Testi di riferimento

Alcuni testi per il dibattito su «Quanto è importante la disuguaglianza?»


a cura della Redazione

L'elenco che riportiamo non è assolutamente da considerarsi esaustivo, anzi sarà continuamente aggiornato, sia per nostra iniziativa che in accoglimento di segnalazioni dei lettori. Gli unici criteri di selezione perché un dato testo sia incluso nell'elenco sono l'attendibilità della fonte e la sua rilevanza per le discussioni in corso. 


Di seguito presentiamo un primo elenco di testi che possono essere di aiuto nel dibattito che stiamo conducendo sulle nostre colonne sul tema «Quanto è importante la disuguaglianza?».
Lo facciamo come servizio per i nostri lettori, perché possano trovare più facilmente, se lo desiderano, le fonti originali cui fanno riferimento i vari contributi che saranno via via pubblicati. L'elenco che riportiamo non è assolutamente da considerarsi esaustivo, anzi sarà continuamente aggiornato, sia per nostra iniziativa che in accoglimento di segnalazioni dei lettori. Gli unici criteri di selezione perché un dato testo sia incluso nell'elenco sono l'attendibilità della fonte e la sua rilevanza per le discussioni in corso. Che un testo sia incluso in questo elenco non impedisce in alcun modo che lo stesso testo, ovviamente corredato da una presentazione molto più ampia, o da un punto di vista significativamente differente da quanto fatto qui, possa essere incluso nella sezione contributi.
 
Luciano Gallino, Il colpo di Stato di banche e governi. L'attacco alla democrazia in Europa -
Einaudi 2013. L'introduzione del libro può essere scaricata qui. Una recensione di Antonella Tarpino sull'Huffington Post qui.
Luciano Gallino, un autorevole studioso di sociologia dei processi economici e del lavoro, definisce la crisi che si è aperta nel 2007 come "Il più grande fenomeno di irresponsabilità sociale di istituzioni politiche ed economiche che si sia mai verificato nella storia". Gallino documenta infatti come, dagli anni '70 in poi, la finanziarizzazione dell'economia abbia costituito una sorta di motore ausiliario per la crescita che ha finito per sostituire il motore principale, l'investimento produttivo. Come questa svolta sia stata inizialmente propiziata dai governi Thatcher e Reagan e poi proseguita con i governi successivi, anche, in apparenza di opposta posizione politica. Come le Banche centrali, il Fondo monetario internazionale e un'infinità di banche di tutti i tipi si siano impegnate in questi decenni a favorire, anche per proprio utile, ogni tipo di speculazione finanziaria, anziché svolgere la funzione loro propria in un economia di mercato di sostegno finanziario alle piccole e medie imprese produttive.
Che la crisi sia stata causata dal debito pubblico degli Stati, e non dal debito privato delle banche e dalla sregolatezza della finanza, è null'altro che una favola conveniente per attribuire all'eccessiva spesa sociale la "colpa" delle misure di austerità. Ricordate i tanti cosiddetti "esperti" che hanno sentenziato e sentenziano che lo stato sociale è qualcosa che non ci possiamo più permettere? Bene l'ineguaglianza nasce e cresce proprio in questo contesto. Gallino non fa un grande uso della parola ineguaglianza ma il suo libro è uno spietato atto d'accusa contro i comportamenti predatori non solo dei "lupi" di Wall Street ma delle istituzioni che non solo hanno permesso, ma hanno anzi attivamente collaborato all'instaurazione della società irresponsabile nella quale ci troviamo.
 
Paolo Leon, Il capitalismo e lo Stato. Crisi e trasformazione delle strutture economiche.
Castelvecchi 2014. Un articolo di presentazione del libro da parte dell'autore si può trovare qui. Un'ampia recensione di Roberto Romano può essere trovata qui. Un'altra recensione, dovuta a Federico Stoppa, può essere trovata qui.
Paolo Leon, professore emerito di economia pubblica all'università di Roma Tre, ha lavorato come economista all'ENI, con Giorgio Fuà e Giorgio Ruffolo, alla Banca Mondiale. È stato consulente dell'Unione Europea e di vari governi di paesi in via di sviluppo. Questo suo libro dimostra come il capitalismo dagli anni del paradigma thatcher-reaganiano in poi abbia cambiato natura, abbia creato un nuovo tipo di economia non più fondata sul profitto ma sull'accumulazione per l'accumulazione. La conseguenza, come fa vedere l'analisi rigorosa di Leon, è che, mentre un'economia fondata sul profitto è legata alla produzione e alla vendita di un bene o un servizio, e la sua espansione è quindi naturalmente limitata da fattori oggettivi, un'economia fondata sull'accumulazione, cioè sul denaro che produce altro denaro, non incontra limiti naturali nella sua espansione, ed è quindi strutturalmente instabile ed esposta alla formazione di "bolle", nel mercato immobiliare o borsistico, che prima o poi finiscono per scoppiare generando disastri sociali. Disastri dai quali è però esentata una sempre più ristretta fascia di "vincitori" che riprendono a guadagnare in tempi rapidissimi, mentre tutti gli altri ingrossano le file dei perdenti. La radice economica della crescita della disuguaglianza sta proprio in questo meccanismo infernale.
 
Mario Pianta, Nove su dieci. Perché stiamo (quasi) tutti peggio di 10 anni fa. Laterza, 2012.
L'introduzione del libro può essere trovata qui. La recensione di Emilio Carnevali su MicroMega può essere trovata qui. La recensione di Claudio Gnesutta può essere trovata qui.
Mario Pianta è professore di Politica economica all’Università di Urbino, fa parte del Centro Linceo Interdisciplinare “Beniamino Segre” dell’Accademia Nazionale dei Lincei, ed è tra i fondatori della campagna “Sbilanciamoci!” sulle alternative di politica economica. La sua analisi della crisi è comprensibile da tutti: "Ogni ricco ha il reddito di cento poveri. Non è l'Inghilterra di Dickens, è l'Italia di oggi. Redditi e ricchezza si sono concentrati nelle mani di una persona su dieci. Le altre nove – quasi tutti noi – stanno peggio di dieci anni fa, sono i 'perdenti', divisi in mille modi – tra uomini e donne, tra vecchi e giovani, tra Nord e Sud – ma uniti dal declino. Com'è potuto succedere? Togliere ai poveri per dare ai ricchi, rendere il lavoro più debole e il capitale più forte è da trent'anni l'orizzonte del liberismo. Da qui ha origine la crisi attuale, in Europa e in Italia. Ma un'alternativa c'è, ci meritiamo un altro futuro".
Il libro è di quasi due anni fa, e probabilmente oggi bisognerebbe aggiornarne il titolo a Novantanove su cento, ma l'analisi di Pianta è ancora valida. E, pur nella diversità dei punti di vista, anche da questo libro, come da quelli di Gallino e di Leon, si può capire come il livello di ineguaglianza sia contemporaneamente il sintomo e la causa di un'economia di un'economia malata.



Mercoledì 26 Febbraio,2014 Ore: 21:45