Lettera
Le parole che vengono spontanee sono forse le preghiere pių belle.

di Renato Pierrri

Su D di Repubblica del 19 dicembre, una signora scrive a Umberto Galimberti, giustamente indignata per la  geniale trovata del rosario elettronico. Il professore le dà ragione. Sono pienamente d'accordo con la signora e con Galimberti: è un'assurdità. Ma a me sembra un'assurdità anche il rosario non elettronico. Centocinquanta Ave Marie, divise in decine, intercalate dalla recita del Pater Noster e del Gloria, con meditazione, tra una decina e l'altra, dei Misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi, ai quali Giovanni Paolo II ebbe la splendida idea di aggiungere i Misteri della Luce, portando così le Ave a ben duecento. Celiando, oserei dire che l'interminabile "preghiera" sarà venuta a noia persino alla Madonna. Gesù aveva pur detto che bisogna pregare con insistenza (Lc 11, 5 - 10), ma pregare con insistenza non significa ripetere all'infinito gli stessi discorsi, mentre il pensiero vola altrove; non significa salutare Maria duecento volte di seguito, e dirle duecento volte che è piena di grazia, e duecento volte che il Signore è con lei. La preghiera cristiana non è una formula magica. Gesù insegnò agli apostoli a parlare con Dio come fa  un figlio con un padre amorevole"Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli..." (Mt 6, 9ss). "Padre" traduce l'aramaico abbâ, modo familiare di rivolgersi a Dio. Ma ci si può rivolgere a Dio anche senza recitare preghiere. Le parole che vengono spontanee sono forse le preghiere più belle.

Renato Pierrri



Venerdė 24 Dicembre,2010 Ore: 16:58