Le omelie di padre Aldo Bergamaschi
29 Maggio 2011

Pronunciata il 24 Maggio 1981


Giovanni 14,15-21
In quel tempo Gesù disse ai sui discepoli: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché Egli dimora presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete perché io vivo e voi vivrete.
In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui”.
 
La vera libertà non è assenza di regola ma rispetto di una legge in cui l'uomo riconosce il senso della propria esistenza. Vediamo di chiarire questo punto con il sussidio di un filosofo. Ecco come il filosofo cristiano Marcel illustra questo concetto.
“Il vero artista - egli dice, vale a dire il genio - non dispone liberamente della propria ispirazione, resta in attesa del momento di grazia. Quando il momento di grazia arriva, egli è talmente assorto, preso nel suo lavoro, che non si concede neppure il tempo di mangiare o di dormire”.
Diciamo che l'uomo di talento, colui che genio non è, verso sera smette il lavoro, poi lo riprende il mattino dopo, l'esperto dispone delle proprie facoltà, l'artista o il genio invece ne è posseduto. E infatti, uno ha talento, l'altro è un genio. Eppure diciamo che l'artista è più libero dell'uomo di talento, che il pensatore è più libero dello scienziato, che il santo è più libero dell'uomo virtuoso. C'è una diversità fra l'uomo virtuoso e il santo. L'uomo virtuoso crede di essere santo perché fa queste e queste opere, il santo è invece colui che proprio perché opera e fa queste opere è santo. San Francesco non è santo perché è stato povero obbediente e casto, ma è stato obbediente, povero e casto perché era santo, ed era santo perché viveva nella dimensione dell'amore.
Chi ama veramente, si concentra totalmente sull'oggetto del suo amore, esso rimarrà sempre il suo amore. Quindi non ci sarebbe più eteronomia fra sé e questo oggetto, ha origine nell'individuo stesso e non può essere ottenuto con la forza; non può mai essere ottenuto con la forza. Questa non-autonomia, sottolineiamo, è la vera libertà, e non vi è uomo più libero di colui che ama. L'uomo che ama è nella libertà.
L'uomo che ama è anche nella Verità? Perché si può essere nella libertà senza essere nella Verità. E allora il discorso di Gesù comincia a diventare chiaro: “Se mi amate osserverete i miei comandamenti”. Quali sono i miei comandamenti? Per essere cristiani non c'è proprio bisogno di fare il lungo elenco delle cose che si debbono fare. I “miei comandamenti" sono due o tre al massimo. Li elenco: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, unito all'amor di Dio, è tutt’uno, poi: “Amatevi come io ho amato voi”, se vogliamo possiamo aggiungere la prima beatitudine: “Beati i poveri, i ricercatori dei valori dello Spirito”, quella beatitudine che dà poi il tono a tutte le altre.
Ma attenzione, questi non sono comandamenti, guai a noi se li consideriamo comandamenti, Gesù dice nel testo di oggi che si possono attuare solo se, “mi si ama”, diversamente, tutta la nostra predicazione diventa una caterve di richiami, di precettistica, di moralismo che non finisce mai.
Non si tratta, vi dicevo, di un imperativo, infatti qui non trovo: Se mi amate osservate..., se cosi fosse sarebbe un imperativo, ma dice: “Se mi amate osserverete…”. Non osserverete per comando - lo voglio sottolineare - o per legge, ma per effetto di amore. Ognuno esamini sé stesso, se non c'è questo rapporto col Cristo, la ecclesia non esiste, siamo qui a esercitare un dualismo brutale e nulla più.
