L'aberrante credenza che la sofferenza sia quasi una grazia di Dio

di Renato Pierri

“La cultura occidentale consumista e edonista, che si illude di poter eliminare il dolore e la sofferenza dalla vita dell’uomo è ormai priva delle categorie cristiane per comprendere il valore della sofferenza e della Croce”. Con queste parole inizia un articolo di un sacerdote sul blog “Come Gesù” del prete e scrittore Mauro Leonardi. Ma è vero che la cultura occidentale si illude di eliminare il dolore e la sofferenza dalla vita dell’uomo? E chi potrebbe illudersi di eliminare la morte, la sofferenza per la perdita di una persona cara, la sofferenza per un amore non corrisposto, e per mille altri motivi? In realtà, è presente, grazie a Dio, nella cultura occidentale la speranza di eliminare per quanto possibile la sofferenza inutile, la sofferenza che non ha senso. E a dare questa speranza agli uomini è stato proprio Gesù Cristo. Fu lui con la sua predicazione e con i suoi miracoli a cercare di eliminare per quanto possibile la sofferenza dalla vita dell’uomo. Che cosa vuol dire, infatti, dar da mangiare all’affamato, se non alleviare o eliminare la sofferenza della fame? E non era Gesù che dava la vista ai ciechi, che guariva gli zoppi, i lebbrosi, i sordi? Gesù toglieva la sofferenza. Perché non si dovrebbe cercare di eliminare per quanto possibile la sofferenza se Gesù stesso lo faceva?
Un'errata interpretazione del vangelo, ha fatto diffondere l'aberrante credenza che il dolore degli uomini sia quasi una grazia di Dio, o perlomeno che la sofferenza, anche se evitabile, eliminabile, deve essere accettata, perché anche Gesù soffrì sulla croce. Il marito bastona tutti i giorni la moglie? La moglie deve stare zitta e buona perché anche Gesù soffrì sulla croce. E’ il senso di uno dei messaggi della strana Madonna di Medjugorje. Una Madonna che del vangelo aveva capito poco. Oppure erano i suoi presunti veggenti a non conoscere il vangelo?
L’autore dell’articolo cade nello stesso errore dei presunti veggenti di Medjugorje. Scrive, infatti: “Nella vita di alcuni mistici, oltre all’esercizio di tutte le virtù, l’amore per Gesù, vero Dio e vero uomo, li ha portati a desiderare di imitarLo e di condividere con Lui, in umile accettazione della Volontà di Dio, quelle sofferenze che ricevevano nella vita (prove, maltrattamenti, malattie, ecc …)”.
L’equivoco in cui sono caduti molti santi e in cui cade il sacerdote è credere che imitare Cristo sia soffrire anche se di soffrire non c’è alcuna necessità, anche se la sofferenza è evitabile. E tale era l’equivoco, che alcuni santi le sofferenze le invocavano da Dio, oppure se le procuravano. Ma questa non è imitazione di Cristo. L’imitazione di Cristo è altra cosa. Il Signore parlò di necessità della sofferenza per sé ( Lc 17, 25), ma non per gli uomini.
E’ pur vero che fu Gesù a dire: "Se uno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua". Ma che cosa significava? Prendere la croce anche quando era possibile evitarla pur seguendo Cristo? Neppure per sogno. Gesù intendeva: Se uno vuol venire dietro a me, deve essere disposto a subirne le inevitabili conseguenze, anche ad essere crocifisso. Non può essere altrimenti, giacché un padre amorevole non può volere la sofferenza dei propri figli, qualora la sofferenza sia inutile ed evitabile. Ritenere il contrario significa offendere Dio. E forse prima di parlare del valore della sofferenza, bisognerebbe pensare a tutti coloro che soffrono veramente, e che non vorrebbero affatto soffrire, soprattutto ai bambini che soffrono, bisognerebbe pensare. A coloro che aspettano gli venga tolta la sofferenza e non che gli si dica che la sofferenza è un valore. Andarglielo a dire, potrebbe anche irritarli un poco.
Renato Pierri



Domenica 26 Marzo,2017 Ore: 18:37