Lettera
Una storia di ordinario razzismo

di Concetta Centonze

Lo scorso autunno, in occasione della colletta alimentare, sulla vetrina del supermercato Winner di San donà di Piave facevano mostra di sé la locandina della suddetta colletta e, subito, vicinissima, il manifesto che vi ho inviato in allegato.
Ho chiesto spiegazione al direttore a cui ho fatto notare la cacofonia che derivava dall'accostamento.
Il direttore mi ha spiegato che egli é tenuto a mantenere l'ordine pubblico e che gli accattoni di colore disturbavano i clienti.
Gli ho ribattuto che l'ordine all'esterno del supermercato non era di sua competenza, ma delle forze dell'ordine preposte.
Il direttore ha argomentato che "il negretto" ogni giorno arrivava a guadagnare 100 euro senza lavorare.
Poiché io non deflettevo dalla mia posizione ha strappato via il manifesto in causa.
Sapevo bene che si trattava di un contentino momentaneo.
Infatti , come si può leggere nella fotografia con data e ora di ieri, il tutto é ritornato come prima.
Io sono cittadina di San Donà di Piave e credo di avere il diritto di esprimere il mio dissenso, anche se fossi l'unica a dissentire.
Dissento dalla tendenza a fare del razzismo un titolo di onore; di spacciare per buonismo la ragionevolezza dell'ascolto e della ricerca di soluzioni articolate "al problema " degli extracomunitari.
Mi rifiuto di trasformarimi nell'adoratrice di un supposto ordine e di una supposta emergenza sicurezza.
Il leghismo ha svelato da tempo la sua valenza storica: non si tratta di una rivoluzione, ma di una controrivoluzione il cui spessore culturale si può valutare dall'inisgnificanza delle questioni sollevate: un inno invece di un altro, tifare o no per la nazionale etc.
Come a suo tempo il fascismo, partorito dal Futurismo, gettò presto la sua maschera pseudo innov! ativa, l ibertaria ed anticlericale, per diventare comodo passatismo, strapaese e provincialismo, la stessa cosa é avvenuta con la lega.
Inoltre invito la Regione Veneta, i cui amministratori altro non sanno fare che sputare nel piatto in cui mangiano, cumulando cariche ed emolumenti, neanche fossero terroni della prima repubblica, e dando in pasto alla base elettorale il mito delle costicine e polenta, che si stacchino dal resto del paese se ne hanno la forza politica e la convenienza economica.
Sarebbe un gesto di coerenza degno di rispetto invece che continuare lamentarsi sempre e comunque, di atteggiarsi a vittime di propalare pregiudizi sulle altre regioni italiane.
Io penso ancora con la mia testa e con il mio cuore di cristiana
Cettina Centonze
San donà di Piave (VE)


Luned́ 14 Giugno,2010 Ore: 15:58