Vediamo di passare a una piccola esemplificazione. Perché una donna - sto parlando di una madre e portiamo il discorso nell'ambito evangelico - osserva i comandamenti della dedizione, del servizio, persino della distruzione fisica nei confronti di quel bambino che ha nella culla. La madre fa questo solo perché ama. Se voi togliete questo rapporto col bambino fondato sull'amore, avete una povera disgraziata che ha ragione di vergognarsi di se stessa, di decidere di non volere più figli e cosi via. Se per un qualsiasi motivo l'amore viene meno, tutte le azioni che implicano osservanza e rinuncia spariscono di conseguenza, e allora nasce il tormento, subentra la stanchezza, e bisogna rivedere il rapporto di amore fra lei e Gesù Cristo se è cristiana. Se invece cristiana non è, è caduto il rapporto di amore con quella creatura e allora andiamo a vedere qual'è la concezione che questa donna ha del mondo. A quel punto è possibile ricucire qualcosa, o dire parole vere, diversamente sono tutte convenienza.
L'amore per Cristo, seccamente preso, può diventare fanatismo. Dovrei parlar male di tutti quei gruppi che si rifanno a un certo carismatismo, lasciatemi dire questa parola. Mi astengo dal giudicare i singoli, ma non vedo chiaro in tutti questi gruppi, siano essi approvati o no dalle gerarchie, non ha importanza. Cristo diventa una cifra personale o collettiva se non è rapportato l'amore a Lui, alla osservanza dei suoi comandamenti. Allora vedete come viene contemperato, incanalato verso la verità questo momento soggettivo della libertà. E questa osservanza, se è un fine, oppure diventa un rito fine a se stesso, diventa un vivaio di fariseismo: fate questo e non quest'altro, se faccio questo sono in regola, se faccio quest’altro non sono in regola.
C’è Chiesa quando c’e' connubio perfetto tra amore a Cristo e attuazione dei suoi comandamenti se cade questo connubio la Chiesa si divide in legiferante e osservante, in docente e discente. Si divide cosi secondo le categorie mondane, perché Gesù Cristo, certo l’ha istituita tale, ma indubbiamente, non nel significato che noi diamo ormai a questa divisione.
L' acqua è composta di ossigeno e di idrogeno, però chi la beve non sta li a sofisticare a chiedere, voi capite, se l'ossigeno e l'idrogeno cominciassero a litigare fra di loro per dire io devo comandare…mi sto domandando cosa l'uomo potrebbe bere. Se cade il connubio, la Chiesa si divide in legiferante e osservante, e si cade nella tentazione di affermare che bravo cristiano è colui che fa questo e questo per ordine di qualcuno. Perché se voi osservate i comandamenti, ipotesi, questa osservanza è buona perché ve lo dice il papa, o il vescovo, o ve lo dico io? Ecco la domanda che dobbiamo farci, sarebbe un grave errore. É ovvio che partendo da questa affermazione falsa, poi surrettiziamente si fanno rientrare tante altre cose nella obbedienza, e questo è il grave pericolo in cui la Chiesa può cadere. Nel momento in cui cade in questa tentazione si riproduce in lei, diciamo in termine classico, la sinagoga, ne più ne meno, mentre Cristo coinvolge tutti, senza distinzione alcuna, e parla di sé e dei suoi comandamenti.
Sarebbe una Chiesa strana, non la voglio concepire cosi, in cui una classe - anch’io mi ci metto almeno formalmente - chiede agli altri, a voi, se siete andati a messa, se avete digiunato, se avete pagato le decime, si diceva una volta. Certo una Chiesa concepita in questo modo, in cui si diventa fiscali con le leggi della istituzione, non si bada più alla caduta della ecclesia, perché tra il credente - sia esso papa o fedele - non c'è più quel rapporto di cui vi ho parlato prima, vale a dire, quel rapporto di amore fra Cristo e lui, allora non si capisce più quale tipo di Chiesa sia.
É una società come tutte le altre, in cui magari ci saranno scomuniche, in cui ci saranno richiami, perché qualcuno ha disubbidito a taluni comandi e così via, ma non ci sarà più la luminosità di cui parla Cristo. Allora, o si coinvolge tutto, o diversamente diventa un discorso pericoloso proprio per la costruzione di quella ecclesia che Cristo ha voluto.


Luned́ 30 Maggio,2011 Ore: 10:32