COL SANDINISMO NEL CUORE

di Giulio Vittorangeli

[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli@wooow.it) per questo intervento]
Quando il 19 luglio 1979 i sandinisti entravano a Managua, si affermava una delle rivoluzioni piu' "romantiche" della storia. Una rivoluzione che riviveva gli ideali di Sandino che fu alla testa, fino alla morte, di una delle piu' eroiche battaglie antimperialistiche della storia latinoamericana. Il sandinismo era riuscito a sollevare tutto un popolo contro forze impari e spietate. Il regime del dittatore Anastasio Somoza, finanziato dagli Stati Uniti, e la sua guardia nazionale avevano massacrato 40.000 persone con una brutalita' che di solito un paese riserva ai suoi nemici.
L'intero Centro America degli anni '80, sotto la morsa della guerra di "bassa (alta) intensita'", era diventato un buco nero di morte, torture, violenze, operazioni "terra bruciata" messe in campo dalle giunte militari (Salvador e Guatemala) con l'appoggio della Cia per reprimere la guerriglia crescente.
I sandinisti ci stavano nel cuore, erano penetrati in noi, e vi sarebbero rimasti a lungo, immagini gloriose e vive di una stagione unica della nostra esistenza. Il fazzoletto rossonero, le condizioni di vita reali, la loro fragilita', la loro forza, la loro voglia di cambiare il mondo, le casualita' che determinavano antieroismi, la ricchezza umana delle persone.
Una stagione straordinaria che morde ancora la memoria, di speranze straordinarie, di tenace resistenza e di delusioni. E' un frammento di quel Novecento che l'attuale minimalismo neppure s'immagina. Da allora molte cose sono cambiate in peggio. Oggi parlare del Nicaragua ("Ma sei matto? A chi vuoi che importi") vuole dire, nella migliore delle ipotesi, ricevere sorrisi frettolosi. Effettivamente e' un piccolo Paese dall'altra parte del mondo. Perche' mai cio' che vi accade dovrebbe interessarci con tutti i guai che abbiamo?
Non solo si e' persa la memoria (in Italia, da vent'anni, viviamo in un presente eterno, senza radici nel passato e senza percezione del futuro), ma e' entrata in crisi la stessa solidarieta' internazionale, da un lato o dall'altro del pianeta, colpisce tutti: quelli che dovrebbero esprimere solidarieta' e quelli che hanno bisogno di riceverla. O, meglio, tutti noi che abbiamo bisogno di riceverla e di darla.
Se pensiamo all'America Latina, delle migliaia di comitati di solidarieta' che si sono avuti in tutto il mondo con il Nicaragua sandinista la maggior parte e' scomparsa. Le cause di questa crisi sono molte, ma come affermato da Pedro Casaldaliga e Jose' Maria Vigil, si possono riassumere in due motivi: a) Il crac dell'Est europeo e la caduta del socialismo reale; il fallimento di alcune rivoluzioni popolari; il presunto trionfo del nuovo impero del liberismo e l'egemonia totale del mercato; b) il fatto che non si veda un progetto storico dei poveri, alternativo, che sia praticabile in questo periodo globalizzato della politica e dell'economia.
A tutto questo si aggiunge, almeno per quello che riguarda l'Italia, la mutazione antropologica subita dalla nostra societa'. "Una mutazione che ingloba anche il rigurgito del passato: il ritorno di tratti tipici della biografia del paese - il qualunquismo, il plebeismo, l'individualismo, la noncuranza della democrazia, la debolezza del senso civico, il disprezzo della cultura e degli intellettuali - nella cornice delle trasformazioni strutturali della surmodernite' neoliberista e globalizzata, e delle reazioni ad essa... Altrimenti (le forze di sinistra - ndr -) se non altro per questo, avrebbero assunto la battaglia antirazzista come strategia, come uno dei due perni - l'altro e' la difesa dei diritti di tutti i lavoratori, cittadini e meticci - per tentare forme di ricomposizione di classe, come sarebbe stato un tempo" (Annamaria Rivera).
La nostra democrazia si trova dinanzi a un bivio: o ritrova le forze sociali, culturali e politiche per imporre una alternativa di sistema politico o si rassegna alla degenerazione del vivere collettivo e al degrado istituzionale. I bastioni della Costituzione democratica e antifascista, sono certamente un argine alla attuale maggioranza che ci governa. Solo, che qualsiasi appello in difesa della Costituzione non puo' non tenere conto delle profonde ferite (in termine di guerra, razzismo, precarieta' del lavoro) che le sono state drammaticamente inflitte dall'agire politico del centrosinistra in quest'ultimo tormentato quindicennio.
Il popolo della pace e' scomparso o si e' fatto invisibile, perche' annichilito troppe volte, non solo dalle guerrafondaie strategie dei neoimperi, ma dalle volonta' bipartisan e da una sinistra che lo ha cancellato dall'agenda.
Il vertiginoso inabissarsi in un razzismo istituzionale, che con il governo Berlusconi e' arrivato al culmine, e' iniziato con le iniziative prese dai governi di centrosinistra sulla vicenda degli immigrati. Vale per tutti l'introduzione dei Centri di permanenza temporanei (Cpt) previsti dalla legge Turco-Napoliatno (governo Prodi) ridenominati poi Centri di identificazione e di espulsione (Cie). Per concludere con il ruolo svolto dal centrosinistra nello smantellamento e la precarizzazione del lavoro con il "Pacchetto Treu" - dal nome del ministro del Lavoro del governo Prodi.
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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
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Numero 257 del 24 luglio 2011


Domenica 24 Luglio,2011 Ore: 15:37