Lettera
Bimbi poveri oggi come tanti anni fa

di Carmelo Dini

Secondo “Save the children” nel nostro Paese circa 1 bambino su 20 non può contare su due paia di scarpe l’anno e non riceve un pasto proteico al giorno. I miei pasti giornalieri quando ero bimbo erano proteici? Non so. Di carne se ne mangiava poca. Di polenta se ne mangiava tanta. Di granoturco, e di farina di castagne. E devo dire che quest'ultima mi piaceva molto, e mi piaceva ancora di più se sulla polenta ci si metteva un po’ di latte. Nel latte ci sono le proteine. Lo andavo a prendere dal contadino appena fuori città, all’inizio della Foce, la strada che ancora oggi collega Carrara a Massa. Ci andavo con Attilio, un fratello appena più grande di me. Alle volte dovevamo aspettare che il contadino mungesse la vacca nella stalla. Il latte andava bollito prima di berlo. Anche il lardo in mezzo al pane mi piaceva moltissimo. C’erano in casa delle assi di legno, forse parti di un tavolo,  io e i miei fratelli mettevamo il panino con in mezzo il lardo fra le due assi e ci saltavamo sopra.  Il panino così schiacciato col lardo in mezzo era una squisitezza. Anche nelle uova ci sono le proteine. Una volta mia madre, vedendomi sciupato dopo essere stato a letto  malato, propose di darmi delle uova sbattute. E me lo fece  l’uovo sbattuto. Ma solo quel giorno. Un’altra cosa buonissima, ma non sempre si aveva la fortuna di mangiarne, erano le marocche. Si trovano ancora oggi nei forni di Carrara. Una sorta di pane fatto con farina di granoturco e farina di grano, diversi aromi e uva passa. Avevamo sempre appetito (o fame?) io e i miei fratelli. Mia madre non aveva bisogno di scuotere la tovaglia dopo mangiato, giacché le briciole di pane a una a una finivano tutte nelle nostre bocche. Non ricordo granché riguardo alle scarpe. Mi è rimasta in mente la frase che mi rivolse una volta Ugo, il calzolaio che aveva il laboratorio dove dimorava, nella soffitta, due tese di scale sopra la nostra casa: “Le tue scarpe hanno fame”. La bocca aperta affamata era sulla punta delle mia scarpe, la cui suola si era staccata dalla tomaia. Ricordo anche le mezzelune di ferro con i buchi, che venivano inchiodate sotto le scarpe per non consumare punte e tacchi. Ma forse la guerra era già finita al tempo delle mezzelune. Non era poverissima, la mia famiglia,  era povera, perché era una famiglia numerosa, ché mia madre era sempre incinta, e perché c'era la guerra. Oggi non c’è la guerra,  e sono trascorsi una settantina d’anni, e nel nostro paese ci sono grandi ricchezze, e per questo è assurdo che ci siano tanti bambini poveri, che un milione di bambini viva in condizioni di povertà assoluta. Credo che viviamo in una società profondamente immorale.
Carmelo Dini



Martedì 01 Dicembre,2015 Ore: 22:13