TERAPIE RIPARATIVE: UN INGANNO BEN CONGEGNATO. INTERVISTA CON GLI AUTORI DI “CURARE I GAY?”

da Adista Notizie n. 14 del 14/04/2012

36622. ROMA-ADISTA. Alla fine di febbraio 2012 è uscito il libro Curare i gay? Oltre l’ideologia riparativa dell’omosessualità (Raffaello Cortina editore, 2012, pp. 275, euro 24), scritto dagli psicologi e psicoterapeuti Jimmy Ciliberto, Federico Ferrari e Paolo Rigliano. Il testo è il frutto di alcuni anni di ricerche e analisi volte a sgretolare pezzo per pezzo i principi delle cosiddette terapie riparative, nate negli Stati Uniti d’America per mano di un gruppo di psicologi, tra cui Benjamin Kaufman, Joseph Nicolosi e Charles Socarides, i fondatori del Narth (National Association for Resaearch and Therapy of Homosexuality). Il suo caposaldo è: «Nasciamo tutti eterosessuali, nessuno è omosessuale, men che meno gli omosessuali, che sono solo “eterosessuali con problemi di omosessualità”». Il libro intende denunciare queste pratiche di conversione dall’omo all’eterosessualità che vanno a braccetto con i fondamentalismi religiosi di ogni tipo, Chiesa cattolica compresa. Ne abbiamo parlato con gli autori.

Le “teorie riparative” che descrivete nel libro risultano spesso un coacervo di asserzioni che si contraddicono a vicenda. Perché, quindi, dedicare tante pagine all’analisi ed alla critica di un apparato traballante, eppure così caro ai fondamentalisti religiosi?

Abbiamo voluto dedicare una riflessione approfondita e scientificamente rigorosissima al tema delle terapie riparative perché riteniamo che sia di straordinaria importanza per le conseguenze negative sulla vita delle persone gay e lesbiche. E perché – forse, soprattutto – ci dà la possibilità di tornare ad interrogarci sull’affettività omosessuale e quindi ci consente di mettere a punto un modo nuovo, innovativo e radicalmente positivo di guardare all’orientamento sessuale in genere e, quindi, omosessuale in particolare. È un’occasione scientifica e clinica per invitare tutti i professionisti della salute mentale – ma anche tutte le persone gay e lesbiche e le loro famiglie – a riflettere appunto sull’affettività omosessuale. Quindi è un’opportunità preziosa di approfondire la riflessione su se stessi. Un altro motivo importante è costituito dal fatto che le terapie riparative sono nate in un contesto di religiosità fondamentalista e quindi contestarle su base scientifica e clinica ci consentiva anche di tornare a riflettere, a partire dal Vangelo, sul rapporto tra religione cristiana e relazionalità e affettività omosessuale. La critica etica, culturale e clinica alle terapie riparative ci offre la possibilità di riflettere in modo forte e specifico sulle strategie di accoglimento della confusione e dello smarrimento di cui possono essere preda alcune persone credenti omosessuali – c’è tutto un capitolo dedicato appunto ai credenti omosessuali e quindi all’accoglienza che i professionisti della salute mentale possono offrire alle persone gay credenti.

L’assunto di molte delle teorie riparative sarebbe che non esistono persone omosessuali, perché Dio non ha previsto la loro esistenza. Così, all’interno di ogni maschio omosessuale o pre-omosessuale si celerebbe – in tutto e per tutto – un etero che va aiutato ad uscire allo scoperto...

Le terapie riparative hanno vari filoni: uno sicuramente importantissimo è quello derivante dalle scienze della psiche, dai vari modelli psicoterapeutici e psichiatrici e, fra questi, una rilevanza straordinaria, davvero difficile da minimizzare, l’hanno i modelli psicanalitici; l’altro filone, importantissimo, è quello religioso, quello che fa riferimento a una lettura integralista dell’essere religiosi. Quello che i terapeuti riparativi di oggi hanno fatto è di mettere insieme dentro un paradigma fondamentalista di marca religiosa dei modelli psicanalitici. Hanno riesumato cioè la straordinaria tradizione di decenni e decenni di oppressione o di vera e propria persecuzione che gli psicanalisti hanno attuato per, come dire, cercare di ricondurre le persone omosessuali all’ordine eterosessuale. Ciò che ci si presenta oggi, dunque, è una sorta di miscuglio in cui frasi, pensieri e teorie o pseudo teorie psicanalitiche, qualunque cosa, in realtà, vengono messi insieme in qualche modo e in tutti i modi possibili, dentro una cornice fondamentalista che non viene mai interrogata. C’è quindi un gioco di rispecchiamento tra modelli psicanalitici e premesse e categorie interpretative di tipo fondamentalista. Quindi si crea una specularità tra false affermazioni psicologiche e dogmi fondamentalisti... Un circolo vizioso drammatico.

All’interno della Chiesa cattolica si invoca spesso la biologia per dimostrare che, se l’uomo è dotato di un organo atto a penetrare e la donna di uno destinato a ricevere, tutto ciò che devia da questo schema ricade nella patologia ed è da sottoporre a cura. Da qui quella che voi definite teopsicologia, cioè l’insieme di terapie che servirebbero a correggere le “impreviste aberrazioni omosessuali”...

Sì, abbiamo individuato noi questo concetto e ad esso siamo affezionati, perché richiama la mistificazione rivelata e denunciata da Orwell: “Teopsicologia” è un termine orwelliano. Un elemento importante che ci piace mettere in evidenza è che essa, con tutte le operazioni mistificatorie che determina, si rivolge a vari interlocutori: soprattutto alle persone gay e lesbiche, alle loro famiglie, ai professionisti ma, in modo eccezionale, a tutto il popolo dei credenti, soprattutto a quello dei conservatori, tradizionalisti e integralisti. Nelle intenzioni strategiche di questi ideologi si mira a creare, e nello stesso tempo a sollecitare, l’enorme zona grigia della popolazione generale, di cui fanno parte anche quei credenti tradizionalisti ed integralisti, che è una zona grigia appunto perché è formata da coloro che non hanno un’opinione ben fondata, precisa e sicura in merito all’umanità delle persone gay e lesbiche, riguardo ai loro diritti, alle prerogative di una sessualità e affettività e relazionalità non riportabili immediatamente all’ordine eterosessuale. Ci pare che il terreno di battaglia per i fondamentalisti sia proprio quello della zona grigia. Loro in qualche modo danno per persi le lesbiche e i gay, danno per persi i protagonisti dell’affermazione dei diritti delle persone omosessuali, i veri laici e le persone autenticamente liberali e democratiche, per rivolgere la loro attenzione all’enorme serbatoio che quella zona grigia per loro rappresenta; quello è il loro terreno di caccia e di conquista. Da questo punto di vista il colpo di genio dei terapeuti riparativi consiste nello spacciare come terapie e percorsi psicoterapeutici di guarigione quelli che sono gli strumenti, i metodi e le tattiche da sempre impiegati contro le persone omosessuali da parte delle società repressive e quindi il nascondimento, la simulazione, il fatto di farsi passare per eterosessuali, tutto ciò che aveva rappresentato l’insieme delle strategie di sopravvivenza delle persone omosessuali in tutti i regimi oppressivi e finanche gli omicidi vengono presentati come il risultato e addirittura lo scopo della terapia ovvero la guarigione: essa non è e non può essere altro che una strategia oppressiva ben riuscita. (lidia borghi)

Articolo tratto da
ADISTA
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Marted́ 10 Aprile,2012 Ore: 16:32