Islamofobia
Volevano una fatwa contro il Ramadan

di hamza r. piccardo

Dal sito www.islam-online.it

La strampalata lettura di una disposizione della Legge 81/2008 sulla sicurezza sul lavoro e la solita enfatizzazione giornalistica ha catalizzato sull’imminente Ramadan l’attenzione nazionale. Bene! ora tutta l’Italia sa che sta per cominciare, inch’Allah!
Sembrava infatti che nel mantovano fosse stato istituito un nuovo reato, quello di “digiunare e lavorare al contempo”. Pena, se recidivo dopo formale richiamo, il licenziamento in tronco. Si può ben immaginare lo scoramento e forse anche la rabbia di quel milione circa di musulmani che stanno preparandosi ad assolvere il precetto a partire da venerdì o sabato 21 o 22 . E anche la perplessità della gente comune “poverini, così almeno possono bere!” , “beh basta che non ne approfittino per lavorare di meno, facciano quello che gli pare .” fino alla malevolenza ” Si credono di fare da noi come se fossero a casa loro. Rigare dritti e lavorare, altrimenti …aria..”.
Siamo talmente abituati alla maniera in cui viene trattata e appunto enfatizzata ogni notizia che ci riguardi o in qualche maniera ci sfiori che abbiamo approfondito la notizia per capirne i termini e la portata parlando con nostro fratello Hammadi Ben Masour, esponente di punta della comunità mantovana, persona di dialogo e di grande relazione con le istituzioni.
Sembra -ci ha detto-che impenditori e sindacati volessero una fatwa (alla Bourghiba ndr) . Insomma chi lavora in modo penibile si sforza, chi si sforza è in jihad, chi è mujahid non è tenuto al digiuno.
Ben Mansour ha giustamente risposto che non c’era bisogno di nessuna fatwa perché il fiqh, la giurisprudenza islamica prevede ampiamente che il credente che ritenga di non poter digiunare per ragioni di forza maggiore, non pecca, a condizione che nel corso dei successivi 12 mesi recuperi i giorni mancati.
In diverse riunioni avute con gli imprenditori che stanno raccogliendo sui campi è emersa un’ipotesi tranquillizzante ma non definitiva. “Insomma - hanno detto gli agricoltori- noi non obbligheremo nessuno a bere pur mettendo acqua a disposizione di tutte le maestranze e non licenzieremo nessuno“. Bene un’altra volta! Tuttavia se dipende dalla buona volontà e non da un riaffermato principio di libertà religiosa il problema non è risolto e si potrebbe riproporre altrove e magari con maggior virulenza.
Digiunare a Ramadan è la pratica di gran lunga più seguita dall’insieme dei musulmani e delle musulmane del mondo. Dall’adolescenza alla vecchiaia, dalla prima luce dell’alba fino al completo tramonto del sole, nel IX mese del calendario lunare, il musulmano digiuna, si astiene totalmente da cibo, acqua e relazioni sessuali, oltre al fumo per chi ne è afflitto.
Ostacolare o impedire la pratica del digiuno sarebbe una gravissima violazione della Costituzione italiana, della Dichiarazione Universale dei Diritto dell’Uomo e dello Statuto delle Nazioni Unite cui l’Italia aderisce. Nessuno vuole cassare o ignorare la norma di legge ma si può certamente leggerla in termini di tutela in extremis, non di più.
Utili strumenti possono essere messi in campo per diminuire i disagio di chi deve trascorrere una dura giornata di lavoro, spesso di 10 ore, assolvendo al digiuno rituale. Esentarli dallo straordinario su loro richiesta, anticipare l’orario d’inizio lavoro quanto più possibile, permettere una pausa all’ombra nelle ore più calde della giornata, favorire i digiunanti attribuendo loro mansioni di minor dispendio di energia.
E’ solo una questione di apertura alla buona volontà, da un a parte e dall’altra, e se alcuni o tutti i suggerimenti saranno posti in essere, praticamente a costo zero, avremo un doppio vantaggio per tutti. Il primo è quello dell’imprenditore che non si esporrebbe a turbative del lavoro e vertenze in caso di brutale applicazione della norma e dall’altra di chi vedendosi rispettato nella sua sacralità assumerebbe un atteggiamento di maggior disciplina e lealtà produttività.
braccianitidel Mali
In un discorso famoso Sarkozy ebbe a dire che “La France on l’aime ou on la qitte” (la Francia se non la si ama la si lasci), beh al momento non amo particolarmente l’Italia e ogni tanto penso di lasciarla, Ahmadou invece, il bracciante ghanese che sta vivendo allo spasimo il suo progetto d’immigrazione deve amarla per sopportare tutto quello che sta subendo. Se l’Italia si comporterà bene con lui sarà amore e sull’amore si costruiscono solide case future… inch’Allah.

Controcanto di questa vicenda la notizia che in una regione del Regno Unito la direzione di polizia ha previsto un foulard per le poliziotte (a prescindere dal loro credo o non credo) che debbano operare in contesti islamici (leggi moschee, madrase ecc.)poliziotta UK in moschea

inna ma` al-yusri yusra (in verità per ogni difficoltà c’è una facilità) Corano XCIV,5.

hamza r. piccardo



Venerd́ 14 Agosto,2009 Ore: 22:01