Le omelie di padre Aldo Bergamaschi
4 luglio 2010

Pronunciata il 4 luglio 2004


Luca: 10,1-12
Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l’operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinnanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio.
 
Gesù, senza chiedere alcun permesso ai poteri storici, ha mandato settantadue discepoli ad annunciare il Regno a tutto il mondo. Come mai settantadue? Nel Genesi si dice che i popoli della terra erano settanta, ma nella famosa traduzione in greco del testo si pensò di metterne settantadue, più dodici inviati alle dodici tribù di Israele.
Tutti i movimenti rivoluzionari conosciuti mirano sempre alla conquista del potere, Gesù invece, punta alla distruzione del concetto stesso di potere. Se le cose stanno così, lo Stato Nazionale è illegittimo. La convivenza cristiana risiede in un rapporto diretto fra tutti gli uomini, senza la mediazione dello Stato Nazionale, tutte le guerre che ci sono nel mondo sono dovute a questo motivo. Ciò che il discepolo di Gesù annuncia è il Regno di Dio, poiché, appena questo Regno si sarà instaurato nelle coscienze, avrà vanificato tutti gli altri regni costruiti sulla discordia delle coscienze.
L’annuncio del Regno qualifica anche il discepolo perché, circa il comportamento esterno, potrebbe avere qualche somiglianza al caso di Diogene, definito da Platone un Socrate impazzito, il quale andava in giro con una botte che era la sua casa, contestando coloro che si davano un gran da fare per avere le ville. Un giorno Alessandro Magno si accostò alla botte di Diogene e chiese: “Che cosa vuoi che io ti faccia?” Risposta: “Che tu ti scosti perché mi stai rubando il sole”. Alessandro disse: “Se non fossi Alessandro desidererei essere come Diogene”
La contestazione non è prettamente cristiana, perché Diogene apparteneva alla categoria dei cinici, i quali, hanno dell’uomo una concezione negativa. Diogene inoltre, andava per Atene con una lanterna in pieno giorno a cercare l’uomo, cioè quelli che incontrava non erano uomini, ma ombre di uomini.
I discepoli di Gesù non debbono avere una concezione cinica dell’uomo, perché la vera qualifica indicata da Gesù è: “Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”. Non è una definizione o un giudizio di essenza, ma è un giudizio di fatto. Se dico a uno dell’asino, rischio di fissarlo in quella definizione, se invece gli dico che si comporta come un asino, allora tengo la distinzione tra quello che lui è attualmente e invece quello che potrà diventare, ecco la diversità fra le due definizioni. Dando una definizione di fatto, si suppone che la definizione dell’uomo sia riformabile, cioè che l’uomo sia educabile, ciò è importante. Questo comando acquista nuova valenza.
Gesù manda i discepoli come agnelli in mezzo ai lupi. Fra tutti gli animali credo che la pecora sia l’unica che non ha strumenti di difesa e di offesa e credo che l’immagine sia presa non a caso, ma in relazione a ciò che Gesù ha detto altrove: “Io sono il pastore e voi le pecore”, le pecore saranno invincibili se saranno unite al pastore, questo è vero anche nella realtà.
Altra noticina: Vi mando in mezzo non contro i lupi, non si tratta di fare la guerra contro i cattivi, il problema è quello di convertirli, quindi preoccupazione pedagogica e non impresa bellica o coloniale, il mandato qualifica indirettamente anche il concetto di Chiesa.
Non esistono alternative; è l’agnello che vive in mezzo ai lupi, pronto al martirio come i cristiani dei primi secoli. Il punto a cui faccio riferimento quando dico che mi metto contro lo Stato Nazionale, è quello dei primi cristiani. I primi tre secoli sono secoli di martirio e saremmo, secondo me, dovuti restare in martirio per almeno atri dieci secoli. Invece, con Costantino convertito accade che la Chiesa è diventata una struttura di potere, l’imperatore è diventato cristiano, hai l’obbligo in coscienza di ubbidire, se l’imperatore ti comanda di metterti lo zaino e di andare contro i barbari devi andare. Ecco come è stato giustificato il concetto di guerra in tutti i manuali di morale cattolica che abbiamo studiato. O questa situazione, o la commedia di uno Stato Cristiano.
