Lettera
Gianfranco Ravasi si affanna invano

di Renato Pierri

Invano si affanna Gianfranco Ravasi (Osservatore Romano del 9 febbraio), per dare un senso alla sofferenza di un innocente, perché gli riesce difficile ammettere che la sofferenza inutile senso non ha. E la sofferenza di un bambino è inutile e senza senso. Scrive che lo scrittore abruzzese Flaviano nel 1960 aveva pensato a un romanzo-film di cui è rimasto solo l’abbozzo, dove si immaginava il ritorno di Gesù sulla terra, infastidito da giornalisti e fotoreporter, ma, come un tempo, attento solo agli ultimi e ai malati. Ed ecco, “un uomo condusse a Gesù la figlia malata e gli disse: «Io non voglio che tu la guarisca ma che tu la ami». Gesù baciò quella ragazza e disse: «In verità, quest’uomo ha chiesto ciò che io posso dare»".  Bene, Flaviano si figurava un padre poco amorevole, diverso da Giairo che a Gesù chiese la guarigione della figlia,  e un Gesù diverso dal Signore del Vangelo: "Giairo...lo pregava con insistenza: «La mia figlioletta è agli estremi. Vieni e imponile le mani, affinché sia salva e viva» ( cf Mc 5, 22-21). E Gesù la guarì. Stando al Vangelo, il dolore del Cristo in croce ha un  senso: «E' necessario che il Figlio dell'uomo soffra molto» (cf Lc 9,22). Il Signore parlò di necessità della sofferenza per sé, non per gli uomini, salvo che questa non sia la conseguenza inevitabile dell'amore per il prossimo. E' impossibile, basandosi sulla ragione e sul Vangelo, dare senso alla sofferenza di un bambino. Ed è impossibile consolare un genitore che vede il suo bimbo soffrire e morire anzi tempo, dicendogli che Dio ama quella creatura. Dio ama tutte le sue creature, sofferenti o non sofferenti. Consolare in tal modo un piccolo malato, è ancora più assurdo.

Renato Pierri



Mercoledì 10 Febbraio,2010 Ore: 16:49