Chi vieta agli altri d'essere padrone della propria vita, si fa padrone della vita altrui

di Miriam Della Croce

Quando si affrontano temi delicati e gravi ad un tempo, importanti, la proprietà del linguaggio è un obbligo. Accade spesso, invece, soprattutto quando i sentimenti prevalgono sulla ragione, che si ricorra a termini impropri nell’illusione di convincere, così, l’interlocutore (o se stessi?). In realtà si ottiene l’effetto contrario. Sul blog Italians – Corriere della Sera del 20 marzo, il lettore Giuseppe Scalas nella lettera “Eutanasia: i medici da salvatori ad assassini?” scrive: “Qui si vuole proclamare il diritto ad essere ammazzati dallo Stato”. Il verbo “ammazzare” è improprio. Basta la consultazione di qualsiasi dizionario, per rendersene conto. Significa uccidere con mezzi violenti. E di norma si uccide con mezzi violenti, ma anche non violenti, chi non vuole assolutamente morire. Si tratta di un’azione senz’altro cattiva: il suo fine (uccidere chi non vuole per niente morire), infatti, è cattivo, ed è cattivo il mezzo cui si ricorre. Nel caso dell’eutanasia, il fine è senz’altro buono (porre termine alle sofferenze), il mezzo in sé è cattivo, ma necessario, giacché non c’è altra via per porre fine ad una vita considerata insopportabile dalla persona che invoca l’eutanasia. Altro termine improprio è “assassini”. E non c’è bisogno che spieghi. Il lettore parla di “etica della vita”. Esiste anche un’etica della qualità della vita, e pochi sanno che è l’etica evangelica. Per il Signore non sembra tanto importante quanto si vive, ma come si vive: se nel bene o nel male. La vita, quella terrena, possiamo anche perderla (cfr Mt 10,39); necessario è non sprecarla. Per chi la possiede, la vita in questo mondo non ha valore assoluto (cfr Gv 12,25).
Il fatto è che chi vieta agli altri d'essere padrone della propria vita, si fa padrone della vita altrui.
Miriam Della Croce



Martedì 21 Marzo,2017 Ore: 19:11