Voglio ora citarvi un pensiero di Kierkegaard, morto nel 1855. Nei Diari, relativamente a questo problema dice: “La concezione di uno Stato Cristiano è in sostanza una contraddizione, una commedia; il cristianesimo è troppo alto per essere protetto dallo Stato, (io dico che ne è la distruzione), perché crea la impossibilità di amare il prossimo come dal secondo comandamento. La Chiesa deve rappresentare il diventare, lo Stato invece può stabilirsi, perciò è molto pericoloso quando Chiesa e Stato concrescono e vivono identificati. I ministri della Chiesa non devono essere dei funzionari, ma devono essere dei mandati, (ecco i settantadue), fatti apposta per essere al servizio del divenire”. Sentite come Kierkegaard usa un linguaggio filosofico molto sottile, vuol dire che se è al servizio del divenire lo è per farlo evolvere verso il dover essere.
Fra i teorici dello Stato moderno vi cito Tommaso Hobbes, cristiano di segno protestante, muore nel 1679. La devastazione del concetto di Stato opera sia nella Chiesa Cattolica, sia in tutti i rami del cristianesimo che sono nati dopo di lui. Hobbes cita parecchie volte il Vangelo per dimostrare che non c’è contraddizione fra ciò che Dio ci dice attraverso la natura e attraverso la scrittura. Nel Cittadino, che è la sua l’opera centrale, rivolgendosi al conte Guglielmo con delle considerazioni sull’uomo dice: “E’ altrettanto vero che l’uomo è per il suo simile un Dio, quanto esso è per il suo simile un lupo”. “Homo homini lupus”, questa affermazione è di un certo Plauto che vive nel 200 a.C.. l’altra è di Cecilio Stazio, il quale diceva che l’uomo è Dio all’uomo, purché conosca il suo dovere. Hobbes utilizza queste due affermazioni, però se guardiamo bene da vicino, le due massime ecco come si verificano: “L’uomo è un Dio per un altro uomo se poniamo a confronto i singoli cittadini; è invece un lupo se guardiamo agli Stati. I singoli possono giungere con le loro virtù alla somiglianza con la divinità, ma negli Stati, a causa della perfidia dei malvagi, anche i buoni devono ricorrere, per salvarsi, alle virtù guerresche, alla rapacità delle belve”.
Le ultime guerre che abbiamo fatto in Europa sono in linea perfetta con questa definizione. Il diritto naturale non è basato sulla ragione, ma sull’istinto. Sullo stato di natura, che sarebbe uno stato di guerra e di anarchia, e l’ottemperanza delle leggi naturali che prescrivono la pace, la nostra ragione dice che v’è una incompatibilità. Come conciliare? Continua Hobbes: “Costruendo un uomo artificiale, la natura è l’arte mediante la quale Dio ha creato e dirige il mondo, il Leviatano (personaggio creato da Hobbes che prende dalla Scrittura) questo grande animale artificiale, è l’arte con cui l’uomo dirige il suo mondo sociale. Occorre cioè, inventare un potere politico (Stato) più forte di quello naturale, che lo difenda e lo protegga. Questo uomo artificiale ha tutti i diritti per tenere sotto controllo la bestialità ancora più pericolosa dell’uomo naturale, e può arrivare al punto di dettare a quest’uomo un culto”.
Qui non c’è più nulla di cristiano, sul piano storico nessuna teoria. Né il cattolico, né il protestante, circa l’origine e la natura dello Stato, ha dato un minimo esempio di pace, di giustizia, di fratellanza, siamo ancora alla rincorsa di queste virtù.
Gesù non teorizza una convivenza a partire dal caso che gli uomini sono lupi, ma la teorizza a partire da una conversione di lupi in agnelli. Su questa conversione dovrebbe nascere in teoria il Cristianesimo o Chiesa, e mi batto perché sia il futuro dell’Europa e del mondo.
4 luglio 2004


Domenica 04 Luglio,2010 Ore: 16:03