Il compito comune

di Mario Mariotti

Se io dico che l'autorità viene dall'Alto, é conseguenza logica che facciano bene, re, imperatori e papi, a sacralizzare sé stessi, ad autoqualificarsi come espressioni della volontà di Dio, a difendersi demonizzando coloro che li contrastano, in quanto essi contrasterebbero Dio stesso. Se io dico che l’autorità viene dal basso, allora ognuno di noi é responsabile del potere che opprime, perché l'oppresso é complice dell'oppressore, é funzionale a lui, e quest'ultimo prende forza perché viene accettato come tale dal primo, perché non trova resistenza nell'oppresso.

La radice del male, allora, non sta nel peccato di Adamo ed Eva, ma nel profondo di noi stessi, quando accettiamo come irreversibile, fisiologico, naturale, tutto il negativo che vediamo nella concretezza storica, che riconosciamo come tale, che stiamo pagando anche noi stessi e non poniamo resistenza.

Se io dico che Gesù é morto per i nostri peccati, accetto la logica del sacrificio di uno che paga per tutti; mi pongo a sfruttare i meriti del Figlio per riconciliarmi col Padre cui ha assassinato il Figlio; concepisco Dio come un padre che si presta a questo tipo di operazione assurda, facendo rientrare nella Sua volontà la crocifissione del Figlio per riconciliarsi con gli altri suoi figli. Se io, invece, dico che il Signore non si é suicidato per volontà del Padre, ma é stato assassinato dai sacerdoti del Dio di Mosé, dai custodi della Legge, allora posso vedere nel Signore un laico che ci voleva liberare dalla religione, dal modo religioso di concepire Dio, che proponeva se stesso quale espressione della natura e della qualità del Padre, che dai suoi figli non vuole certo dei sacrifici, ma solo che si amino fra loro come Lui stesso li ama.

Se io dico che Gesù é salvatore, andrebbe a finire che Lui ci salva da quelle che Lui stesso, nella persona del Padre, ha creato; dal negativo insito nella creazione e nel profonde dell'uomo stesso. Siccome nel creato é presente il male, e quest’ultimo non può essere imputato al Creatore per non farlo incavolare, ecco che il male é colpa dell'uomo, meglio della donna, di Eva, ed ecco che ci vuole il Salvatore!

Se io dice che Gesù é paradigma di salvezza, colloco l'uomo nella sua condizione esistenziale di mano di Dio, di "corpus Domini", di tralcio della Vite che, quando si lascia attraversare dalla Linfa, diventa strumento del Risorto che, attraverso di lui, continua a portare frutto nella terra dei viventi, continua ad operare nella concretezza di questo nostro mondo, per trasformarlo in Regno.

Se io dico che Dio é l'Altissimo, e Cristo re dell'universo, ecco che concepisco la divinità come una specie di maxi imperatore superpotente, quindi onnipotente, che se ne sta nel suo trono nell'alto dei cieli e che si aspetta, come tutti i potenti di questa terra, ubbidienza ed ossequio. Ecco che i figli diventano sudditi, e dai sudditi la Divinità si aspetta adorazione, ringraziamento, richiesta di perdono, richiesta di aiuto. I sudditi li ha costruiti Lui, e, a guardarci bene, non é che li abbia fatti perfetti, perché sono molto più inclinati verso il male, verso l'egoismo, che verso il bene, verso l'amare e condividere.

Ma tant'e: Lui é, oltre che onnipotente, anche buono, e quindi li perdona, dopo essersi placato a causa dei meriti del Figlio assassinato dai sudditi non ben riusciti nel momento della loro creazione.

Se io dico, della qual cosa mi ha informato il Signore, che Dio ci è Padre ecco che salta tutto il castello religioso, le distinzioni divino-umano, sacro-profano, credente-ateo, chierico-laico; e noi ci troviamo, se e quando amiamo e condividiamo, solo se e quando lo facciamo, di amare e condividere, Suoi figli, Lui laico come noi e noi divini come Lui.

Ecco che la resurrezione del Signore smette di essere un miracolo, e diventa il principale compito della nostra vita: rendere vivi ed operativi l'Amore e la Condivisione, e tutti gli altri Valori inclusi in essi, in modo da contrastare la sofferenza, da rimuovere il male, la violenza, l'ingiustizia, l'oppressione, la crudeltà, il do1ore, ancora inclusi nella realtà che noi stiamo vivendo, il tutto per portare a compimento la creazione nel Regno, questo nostro mondo con l'Amore tutto compiuto in tutti.

Se io definisco il mio rapporto con Dio col termine di "credere", se io penso che il principale desiderio di Dio sia quello che io creda in Lui, se io penso che Lui soffra se io non Lo riconosco come Tale, e se non Lo adoro, e Lo ringrazio, e Lo placo e Lo prego, allora me la cavo, a mettermi in regola veramente con poco.

Tutte le precedenti operazioni hanno un costo minimo, o sono persino gratuite; il "credere" diventar il fondamentale in rapporto alla propria salvezza, il "credere“ rimane compatibile con il proprio zelante servizio alla vera divinità di questo mondo, sua santità mammona.

Se io definisco, invece, il mio rapporto con Dio col termine di "amare", ed ho capito che non devo considerare mio Padre un'alterità, ma un Ospite che vive nel profondo di me stesso, ecco che il credere diventa irrilevante, l'amare ed il condividere determinanti, e il mio prossimo il termine dell’amare, e condividere.

Dato che la natura del Padre é Amore incondizionato per le proprie creature, e dato che io sono la Sua possibilità di esistere e prendere corpo per portare il necessario e la gioia a tutti i viventi, Lui Spirito immanente in me ed io Suo corpo se e quando amo, ecco che il termine, l'oggetto del mio amare non é più Dio, ma sono le creature, che sono assetate dell'amore del Padre per loro, e che lo possono ricevere solo dalle mie mani se e quando io le amo.

Ecco, allora, il compimento di quel "Comandamento muovo" che il Signore ci ha lasciato come ultimo e primo messaggio dell'avventura della Sua incarnazione fra noi: "Amatevi fra voi come Io vi ho amato".

Qui la religione: ama Dio e ama il prossimo, finalmente diventa Incarnazione: ama il prossimo come Dio lo ama. Dio non é più alterità, noi siamo in Lui, Lui in noi, la costruzione del Regno il compito comune.

Mario Mariotti



Venerd́ 18 Maggio,2012 Ore: 14:43