L'arcivescovo Negri e la sessuofobia nel nostro Paese

di Renato Pierri

Che cosa se non la sessuofobia poteva spingere l’arcivescovo Negri a scrivere, mentre a Manchester si piangevano i morti: "Figli miei, siete morti così, quasi senza ragioni come avevate vissuto. Non preoccupatevi, non vi hanno aiutato a vivere ma vi faranno un 'ottimo' funerale”? Che cosa se non la sessuofobia, poteva indurlo a scrivere: "Siete venuti al mondo molte volte neanche desiderati, e nessuno vi ha dato delle ragioni adeguate per vivere?”. Che cosa se non la sessuofobia, poteva indurlo, infine, a scrivere: “Si sono solo dimenticati di dirvi che c'è il Male. E il Male è una persona, non è una serie di forze o di energie. È una persona. Questa persona s'è acquattata lì durante il vostro concerto”. Il Male, in realtà, per l’arcivescovo è andare ad un concerto dove canta una ragazza che alle volte mostra le gambe nude. Se l’attentato fosse avvenuto in uno stadio dove il proprio “idolo” è un grande campione del calcio, oppure ad un concerto di un cantante maschio, il vescovo ci avrebbe risparmiato la sua letterina. E va bene, può accadere che un vescovo possa sproloquiare. Ma che cosa è successo dopo che la lettera è apparsa sui quotidiani? Questo non lo sapete e ve lo racconto. Il prete e scrittore Mauro Leonardi, che sessuofobo non è, ha criticato saggiamente e giustamente le “affermazioni sgangherate” (così le ha definite) del vescovo. Non l’avesse mai fatto! Aspri rimproveri gli sono piovuti addosso da tutte le parti. Il che significa che la sessuofobia regna ancora indisturbata nel nostro moderno Paese. Riccardo Cascioli lo ha attaccato su La Nuova Bussola Quotidiana. Giulio Luporini lo ha criticato su Il Sussidiario. Tutti persuasi che il Male consista nell’andare ai concerti di Ariana Grande. Poverina, ma che vi ha fatto? Il colmo lo ha raggiunto un lettore su Avvenire,it (non ce l’aveva con Mauro Leonardi), che ha scritto: “Ariana Grande è un’icona molto sessualizzata del complesso industriale mediatico. Quei bambini a Manchester sono morti sull’altare del loro idolo”. Lo riprende giustamente Marina Corradi su Avvenire, che scrive: “Per parlare così bisogna avere in mente un Dio terribile, arcigno, castigatore. Non di certo il nostro Dio, che è un Dio di misericordia, un Dio che ama e perdona con viscere materne. E nel grembo materno di Dio, ne siamo certi, non va perduta una sola delle lacrime dei padri e delle madri di Manchester”. Ma non si capisce bene chi dovrebbe perdonare il buon Dio, se coloro che sono responsabili dell’attentato, oppure i ragazzi che sono andati al concerto rock di Ariana Grande, o i genitori che li hanno accompagnati. Che sia un po’ bacchettona e un po’ sessuofoba anche Marina Corradi?
Renato Pierri



Lunedì 29 Maggio,2017 Ore: 13:52