Un problema insolubile

di Mario Mariotti

Quando l’Amore viene scelto ed incarnato dall’uomo, siccome esso include, si determina attraverso la condivisione, quest’ultima porta come risultato l’equalizzazione, l’eguaglianza delle condizioni di vita degli uomini stessi. Questa equalizzazione, questa eguaglianza, è la conseguenza strutturale della materializzazione dell’Amore ed è quindi l’effetto rivelatore della causa.

Il fatto che, nella nostra società ed anche in tutto il nostro Pianeta, siano presenti le differenze abissali fra le condizioni di vita dei ricchi e quelle dei poveri, è la prova inconfutabile dell’assenza di Dio, della micidiale mancanza dell’Amore incarnato.

Nonostante lo strarnazzamento liturgico delle tante religioni; nonostante qualcuna di esse arrivi a proclamare che Dio stesso ha il proprio vicario presente sulla terra dei viventi; nonostante qualcuna arrivi a voler far credere di avere il potere di mettere Dio stesso in pillole e di darlo in pasto ai fedeli che vogliono salvare l’animaccia loro, nonostante tutto questo, sono i frutti a rivelare la qualità dell’albero; e i frutti, le differenze blasfeme esistenti fra i figli dell’unico Padre, indicano che noi siamo posti nel Maligno, che noi non siamo affatto le mani dell’amore di Dio, ma siamo, le mani della incontenibile avidità di sua santità mammona, pronte ad infilarsi nelle tasche del nostro prossimo finché non trovano, in esse, il vuoto assoluto, il verde perpetuo della speranza alienata.

Questa la situazione reale del Pianeta, che continua a spacciare come una preziosa conquista quella globalizzazione del capitalismo, del mercato e della competizione che sono le radici generatrici dell’ingiustizia, dello sfruttamento, della violenza che attanagliano i poveri e che lasciano morire, ogni giorno, migliaia di piccini per mancanza di uno spicciolo.

Come si può pensare di risolvere questo enorme problema dell’ingiustizia planetaria, e di tutte le violenze che essa genera? Per quanto io mi stia scapocchiando in anni di riflessione, per portare un qualche contributo alla soluzione del problema, fino ad oggi esso mi sembra sostanzialmente insolubile.

La rivoluzione è violenta? Stalin per portare a compimento il progetto di una società senza servi e senza padroni ha fatto milioni di vittime? È evidente che questa è una porcata! Non si può per educare l’allievo arrivare ad ucciderlo! Però…Però anche la non-rivoluzione è violenta, anzi violentissima. È vero che essa non arriva a spargere del sangue, che essa si proclama ordine costituito, che essa si ammanta di onestà e di legalità, ma il rifiuto sarebbe perfetto se non ci fossero le migliaia di piccini ai quali viene sottratta la linfa della vita, migliaia ogni giorno che, negli anni diventano milioni, molti più milioni di quelli fatti o lasciati morire da Stalin.

Con la nostra cultura, la nostra informazione e la nostra religione, noi non siamo affatto attrezzati a vedere e valutare i costi della non-rivoluzione, e questo ci colloca dalla parte dei ricchi e dei potenti, e ci rende, anche se colposi, loro complici e corresponsabili del negativo che non sappiamo e non vogliamo vedere.

Tuttavia il caos non si ferma qui, e si complica ulteriormente. La non-rivoluzione è violentissima, ma anche la rivoluzione, con tutta la violenza che l’ha accompagnata, si è dimostrata il più delle volte perfettamente inutile. I figli e i nipoti di Stalin, nonostante i costi in vite umane per costruire e difendere il socialismo dall’aggressione nazifascista pagata dai padri, si sono lasciati sfuggire le loro conquiste come degli ingenui allocchi, e oggi si ritrovano nella condizione di un capitalismo mafioso che riproduce la violenza presente al tempo degli Zar. I poveri, gli oppressi, si uniscono, riescono a rovesciare il loro padroni, ma la loro forza diventa la loro debolezza, una parte fa di sé stessa un nuovo padrone simile al primo; l’altra manca della lucidità di rendersene conto; alla fine non è cambiato niente: ci sono ancora ricchi e poveri, gli oppressori e gli oppressi.

Come ho già detto, il problema enorme, cui sottende l’ingiustizia, la violenza che essa genera, e la sofferenza, impone ai non-garantiti, non vede soluzioni. La radice del negativo è culturale: bisogna riuscire a convincere la gente, senza usare violenza, che lei deve cambiare il proprio modo di giudicare, di scegliere, di comportarsi.

Ma il cambiamento della persona, della cultura è lentissimo, e questa lentezza ha i costi micidiali che abbiamo sotto gli occhi.

Io posso affermare che la soluzione del problema è culturale è pedagogica: bisogna educare la gente alla solidarietà ed alla condivisione; esse sono strutturali ad un’educazione liberatrice, e questo perché la rivoluzione violenta, oltre che ingiusta è anche inutile. Ma, forse, io posso dire questo perché non ho l’urgenza di cambiamento di coloro che, oggi, non hanno ancora mangiato, e non hanno un tetto sulla testa, e non sanno se domani troveranno il necessario per vivere.

Io mi sono speso e mi sto spendendo per il cambiamento culturale: ho cercato di mettere a punto la cultura del necessario condividendo quanto eccede con gli ultimi della Terra; se qualcuno ospita i miei scritti, cerco di contribuire al cambiamento culturale del prossimo. Questo io sto facendo da più di quarant’anni, ed era incluso anche nel mio tipo di lavoro, dato che ero insegnante. Ma io stesso, oggi, quanti ne sto lasciando morire di piccini nella grande favela del Sud? Quanto dolore include il rispetto per i tempi di maturazione del prossimo?

Per questo il problema sembra insolubile, e la coscienza non mi lascia tranquillo, e devo continuare a farmi carico della sofferenza dei fuori-mercato, e continuare la ricerca… Quando la violenza del non-cambiamento diventa insostenibile, scoppia la violenza della rivoluzione; che, però, a sua volta, non porta cambiamento, come uscire da questo cerchio maligno?

Come aiutare il Dio dei viventi a risolvere questo rebus che costituisce una sconfitta anche per Lui, dato che noi rifiutiamo la chiave che Lui ci ha dato: essere noi le mani del suo amore per noi, incarnando amore e condivisione, e per questo rifiuto i piccini continuano a morire?

Mario Mariotti



Luned́ 22 Agosto,2011 Ore: 15:51