Tralci della Vite, atomi di Dio

di Mario Mariotti

L'amore di Dio per noi ha bisogno di noi per arrivare a noi: finché non avremo capito questa verità, continueremo a far parte della visione religiosa della realtà, e quindi del popolo degli alienati. A me dispiace dire questo, perché ci sono tante persone positive fra a credenti mentre la religione in generale rimane un fattore di conservazione e di alienazione.
La madre accudisce il figlio perché lo ama. Questo amore per il figlio e parte dell'unico Spirito-Dio-Amore che è nell’Amare", e quindi la madre è un atomo dell'unico Spirito-Dio-Amore che, attraverso di lei, interviene nella materialità dell'esperienza umana.
Quando la madre ama, é Dio che ama e si incarna nel Figlio, di cui lei è mano, cui lei da corpo ed esistenza nel grande progetto del Regno questo nostro mondo senza sofferenza, violenza, lotta, sopraffazione, miseria ed umiliazione. Se dire che la madre è Dio suona male perché eccessivo, questo succede perché noi viviamo ancora un'accezione di Dio che Lo concepisce come l'Altissimo. La madre e Dio, non e certo tutto Dio, perché Lui vive ed opera in tutti coloro che amano e condividono, possiamo dire che lei è un atomo di Lui, un tralcio della Vite, la Quale ha bisogno di lui del tralcio, cioè di lei-madre, per dare frutto e portare il necessario e la gioia ad ogni vivente. La madre, mentre accudisce il figlio, può pensare di affidarlo alla protezione di Dio, può pregare Dio perché lo accudisca e non lo abbandoni; ma Lui non è nell’alterità da ei alla quale la madre
si rivolge nella preghiera, ma e dentro a lei stessa che da vita, esistenza a Lui nel momento in cui si determina amando la propria creatura.
Quando il Signore scandalizzando scribi e farisei, diceva che Dio era suo padre, e che a generare Lui stesso erano tutti coloro che praticavano l'amare e il condividere, suoi genitori, fratelli e sorelle, cercava di far capire a noi questo meccanismo semplice e al tempo stesso prodigioso dell'Incarnazione. Noi più che non capirlo non vogliamo capirlo, perché l'essere atomi di Dio, mani del Suo amore per noi, ci carica di enormi responsabilità; ci pone quali operai di quel cantiere del Regno che per essere portato a compimento, un mondo strutturato secondo Amore, ha bisogno di soffocare sterminati oceani di violenze, ingiustizie, sofferenze, dolori, irrazionalità blasfeme.
Eppure l'evento-Gesù ci deve far riflettere Lui era ed è la Verità, e sono gli scribi e i farisei, cioè la religione, gli autori del Suo assassinio. La religione, allora, uccide la Verità, anche se quest'ultima non resta nel sepolcro e trova sempre nuovi tralci, nuovi, atomi, nuove mani che, anche senza saperlo continuano a darLe vita e a renderLa operativa nel momento in cui stanno amando e condividendo.
Altra verità che ci dovrebbe far pensare è quella che le due uniche condizioni denunciate da Lei-Verità, cioè dal Signore, che si poneva quale Suo testimone davanti agli uomini, erano, e sono, la ricchezza e la religione: la prima perché è bestemmia dello Spirito-Dio-Amore, che vive nello spezzare il pane, nel condividere il necessario alla vita, la seconda perché nasconde il meccanismo dell'Incarnazione, e riesce a conciliare lei stessa col primo negativo, il che è un assurdo perché accumulo e condivisione si contraddicono in termini assoluti.
Anche questa verità è dura da digerire, e quindi è molto più agevole cullarsi nella favola della visione religiosa della realtà, e affidarsi alla protezione e benevolenza di quell'Altissimo dal quale non ci può venire che del bene. E se ci piove addosso il non-bene? Volontà misteriosa di Lui, che ci darà domani nell'al di là, la consolazione di cui avremmo bisogno oggi, mentre. Lui, oggi, ci fa sperimentare il suo silenzio.
L'esperienza esistenziale umana ci pone di fronte a delle verità terribili: il mondo ha un estremo bisogno di Dio per colmare le ingiustizie blasfeme che esso mondo include, noi dovremmo agire come se Lui non esistesse, perché la Sua esistenza dipende dalle nostre mani, dal nostro impegno ad amare e condividere; noi ci rendiamo conto della nostra inadeguatezza, della nostra impotenza. di fronte al male che è strutturale sia alla nostra condizione esistenziale di uomini, che al nostro modo di giudicare, scegliere e comportarci, ispirato dal nostro porre noi stessi al centro, e gli altri da usare e gettare.
In questo ontologico casino, nel quale Dio, se c'è, si trova soprattutto in quella “compassione” in quel farsi carico della sofferenza del mondo che sarebbe sempre più necessaria, ma e sempre più rara, io rischio di essere travolto. Mi devo afferrare al “togliere sofferenza” al “portare il
necessario e la gioia” nel qui ed ora anche a. minimi: ecco il significato, ecco il senso che va dato al nostro esistere nel mondo.
Esso mondo ha bisogno di giustizia, di egualitarismo, di solidarietà, di amore, di condivisione, e quindi ha bisogno di Dio. Tocca a noi estinguere quella sete… ed io che me ne rendo conto, cerco la forza per farlo…
 



Domenica 14 Gennaio,2018 Ore: 09:58