Lettera
Cara CGIL

di Paolo Rossi

Cara CGIL

sono un lavoratore del nord che ha cominciato a lavorare in fabbrica a sedici anni pensando di continuare per 35. Nel “96 ci hanno convinto che bisognava aggiungerne altri cinque per consolidare il sistema previdenziale. Recentemente, quasi di nascosto, ci hanno aggiunto prima un annetto e poi qualche mese, senza che i contributi versati migliorino il rendimento pensionistico. Quando avrò 58 anni, se non ci fregano ancora, lo stato comincerà a restituirmi i contributi che ho iniziato a versare 42 anni prima. Se rispetterò la mia aspettativa di vita, per 22 anni riceverò una pensione sempre più svalutata, se invece lascerò questa valle di lacrime in anticipo, solo una parte di quei soldi sarà reversibile a mia moglie.

Il salario netto di un dipendente che guadagna 1400 euro, frutta allo stato oltre 2700 euro annui di irpef, altri centinaia di euro se li pigliano regione e comune, e ben 7800 sono versati per i contribuiti previdenziali. Con 42 anni di contribuzione ti danno una pensione di circa 1200 euro al mese che vent’anni dopo varrà forse la metà. Non credo proprio di pesare sulla collettività andando in pensione a 58 anni dopo quasi 42 di contribuzione, anzi ho la sensazione di essere derubato, e mi girano molto quanto sento politici di tutte le razze, da Straguadagno a Rutelli a Renzi, parlare a vanvera dei miei soldi e quindi della mia vita.

In un paese con centinaia di miliardi di evasione, mafia camorra e ‘ndrangheta, lavoro sommerso, caste e corporazioni intoccabili, politici incapaci, clero parassita, enti e cariche inutili, sprechi e ruberie, nani, ballerine, calciatori e cialtroni ad ogni angolo, mi è insopportabile anche solo l’idea che pensino di mettere ancora le mani nelle mie tasche per qualsiasi motivo, e sono pronto a fare di tutto quanto è lecito per impedirglielo.

Paolo Rossi



Sabato 27 Agosto,2011 Ore: 15:41