Le omelie di Padre Aldo Bergamaschi
28 febbraio 2010

Pronunciata il 27 Febbraio 1983


Luca 9,28-36
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. E, mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Egli non sapeva quel che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all’entrare in quella nube ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo”.
Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono ad alcuno ciò che avevano visto.
 
Prima di affrontare il significato di questo passo che io chiamo la tentazione del Tabor, vorrei portare la vostra attenzione sulla prima lettura. Mi rivolgo anzitutto agli operatori della scuola, mi rivolgo a loro, a loro perché hanno la gravissima responsabilità dell'insegnamento della storia. É mia opinione che tutta la nostra educazione alla pace, o meglio, tutto il nostro discorso sulla pace, sia contaminato dal presupposto del quale non vogliamo parlare o del quale non vogliamo prendere coscienza. Ognuno di noi è curvo sulla storia del proprio paese e quando insegna questa materia la insegna secondo i canoni della pragmaticità. Storia pragmatica vuol dire che noi ai bambini mettiamo nella testa una idea precisa, che il gruppo a cui apparteniamo è il più importante, il gruppo a cui apparteniamo ha la religione migliore, ha la lingua migliore, ha la storia migliore e tutta la storia viene insegnata esattamente in funzione della celebrazione del proprio gruppo.
Guardiamo un momento questo passo del Genesi, dove si racconta che il Signore dice ad Abramo: "Ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei…", poi c'è quel 'per' che crea un versante pericolosissimo nel discorso: "…per darti in possesso questo Paese". Ora Ur, è giù verso il golfo Persico, ed è ancora là, non è cambiato da quell'epoca. Poi noto che il Paese che Dio darà a quest'uomo si estende dall'Egitto fino all'Eufrate, tirando le somme dal Mar Rosso, al Mediterraneo, al golfo Persico, mica male come piccolo sogno di impero.
Ciò che invece mi crea qualche dubbio è che sia stato proprio Dio a consacrare questa specie di follia etnocentrica, che opera nella storia umana da che uomo è uomo, e che tuttora tiene in febbre il medio oriente e anche tutte le altre parti del mondo. Sì certo io pure credo che la Bibbia sia portatrice della rivelazione divina, non so però dove passi la linea precisa di questa rivelazione, e non sono solo io a non saperlo, ma anche coloro che hanno il compito di stabilire dove passano questi confini. Sto parlando degli scritturisti della stessa Chiesa che avrebbe anche il compito di dire: sì questo appartiene alla rivelazione e questo no.
Voi sapete che una volta si giurava sulle singole parole, sulla lettera, poi c'è stata la questione di Galileo Galilei, quel cattolico impertinente che ha voluto mettere il naso in queste faccende. Da allora le cose sono cambiate, allora ci si è ritirati su posizioni più sicure e se dovessi dire a quale punto stanno le cose oggi, dovrei dirvi che siamo certamente in un mare assai fluttuante.
Allora, poiché siamo in un mare fluttuante, vi dirò dove mi pare che ci sia una rivelazione autentica e dove invece le cose cominciano a caracollare. Ecco la frase: "Vi ho fatto uscire da Ur dei Caldei". L'uomo potrà diventare creatura nuova se comincia a voltare le spalle a tutto ciò che aveva fatto prima. Se volete facciamo una piccola esemplificazione sempre valida per gli operatori della scuola. Noi, vari insegnanti e professori, diventeremo benefattori dell'umanità, noi diventeremo educatori alla pace se invece di soffiare sulle singole particolarità, per esempio sui dialetti, sul risveglio del dialetto come lingua dell'isola, o della penisola e così via, cominciassimo a dire che siamo dei miserabili esseri umani più simili agli animali, i quali, nascono in un certo luogo dove là c'è un certo puzzo e lo vogliamo mantenere per tutta la vita. Allora diventiamo incapaci di dialogare con altri, che volendosi portare dietro il proprio puzzo, ostacolano la capacità di dialogare con gli altri. Il primo passo della unione del genere umano è proprio il metterci alle spalle ciò che siamo, per aspirare ad essere ciò che dovremmo essere.
