Andrew, John e i bimbi perduti d'Irlanda

di Maria Serena Natale

in "Corriere della Sera" del 21 febbraio 2010
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Non chiamateli vittime, sono sopravvissuti. Di notte si svegliano ancora con la paura di aver bagnato il letto, non chiudono le porte, reggono a fatica lo sguardo di chi li interroga e rispondono spesso «non ricordo». Hanno perso l'infanzia in posti che portavano nomi di santi, si fidano poco della giustizia. E ora, a pochi mesi dalla pubblicazione dei rapporti governativi che hanno svelato il «sistema» di abusi negli istituti religiosi e la copertura garantita dai vertici della Chiesa cattolica d'Irlanda, sono arrabbiati più che mai.
«È chi l'ha subito, non chi l'ha perpetrato, a stabilire cosa significa assumersi la responsabilità del crimine». Andrew Madden ha la pelle liscia e il viso di un pallore lunare, gli occhi due pozze verdi senza fondo. Esce dalla porta di legno della residenza dell'arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin a passo svelto, il capo chino, rigido e senza cappotto nell'aria umida, la cravatta allentata. Fu lui, nel 1993, a rompere il silenzio: aveva 29 anni e in un'intervista al Sunday Times dichiarò di aver subito sistematicamente abusi sessuali nel periodo in cui aveva servito messa nella parrocchia di Sutton, tra i 12 e i 15 anni; raccontò di una lettera in cui si era impegnato alla discrezione e di un'offerta dalla Chiesa di 27.500 sterline. Il parroco, padre Ivan Payne, fu processato e condannato a quattro anni e mezzo di carcere. Era solo l'inizio. Tre anni dopo, la tv pubblica Rte mandava in onda un documentario choc con le testimonianze di ex «ospiti» di istituti di accoglienza e riabilitazione dove ragazzi orfani o con famiglie difficili venivano sottoposti a ogni genere di umiliazioni e sevizie, come in «Magdalene», il film di Peter Mullan del 2002. Il Paese scopriva di aver allevato un esercito di spettri malfermi. Le stime parlano di 170 mila bambini e ragazzi passati per gli istituti negli ultimi cinquant'anni, solo una parte ha denunciato gli abusi, molti non hanno mai parlato.
Il 2009 è l'anno di non ritorno. A maggio il rapporto Ryan dimostra attraverso deposizioni di religiosi e testimonianze di 2.500 vittime come tra gli anni Trenta e Novanta maltrattamenti e violenze sessuali fossero un male «endemico» in oltre 250 istituti cattolici. A novembre il rapporto Murphy certifica 320 casi di violenze sessuali da parte di 46 preti pedofili nella sola arcidiocesi di Dublino tra 1975 e 2004. Entrambi i documenti denunciano la copertura sistematica degli abusi da
parte delle autorità ecclesiastiche. Fino a oggi nessun procedimento penale è stato avviato in seguito alla pubblicazione dei rapporti.
La scorsa settimana in Vaticano Papa Benedetto XVI ha incontrato i vescovi irlandesi e riaffermato con forza la linea della «tolleranza zero» sulla piaga dei preti pedofili. Alle vittime non è bastato. Chiedevano che la Santa Sede facesse proprio il contenuto dei rapporti Ryan e Murphy, che si assumesse la responsabilità di decenni di omertà e insabbiamenti, accogliesse le dimissioni presentate da tre vescovi accusati di aver coperto gli abusi e sollecitasse quelle del vescovo di Galway, Martin Drennan, pure nominato nei documenti ma deciso a restare al proprio posto.
Chiarezza dopo decenni di ambiguità, sospetti e senso di colpa. La verità vi renderà liberi.
Venerdì pomeriggio l'arcivescovo di Dublino ha ricevuto i rappresentanti delle vittime. «A Roma gli hanno spezzato le ali - dice Andrew Madden al termine dell'incontro - prima di partire Martin era un uomo diverso». Prima di partire Monsignor Martin aveva avuto contrasti con il vescovo Drennan e auspicato un profondo rinnovamento della Chiesa d'Irlanda. Ora Drennan ribadisce che non se ne andrà, che le dimissioni sono un atto «divisivo», che la Chiesa deve ritrovare soprattutto coesione e tutti i vescovi, Martin compreso, sono con lui. «Ma chiunque abbia supportato, in qualsiasi modo, la cultura della connivenza e del segreto deve assumersi la responsabilità collettiva dei danni ai bambini», ribatte dura Maeve Lewis del gruppo di sostegno One in Four, presente all'incontro nella residenza dell'arcivescovo, un pugno di mattoni rossi a Drumcondra, periferia nord di Dublino. Alle spalle, immenso, pesante e grigio sorge il Clonliffe College, l'ex seminario fatto costruire da Paul Cullen, primo cardinale d'Irlanda. Sulla facciata della chiesa, le statue di Cullen e Pio IX. Il cattolicesimo militante al fondo dell'Irlanda indipendente e fiera. A Clonliffe si sono formati tutti i religiosi citati nei rapporti Ryan e Murphy.
John Kelly dirige il Soca, «Sopravvissuti agli abusi sui bambini», a 12 anni fu coinvolto in un furto di cioccolato e venne spedito a Daingean, ex base militare britannica ad Offaly convertita in riformatorio degli Oblati. «C'era tutto, mura alte dieci metri, le celle per torture e isolamento, era perfetto». Ci rimase due anni, scappò in Scozia, Inghilterra, tornò in Irlanda nel 1999 e da allora non trova pace. Lo dice bevendo nervosamente un caffè da Sheery's, fumoso pub a sud di Dublino. «Uno dei preti che abusarono di me è sepolto nella chiesa degli Oblati qui vicino, un altro vive a pochi metri da casa mia, fino a qualche anno fa aveva regolare accesso alla scuola della parrocchia.
Ai superstiti che si presentano alla Commissione danno un risarcimento con la clausola del silenzio (il compenso è segreto). Come a Daingean, dopo la violenza ci davano un dolce e ci dicevano di non parlare con nessuno». John viene spesso qui. Dentro, la chiesa degli Oblati è spoglia, e buia.
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da: http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201002/100221natale.pdf


 

 


Luned́ 22 Febbraio,2010 Ore: 17:45