Mimosa e anguille

di Renato Pierri

Questa mattina un’anziana signora sconosciuta mi ha chiamato tesoro. E’ andata così. Ho staccato un grande ramo di mimosa dal solito albero che già me ne ha regalati in passato di rami profumati. Sulla strada di ritorno a casa, incrocio una signora col carrellino della spesa. “Ma che bella – mi dice – dove l’ha presa?”. Non le ho detto dove l’ho presa, ma ho staccato un bel rametto dal grande ramo e gliene ho fatto omaggio. E lei: “Grazie tesoro, a me piace tanto la mimosa”. “Anche a me, signora, piace tanto. Questa la porto a mia moglie, lei la gradisce più di un mazzo di fiori acquistato dal fioraio”. Faccio un altro po' di cammino e sul marciapiede che costeggia una palazzina non incrocio un’altra anziana sconosciuta amante della mimosa? Elegante, capelli bianchi con riflessi azzurri, sembrava appena uscita dal parrucchiere. Senza preamboli: “Me ne regala un rametto?”. “Signora, ne ho regalato or ora uno ad un’altra signora”. “E allora non fa niente”. “Suvvia, guardi, stacco questo piccolino”. “Grazie grazie, molto gentile”. Non mi ha detto tesoro, forse perché era proprio piccolo, il rametto. Ma bello, proprio bello, ancora, anche se le mimose a Roma, fiorite prestissimo, cominciano già ad appassire. Dopo il secondo omaggio, ho cambiato strada al fine di evitare altri incontri di signore di una certa età desiderose della mia mimosa. Altrimenti a Bruna, mia moglie, avrei portato un ramo spoglio. Avrei fatto come mio padre con le anguille. E’ una storiella che mi raccontava mia madre. Uscito dall’ufficio aveva comprato anguille al mercato sapendo che piacevano tanto alla moglie. Arrivò a casa con un’anguilla. Non le aveva regalate per strada a sconosciute signore amanti delle anguille. Erano fuggite ad una ad una da un buco dell’involucro. Se ne avvide solo quando apri il pacco davanti alla moglie. Allora non esistevano i sacchetti di plastica.
Renato Pierri



Mercoledì 14 Febbraio,2018 Ore: 11:17