Dio allora, invita Abramo a lasciare tutto il particolarismo in cui è nato, di lasciare Ur alle spalle perché ha un discorso universale da proporgli. Resta quel “per darti in possesso questo paese” che sarebbe la consacrazione del possesso patriottico dovuto e firmato da Dio stesso. Questo discorso non lo accetto, e capisco perché Gesù sia morto e sia venuto a sconfessare questa appartenenza a un popolo particolare, come portatore di tutta la verità, e abbia scoperto agli uomini il vero volto del Padre. Gesù dirà: “Prima che Abramo fosse io sono” e non dice (io ero), fa piazza pulita di tutta questa storia. Ho messo sull’avviso, ripeto, coloro che hanno il compito dell’educazione almeno nel settore dell’insegnamento della storia, così vedrete come ormai guardo lontano. Chiudiamo questa prima parte del discorso e veniamo al passo evangelico.
Gesù secondo una certa tesi sarebbe in linea di continuità con Mosè e con Elia e allora in questo caso il racconto sarebbe forgiato per dimostrare che invece Mosè ed Elia, che poi in un’altro passo del Vangelo vengono certamente ridimensionati: "Vi fu detto dagli antichi" e "…Avete qui uno che è più di un profeta....", dove quei personaggi sarebbero ridotti di fronte a Gesù al rango di scolaretti che parlano con Gesù a un livello di parità apparente; guardando nel fondo delle cose, il dislivello è radicale. Per cui qui c'è il figlio di Dio, ed ecco la convalida della voce, per dimostrare che questo personaggio è superiore appunto, e il cristiano non dovrà fare il tifo per chi è superiore, ma dovrà fare il tifo per la verità. Se ci mettiamo in questa ottica, voi capite che il passo comincia a diventare pericoloso, ha bisogno di qualche sfrondatura storiografica per essere capito nel suo nucleo fondamentale.
Detto questo, vediamo allora quale è il significato di questo atteggiamento di Pietro, il quale, capovolge il senso dei fatti e trasforma ciò che è un mezzo in un fine. Il fine che si propone Gesù - nel disvelare la sua essenza in quanto salvatore mediante questa trasfigurazione - è quello di ridare una certa energia, una certa dose di entusiasmo ai suoi apostoli, perché di fronte alla passione che Egli dovrà subire, sappiano contemperare ciò che la mente vede rispetto a ciò che gli occhi vedono. Badate che questo è un grande conflitto, soprattutto in questo caso, ecco il fine. Si potrebbe dire che è il motivo per cui Egli dà lamarmellata sul pane a questi uomini per fargli mangiare anche il pane, (essi mangiano la marmellata e gettano via il pane), una forma di razionalità: trasformo un mezzo in un fine.
Ecco la grave tentazione di Pietro, "Facciamo qui tre tende", bravo se fai qui tre tende, fai tre poltrone e la redenzione di Gesù dove va a finire? Perché se noi facciamo tre villette sul monte Tabor voi capite che non arriveremo mai al Calvario, staremo lì a spassarcela per tutta la vita. Ecco in fondo la vera tentazione e il peccato che sta dietro alla domanda di Pietro.
Bene io adesso farò una esemplificazione riguardo al danaro. Il danaro, lo ripeto per l'ennesima volta, è stata la più grande invenzione dell'homo sapiens, e come tutte le invenzioni subisce i calcoli di cui vi ho parlato prima. In teoria il denaro dovrebbe essere frutto del lavoro, ma in pratica il danaro, da simbolo che dovrebbe essere, per cui dietro al danaro ci dovrebbe essere la cosa, il bene, il servizio, ahimè diventa lui stesso una cosa. Questa disgrazia è cominciata proprio all'epoca di s. Francesco, suo padre era esattamente uno che produceva danaro usando danaro.
Noi diciamo che il danaro si produce con il lavoro, no! Nel momento in cui si è creato il danaro, il danaro produce danaro, e operando sul danaro possiamo ottenere un capitale enorme. Allora il danaro dà a qualcuno, direi oggi a troppi, la possibilità di non lavorare, facendo rifluire il lavoro produttivo sempre sulla schiena dei più cretini, poiché chi lo ha, riesce con esso e non con il lavoro produttivo, ad averne altro, ne usa solo in piccola parte per pagare chi produce e il resto per soddisfare i cosiddetti bisogni astratti che sono infiniti.
É ovvio che il danaro circola come tale sempre a certe altezze, perché se scendesse più in basso paralizzerebbe il lavoro produttivo. Questo è il dramma della nostra società collegato col discorso del Tabor, facciamo qui tre tende, ecco la diabolica tentazione cui ha aderito Pietro e da cui l'ha risvegliato per buona fortuna, il Logos, la razionalità assoluta di Gesù che è la salvezza.


Domenica 28 Febbraio,2010 Ore: 15:27