Lettera di un cristiano per la pace.

di Raffaele Ibba

Oggi, seconda domenica di Quaresima dell’anno 2011, ho letto nella pagina di accoglienza di un giornale “qualsiasi" che la guerra in Libia si svolge nell’imbarazzato silenzio dei pacifisti.
Beh, non nel mio.
Da parte mi ci tengo a precisare che non c’è silenzio e non c’è imbarazzo.
Il signor Muahammar Gheddafi è un signore che mi sta sulle spine fin da quando prese il potere contro re Idris 42 anni fa.
Non ho mai avuto simpatia per lui. Probabilmente perché gli somiglio, o perché lui somiglia a me, più ragionevolmente.
Fattostà che, pur non avendo mai letto il “Libro verde”, pensai fin da allora che se uno deteneva il potere non aveva bisogno di grandi giustificazioni teoriche, salvo il fatto che governava e chi governava doveva essere d’accordo con lui, grosso modo.
Infatti, resto convinto che con le baionette si può fare molto, ma non ci si può sedere sopra le stesse.
Gheddafi tuttavia non lo sa ed essendo soltanto un bandito ed un assassino ed essendolo da 42 anni (non mi pronuncio sui precedenti 27, ma tendo a credere che non mi sarebbe stato simpatico comunque) pensa che le baionette possano essere un comodo sedile.
Neppure il signor Sarkozy mi sta simpatico. Si tratta di una delle ultime caricature imbelli del “notrepresident” e pure scritto senza accenti. 
È un signore che neppure sa di essere un bandito.
La guerra in Libia, come tutte le guerre, è l’ultimo rifugio degli imbecilli (frase di Isaac Asimov) e tra costoro ci metto pure il presidente Obama, che è troppo “Presidente di tutto il popolo degli Stati Uniti” per fare davvero la politica di pace che vorrebbe fare. 
Forse.
E poi c’è da dire che la cultura della morte e della guerra è dittatoriale e totalitaria ed è presente in ciascuno di noi. Per esempio nel linguaggio violento che adopero.
La guerra in Libia produrrà disastri, come disastri ha prodotto la guerra in Iraq, come disastri sta producendo la guerra in Afganistan e così via guerreggiando.
Ma non perché il signor Gheddafi resisterà. 
Lo scalzacane barbuto non resisterà, ovviamente e, in qualche modo, pagherà il prezzo dei privilegi che ha goduto fino ad ora. Ma questo non porterà ad alcuna pace nè, se devo essere sincero, penso che sia obbiettivo della coalizione dei volenterosi (al furto ed alla rapina) farla durare poco.
La guerra rende e parecchio. 
Chiedete alla famiglia Beretta a Gardone Val Trompia (Brescia), fabbricanti di armi dal 1526. 
E chiedetevi perché i membri della famiglia Beretta non compaiono mai nei gossip nostrani e oltrenostrani. 
Una ragione è che sono tutti persone per bene; adesso trovate le altre.
Siamo in un sistema politico-culturale che ha un disperato bisogno di guerra. Dove la parola “disperato” è usate nel senso più comune e diffuso, “che non lascia sperare in una soluzione positiva - con pochissime probabilità”.
In questo senso va cambiata la frase di Asimov.
Il ricorso alla forza è l’ultima soluzione dei disperati.
Ecco.
Qui c’è tutta la realtà del mio rifiuto radicale della guerra.
Personalmente sono pieno di speranza. 
Speranza che ci sia spazio per la pace e, nella pace, ci sia spazio per l’amore.
Speranza che non sia necessario ammazzare vittime innocenti per difendere vittime innocenti (ma poi si fa il conto? quante vittime innocenti ha assassinato lo scalzacane barbuto e quante ne ha assassinate il “Corto della grandeur”? o si resta così ... le nostre vittime innocenti sono buone e quelle del signor Gheddafi no?), speranza che sia possibile risolvere conflitti irresolvibili con la pazienza e la cura dei particolari.
Speranza forte che si nutre di Dio, del mio Dio misterioso che ci ama e mi rimprovera perché non amo il signor Gheddafi con il mio cuore, la mia anima-vita e tutte le mie forze; speranza che fa vivere altre speranza più “politico-culturali”: 
- che gli eserciti mercenari africani non siano più riforniti di armi, e di armi italiane in specie;
- che ci sia lavoro in Africa, così che non sia necessario vendersi come mercenari per campare;
- che il sistema bancario internazionale blocchi sistematicamente tutte le transazioni di capitali e di redditi provenienti da origini illegali e di morte, come quelli dei fabbricanti di armi e degli utilizzatori di armi;
- che la nostra azione politica contro un tiranno sanguinario e imbecille sia nutrita di fermezza, di pazienza, di rifiuto radicale del tiranno insieme al rifiuto radicale di ogni forma di violenza nostra verso il tiranno imbecille ed i suoi scherani, ad iniziare da questa violenza linguistica che adopero;
- che l’accoglienza verso i migranti sia ovunque fraterna e piena di amicizia perchè finalmente viviamo in un mondo senza frontiere.
Belle idee, utopistiche. Costui è uno sciocco grafomane che ci infastidisce.
Vero.
Ma la mie cinque speranza piccole, politico-culturali, sono soltanto la descrizione del mondo in cui viviamo, ma fatta dal punto di vista di chi ama vivere e vorrebbe vedere tutti vivere intensamente attorno a lui.
E tuttavia il mondo è governato da chi ama morire e far morire, ma è popolato da chi vive ed ama vivere.
Di questa differenza occorre rendersi conto e dentro questa differenza occorre schierarsi.
Il Signore, l’Altissimo Dio Padrone di ogni vita e di tutta la vita, ci accompagna con amore lungo i variopinti disastri che stiamo costruendo; chiediamogli di darci la capacità di vedere qualcuno, almeno, di questi disastri e di discernere, con cura ed attenzione, che cosa dobbiamo fare dentro il suo amore. 
Per amarci come lui ci ama.

Raffaele Ibba
Cagliari
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Domenica 20 Marzo,2011 Ore: 15:35