L'omelia del 5 luglio 2015

di p. Aldo Bergamaschi

Pronunciata il 6 luglio 2003
Marco 6,1-6
Il testo evangelico di oggi inizia così: Gesù andò nella sua "patria"; che brutta parola, infatti la traduzione è carente. Nell'espressione latina dal greco, la più giusta sarebbe: urbs patria (città paterna). Secondo Marco la gente si domanda se costui non è il carpentiere figlio di Maria; non dice "figlio di Giuseppe" il che è corretto sul piano teologico. Molti dicono che Gesù non sia nato a Betlemme, ma che questa città sia solo un riferimento culturale e che sia nato a Nazaret, città paterna.
Circa il profeta, che non è tale in patria, Gesù non dice: nessuno è profeta in patria, ma dice: "nessun profeta è accetto in patria". E non è accettato in patria, perché in quanto profeta sconfessa la patria; la patria è sinonimo di chiusura antropologica e di potenziale razzismo. Sarebbe come l'unione europea – invocata dai fondatori che erano tre cattolici – i quali l'avevano concepita come unità globale, non come l'unione di patrie diverse.
Gli abitanti di Nazaret si scandalizzano di Lui; da una approvazione iniziale si passa all'odio contro il profeta. In un passo di Marco si dice che lo vogliono portare sul ciglio di un burrone per ucciderlo; perché va a toccare i difetti di quello che è il gruppo originario. Gesù ha dichiarato che l'epoca delle religioni è chiusa, mentre ne sono nate delle altre; che lo Stato Nazionale Sovrano è il netto contrario del secondo precetto di Gesù: Ama il prossimo tuo come te stesso. Gesù ha lavorato fino a trentatré anni e lascia il lavoro per modificarne il concetto, ma questo è un tema che affronterò in un altro Vangelo.
Perché si scandalizzano di Gesù? La spiegazione la trovo in Kierkegaard, un grande cristiano che meriterebbe di essere studiato dai cattolici anche se era di matrice protestante, ma aveva capito il fondamento del Messaggio. Kierkegaard spiega questo "scandalo" degli abitanti di Nazaret così: Lo scandalo è quello che ciascuno può divenire oggetto quando come individuo sembra rifiutare di sottomettersi all'ordine costituito. Si pone allora un problema: l'individuo è al di sopra dell'ordine costituito? Con questa protesta l'ordine costituito intende obbligare l'individuo o a ritrattarsi o a confessarsi più che uomo; quindi si ha lo scandalo. Avevano capito che in Gesù c'era qualcosa di più di un semplice operaio ed era da domandarsi da dove era venuta a Lui tanta scienza, anche questo è un problema che non voglio discutere oggi.
Il concetto di "Nazione" da cui deriva quello di patria, sorge in Europa con l'affermazione del romanticismo – faccio delle enunciazioni – il quale concepirà la storia come una scienza sulla quale agiscono relazioni, succedendosi una all'altra nel portare la fiaccola della civiltà. Ogni nazione diventerebbe il primo attore delle vicende umane.
Dalle vostre nozioni storiche, cominciate dalla Spagna, Portogallo, non parliamo dell'Inghilterra, della Francia e anche le più piccole come l'Olanda e il Belgio, e vedrete che tutte le nazioni europee hanno avuto il loro momento di "gloria" in cui hanno occupato terre e hanno praticato il colonialismo.
Analizziamo ora due autori, uno tedesco, l'altro italiano, per dimostrarvi come le radici di tutte le discordie attuali abbiano il loro fondamento nei nazionalismi. Federico Schiller in un frammento preparatorio a una lirica denominata Grandezza Tedesca (siamo all'inizio dell'Ottocento) scrive: “Gli inglesi sono avidi di tesori, i francesi di splendore, ai tedeschi spetta in sorte il destino più alto; vivere a contatto con lo spirito del mondo. Ogni popolo ha la sua giornata nella storia, la giornata dei tedeschi sarà la missione di tutte le età”. Signori, questo è uno dei testi più raggelanti, anche se autori con il medesimo spirito li troviamo anche in Inghilterra, in Francia ecc. Anche il tentativo di Hitler di occupare non solo l'Europa, ma il mondo è esattamente in questa concezione. 
 
