alla chiesa cattolica legiferando in tal senso. (ernesto)
“Nessuno ti ha condannato? Neppure io ti condanno. Va’ in pace e non peccare più”. Ci sembra la risposta che, unita all’altra frase di Gesù :”Voglio la misericordia e non il sacrificio, non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”, sia la più adatta a questa domanda. Non dobbiamo giudicare, ma ascoltare e predicare il Vangelo. Non sappiamo che accadde dell’adultera che Gesù perdonò. Può darsi che abbia continuato ad essere adultera (nel qual caso si è esclusa da sola), però potrebbe anche darsi che non sia più caduta in adulterio.
Qui il discorso sarebbe lungo. Ci pare che si debba tenere conto di diversi valori:
Personalmente non abbiamo dubbi. Se la coppia è credente e desidera continuare la vita di fede con i bambini adottati, non dobbiamo essere noi a chiudere la porta. Neanche per quanto riguarda i sacramenti.
6 - Sull’educazione dei figli in seno alle situazioni di matrimoni irregolari
Non sappiamo. Riteniamo che si divida al 50%.
Secondo me vi sono due tipi di genitori, quelli che chiedono i sacramenti perché la sacramentalizzazione fa parte di una serie di riti di passaggio che rientrano nelle feste familiari e sociali in genere e genitori che chiedono i sacramenti perché credono che sia importante continuare il cammino di fede con i propri figli.
Il matrimonio mio e di mia moglie, fino a quando non ci fu concessa la dispensa da parte di Giovanni Paolo II, fu un matrimonio irregolare perché ci sposammo solo civilmente e, quindi, il diritto canonico ci bollò come pubblici concubini. Nacquero i nostri figli e due di essi furono battezzati a porte chiuse. Noi, rispettosi delle disposizioni, non ci accostammo all’Eucaristia fino a quando non ricevemmo la dispensa. Questo per dire che noi fummo un caso di genitori considerati irregolari, ma che erano attenti alla vita di fede della propria famiglia. (Ernesto).
Non abbiamo un’ idea. Forse dipende dai singoli sacerdoti e dalla loro sensibilità.
Non sappiamo.
7 - Sull’apertura degli sposi alla vita
La domanda è fatta apposta per far rispondere un NO secco. La maggioranza dei credenti NON accetta che si regoli la propria vita sessuale da persone esterne che, in particolare, sono celibi, non conoscono le dinamiche di coppia perché non le vivono e, posso dirla tutta?, quando si tratta di vivere la loro sessualità non si fanno scrupoli di usare i mezzi che condannano come illeciti.
Gli aspetti che rendono difficoltosa tale legge sono notissimi, anche ai moralisti e ai canonisti.
Non sappiamo, ma crediamo che si continui ad esortare all’uso dei metodi naturali.
Bella domanda! Di cui sappiamo già la risposta.
Vi sono preti che assolvono senza stare a sottilizzare e preti che non assolvono se non dietro promessa che non si farà più perché così vuole la chiesa. I risultati? Beh…non mi pare il caso di elencarli. (Ernesto)
Evidenti! Ci siamo accorti che spot pubblicitari su radio, tv, giornali ecc. esortano all’uso del preservativo? Lo sappiamo che nelle scuole si fanno i corsi di educazione sessuale omaggiando un preservativo?
Per far questo occorre che i giovani siano educati.
Perché siano educati occorre che ci siano educatori che li sappiano coinvolgere anche dopo la sacramentalizzazione. Anche qui: i nostri vescovi hanno creduto che posticipando la data della Cresima si sarebbe risolto il problema.
Meritano il rimprovero di Cristo:”Guide cieche!”. Mi fanno tenerezza quei vescovi che, a duomo pieno, davanti a un centinaio di cresimandi con parentele annesse e connesse, prima della predica fanno alzare in piedi i cresimandi e chiedono al fotografo di fotografare tutti coloro che saranno cresimati facendo loro promettere che l’anno venturo saranno ancora lì, granitici, compatti a continuare il cammino di fede! I primi a sapere che non sarà così sono loro, poi il parroco e poi i catechisti ed i ragazzi stessi. I genitori lo sapevano prima perché il catechismo obbligatorio ha fatto rinunciare loro alla gita fuori porta ed al week end sulla neve e quindi hanno detto al figlio che per quest’anno va così, ma dall’anno venturo non ci sarà più questa rottura di scatole. Se il discorso educativo cristiano continua, anche solo come “pusillus grex”, allora cresceranno le nascite anche nella comunità dei credenti. (Ernesto)
Non solo. Nelle parrocchie i parroci stanno bene: hanno una loro casa, non hanno problemi di lavoro e, se vengono trasferiti, non solo non hanno il problema di cercarsi la casa e di arredarla, ma addirittura se ne vanno con regali da parte della comunità. La stessa cosa si può dire dei vescovi che abitano in bei palazzi vescovili. Tutto questo non è una colpa, intendiamoci! Ma è un deterrente! I preti ed i vescovi sanno solo dire di pregare quando uno perde il lavoro o la casa. Sono pochi quelli che mettono a disposizione la canonica o l’episcopio e si occupano personalmente dei poveri! Perché tutto questo?
Mi scuso se sono crudo: il pesce puzza dalla testa! Alle feste parrocchiali non sono invitati i poveri, ma si organizzano cene o pranzi dietro contributo. Nella mia parrocchia si sono spesi soldi per creare cucine nei vari oratori, ma non certo per cucinare per chi ha bisogno. (Ernesto)
8 - Sul rapporto tra la famiglia e persona
Assolutamente, sì. A patto che nella famiglia si parli di Cristo e si cerchi di vivere quotidianamente il suo messaggio. E non è facile.
Per questi ed altri motivi Cristo diventa un estraneo, un optional da considerare nel caso si raggiunga l’età dei sacramenti, poi tutto torna come prima.
Anche questa mi sembra una domanda un po’ sciocca. Forse non la capisco, ma è naturale che una crisi di fede di uno dei genitori o di entrambi incida nella vita familiare.
9 - Altre sfide e proposte
Ci sono altre sfide e proposte riguardo ai temi trattati in questo questionario, avvertite come
urgenti o utili da parte dei destinatari?
Sì.
Nel questionario non si è accennato ai preti o suore che lasciano il ministero e formano una famiglia. Anch’essi sono credenti che spessissimo sono emarginati dalla vita ecclesiale. Non sono neppure coinvolti non dico per la pastorale, ma per le competenze che – dovendo ricostruirsi una vita – hanno acquisito in campi diversi.
Vorrei sfruttare questa opportunità per segnalare che molti sono disponibili ad un dialogo con i Pastori per trovare risposte anche a questo problema ecclesiale. Dialogo che più volte hanno cercato, ma che è sempre stato rifiutato.
Perché?
L’argomento scotta?
Il questionario ha trascurato persone che hanno fatto una famiglia, ma si sono trovati improvvisamente senza di essa. Mi riferisco ai vedovi ed alle vedove. Sono nuclei familiari monchi. Spesso soli perché anziani o soli a tirare avanti una realtà familiare in cui improvvisamente il partner con cui hanno scelto di vivere la vita è venuto a mancare. Magari non mancano i soldi. Ma mancano la serenità, la salute.
Grazie per l’attenzione.
Paola ed Ernesto Miragoli
Como
e-mail: miragoli@hotmail.it
Giovedì 02 Gennaio,2014 Ore: 18:05 |