Lettera
LIBIA E DINTORNI

di Vincenzo Lombardo

Breve nota scritta prima dell'intervento "umanitario", con un punto di vista non confezionato dai media dominanti.


(2 -03-11)
Non sono studioso di niente né sono un esperto di relazioni internazionali. Eppure vorrei provare ad esprimere una personale idea su quanto sta avvenendo in Nordafrica, soprattutto in Libia, riflettendo su alcuni fatti oggettivi- la crisi della globalizzazione capitalistica- e alcuni dati che spesso vengono obliati quando si affrontano temi di portata globale, rischiando così di fornire approcci e visioni parziali.
Partirei dal “Progetto per l’America del XXI secolo”( Project for the New American Century) elaborato dalla destra americana e che ha tra i suoi estensori Bush, Cheney più altri e include tutta l’intellighenzia repubblicana statunitense. Il punto centrale di quel progetto è che gli USA hanno il diritto di intervenire militarmente ovunque nel mondo quando e se, a loro insindacabile parere, vengono intaccati gli interessi americani. Si parla di “interessi”, non di democrazia e diritti umani. Non credo ci voglia molta fantasia per capire chi stabilisce quali sono gli interessi degli USA o bisogna esplicitare che le multinazionali dettano l’agenda della politica dei governi. Per inciso vorrei ricordare che nell’antivigilia delle ultime elezioni presidenziali americane fu chiesto ad Al Gore, all’apice della notorietà mondiale per aver vinto il Nobel per il suo impegno a favore dell’ambiente, testimoniato dal suo bel documentario Una Verità Scomoda, dicevo, fu chiesto a Gore come mai non si candidasse per le presidenziali, né come presidente né come vicepresidente. L’uomo ebbe l’onestà di dire che essendo stato vicepresidente aveva constatato come fosse impossibile operare cambiamenti dall’interno dell’amministrazione in considerazione dei condizionamenti operati dalle lobbies degli affari, dell’economia e soprattutto dell’industria bellica. Bisogna aspettare qualche rivelazione di Wikileaks per capire che Obama non si discosta di un millimetro dalla filosofia di quel progetto? Tutto può cambiare nella politica americana, tanto per dire, tranne che in politica estera. Anche Obama è stato onesto quando ha detto che non si aspettava il premio Nobel per la Pace. In effetti non c’era e non c’è ragione fondata per una tale attribuzione. Difatti la politica americana di espansione imperialistica non si è fermata sotto alcun governo. Sembra inutile richiamare le guerre in Iraq e Afghanistan e le interferenze in Africa ed Europa (Somalia, Sudan, Egitto; Georgia, Bielorussia e tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia), per non parlare delle intromissioni in Asia.
Altro tassello del mosaico è la NATO (North Atlantic Treaty Organization). Come dice l’acronimo si tratterebbe - si trattava - di un organismo sorto per difendere i paesi del Nord Atlantico, dagli USA e Canada ai paesi dell’Europa occidentale, dalle minacce del Patto di Varsavia. Un patto difensivo, dunque. Non si capisce che c’entra la sua presenza in Afghanistan, ed ora la minaccia di un suo intervento in Libia, se non si accetta la verità non dichiarata che questo organismo è mutato geneticamente, passando da patto difensivo a patto aggressivo a disposizione del “progetto” americano e dei suoi alleati-sudditi per difendere gli “interessi” americani e quelli dei suoi alleati nel mondo, in parole più semplici si tratta del braccio armato della volontà imperialistica dell’occidente.
Un ulteriore tassello è costituito dalla prepotente espansione commerciale della Cina in Africa, frutto di una politica di cooperazione con gli stati africani che non si è servita della strategia di secessioni e colpi di stato per coltivare i propri interessi. E’ lecito domandarsi se il capitalismo in crisi può accettare, senza reagire, che un potenziale immenso mercato come quello africano possa essere lasciato nella mani dei cinesi, i quali si avviano a diventare la prima potenza economica del mondo, dopo aver già superato il Giappone come seconda potenza? Agli occhi di un comune osservatore, non asservito, in qualità di esperto o consulente, ai desiderata del proprio committente, il boccheggiante capitalismo globale non può accettare una simile prospettiva, pena il rischio della sua scomparsa. Ha disperato e urgente bisogno di collocare al centro del Nord Africa, costi quel che costi, una testa di ponte politico-militare che gli consenta di controllare e condizionare non solo almeno tutta l’area africana al di sopra dell’Equatore ma l’intero Medio Oriente. E non è da escludere che una presenza occidentale così diretta nel cuore del Mediterraneo possa facilitarle il compito di interloquire in prima persona con il mondo arabo e il popolo palestinese, affrancandosi per questa via dalla necessità di appaltare l’incarico ad Israele, divenuto ormai un ostacolo alla presenza strutturata ed organica dell’Occidente nell’area mediorientale.
Infine Gheddafi. Di colpo sono stati dimenticati i suoi meriti storici. Aver liberato la Libia da una monarchia feudale e dalla sudditanza coloniale pare non importare più a nessuno, neanche a quella sinistra che per decenni ha visto in lui un campione della libertà e dell’indipendenza nazionale. Ora è solo un assassino. Mi viene da pensare, proprio come Saddam che ieri stava distruggendo l’intero pianeta con le sue armi di distruzione di massa. Certo le degenerazioni connesse alla gestione personalistica e familiare del potere sono presenti anche nel caso Libia. Da questo a rimanere indifferenti dinnanzi al tentativo dei sobillatori occidentali di sgretolare l’integrità nazionale - per l’ennesima volta - e scatenare una guerra di aggressione in nome della democrazia e della libertà ne corre parecchio. Non sono pro rais, ma non sono così stupido da pensare come i media di loro signori vogliono che pensi.

Vincenzo Lombardo
Raffadali  



Giovedì 25 Agosto,2011 Ore: 15:04