L'altro autore, un italiano, è Mazzini, sentite cosa dice: “La patria è la casa dell'uomo non dello schiavo, Dio ha dato a ciascun popolo una sua missione, perché l'insieme di tutte quelle missioni compiute in bella e santa armonia per il bene comune, rappresenterà un giorno la patria di tutti. Solo allora dovrà sparire la parola straniero, questa uscirà dalla favella degli uomini”. Per Mazzini, l'umanità è essenzialmente l'Europa nuova che succede a quella del papato. Mazzini aveva dichiarato chiusa l'era cristiana. Voi capite perché sono perplessi a inserire nel preambolo della nuova Costituzione europea "l'Europa dalle radici cristiane". Il problema è ben altro che questo particolare, semmai è vedere se i cristiani ci sono e quale opinione debbono avere dell'Europa: debbono avere come meta l'unità del genere umano. Così conclude Mazzini: “Ecco il momento per l'Italia che ha la missione di universalizzare la propria vita”. Ed eccolo, caduto nei medesimi errori di Schiller, dei francesi, degli inglesi e tutti gli altri paesi europei. D'altra parte aveva dichiarato chiusa l'era cristiana, e così inevitabilmente si cade.
Gesù avrebbe fatto questo discorso di demolizione dell'ethos paesano per ribadire che i valori non erano quelli che a Nazaret si insegnavano e che c'è qualcosa d'altro al di là della piccola patria. Tutti costoro, da Mazzini a Schiller e quelli che non ho citato, devastano il Messaggio di Gesù, perché Gesù considera illegittimo il concetto di Nazione e quindi di patria. Considera ugualmente aberrante la teoria della missione affidata da Dio ad ogni popolo…; questo è il momento peggiore di tutto il Vecchio Testamento ed è anche uno dei motivi per cui Gesù muore in croce. Ma soltanto le Sue parole potranno universalizzarsi. 
Vi citerò l'analisi di A. Manzoni, che vive più o meno in quell'epoca, muore nel 1873. Molti diranno che era per l'unità d'Italia, ma bisognerà vedere in quale considerazione. Manzoni di tutto questo discorso aveva capito che la fratellanza universale è una bella rivelazione del cristianesimo: due idee, un solo Salvatore per tutti e una patria immortale per tutti, sarebbe una concezione che dovrebbe eliminare la rivalità e gli odii, non solo fra i popoli, ma anche fra gli individui. Ecco una delle perle del Manzoni che in questo caso diventa psicologo, perché vuole andare a vedere da dove nascono questi odii nazionali. Ecco cosa dice: Tutto ciò che separa l'uomo è sempre una grande sventura. Ecco il congegno psicologico che porta agli odii nazionali e singoli: l'uomo tende a riferire tutto a se stesso, entrando in società con i suoi simili prolunga soltanto l'amore di se e lo estende a una società particolare; a quelli con cui ha comuni, l'interesse e l'orgoglio, perché non estende a tutto il mondo questo amore. Sembra che l'eccellenza propria cresca nel confronto giacché nel confronto si può attuare l'abbassamento altrui. Quando diciamo noi, riferito alla nazione, diciamo sempre io. Ne deriva che la parzialità per la propria nazione, cito le sue parole: “É una ingiustizia che non fa stupore. L'amor patrio, dunque è sinonimo di amor proprio”. Obiezione: non fu Manzoni il celebratore e senatore d'Italia unita? Sì, ha accettato di essere senatore, ma non è mai andato a Torino ed è morto scomunicato.
L'Italia unita è un minuscolo punto di partenza di quel concetto evangelico enunciato sopra. L'unità merita plauso in quanto ha liberato milioni di uomini dai ghetti regionali e mafiosi, dall'isolamento linguistico e culturale. Se l'Italia è unita è perché è stata introdotta la lingua unica. Si insegna la medesima lingua, raffinata da Manzoni, riducendo le distanze tra noi e il Sud. Il fatto prodigioso è iniziare da un qualche punto l'unità del genere umano, ma questa unità non è un valore in sé e non è un traguardo cristiano in senso stretto. Il traguardo cristiano è sempre più in là, sui confini del mondo. Gesù infatti, percorreva i villaggi insegnando.



Domenica 05 Luglio,2015 Ore: 09:45