Brescia: Siamo sulla stessa barca, cerchio di silenzio
di Guglielmo Loffredi
Una interessantisssima esperienza a Brescia contro il pacchetto sicurezza ed il razzismo di cui è impregnato con i “cerchi di silenzio” che vuole essere uno stimolo per la costituzione di altri cerchi in Italia. Il gruppo “Siamo sulla stessa barca” , che organizza l’evento ogni mese, è nato lo scorso anno su iniziativa del Movimento Nonviolento di Brescia.
Viviamo un tempo di crisi della parola, dopo molte parole non sempre necessarie. Parole consumate, abusate, urlate, quindi malate che non generano vita. Abbiamo fortemente bisogno, invece, di ritrovare parole che siano lievito….Parole sussurrate, ospitali, rigenerate e disarmate dal silenzio
“Siamo sulla stessa barca”, è un’iniziativa organizzata dal Movimento Nonviolento di Brescia a cui aderisce un gruppo di cittadini impegnati a Brescia, da oltre un anno, a testimoniare pubblicamente il dissenso sui provvedimenti che costituiscono il famigerato: “pacchetto sicurezza”, il primo mercoledì di ogni mese con un’ora di silenzio in cerchio. Il pacchetto sicurezza nella sua applicazione ha determinato: respingimenti in mare dei migranti, ha costruito una immagine distorta nella società associando il termine: clandestino = criminale, ha aggravato la sofferenza delle famiglie migranti ostacolandone i ricongiungimenti. Inoltre, ha favorito la nascita di regolamenti di polizia urbana restrittivi e sanzionatori che impediscono di fatto la condivisione di spazi di convivialità e di gioco; scelte che alimentano la cultura della discriminazione e la negazione dei diritti fondamentali delle persone che l’umana coscienza riconosce e la “carta dei diritti dell’uomo” sancisce.
Il reato di clandestinità previsto nelle Disposizioni in materia di sicurezza pubblica , ( Legge 15 luglio 2009, n. 94, ), incide pesantemente sulla vita dei minori di origine straniera favorendone l'esclusione dai servizi scolastici, sociali e sanitari, relegandoli di fatto alla marginalità e rendendoli praticamente invisibili. Inoltre i bambini migranti già più frequentemente esposti alla violenza del carcere e allo sfruttamento del lavoro minorile, se figli di genitori irregolari, vengono,privati anche del diritto ad un nome e, di fatto, non potranno in futuro regolarizzare la loro permanenza nel nostro Paese. Attualmente in Italia sono presenti più di 800.000 minori stranieri (dati ISTAT).
Il nostro intento è di mantenere un presidio democratico e di sensibilizzare la cittadinanza offrendo un momento collettivo di riflessione e di protesta non violenta. Il nostro silenzio vuole anche essere un richiamo all’apparato esecutivo a ripensare ad una seria e costruttiva politica sull’immigrazione che favorisca l’incontro tra le varie differenze sul piano dell’accoglienza e del rispetto reciproco.
Le iniziative attualmente in corso sono: un digiuno a staffetta iniziato il 14 maggio che continua tuttora e un’ora pubblica di silenzio il primo mercoledì del mese dalle 18 alle 19 in Piazza Rovetta a Brescia. Lo scopo è di sensibilizzare la cittadinanza offrendo un momento collettivo di ponderazione e di protesta non violenta.
L’ora di silenzio viene proposta con questa modalità: i partecipanti, il cerchio è aperto a tutti, si dispongono in cerchio, in assoluto silenzio, portando dei cartelli inerenti il tema scelto per la giornata. Finora i temi proposti alla considerazione di ognuno sono stati:
La condizione di migrante implica il dover affrontare diversi ostacoli legati a discriminazioni razziali ed etiche, a difficoltà di inserimento lavorativo, alle incomprensioni dovute alla lingua e alle diverse tradizioni che spesso creano problemi di natura sociale e culturale esponendo di per sé a grandi rischi di violenza e morte, essere donne e migranti, significa essere esposte ad un doppio svantaggio, a una doppia discriminazione data dalla propria appartenenza di genere. Le donne migranti, che spesso fuggono da abusi, violenze e guerre o lasciano il proprio paese per ricongiungersi ai familiari, devono spesso misurarsi con un sistema di abusi, molestie, ricatti e violenze sessuali sia in quelle stesse famiglie che nei luoghi di lavoro e nella società. Inoltre, in nome della "nostra sicurezza", le profughe respinte alle frontiere vengono rimandate in Libia dove, nei campi di concentramento, sono spesso vittime di stupri e violenze terribili.
Gli altri temi trattati:
Come può esserci sicurezza se si agisce in modo ingiusto?
È la giustizia che genera la pace e ci fa dono della sicurezza, non funziona al rovescio.
CI SENTIAMO SICURI:
Guglielmo Loffredi
Per informazioni e contatti: http://sites.google.com/site/siamosullastessabarca/
A questo indirizzo è presente un filmato:
Sabato 16 Ottobre,2010 Ore: 19:06 |