Pakistan Basta col massacro di credenti musulmani... in nome di Dio

di Amina Salina

«Sii buono con tutte le creature, per l'amor di Dio, o per tranquillità della tua stessa anima, affinché i tuoi occhi contemplino sempre l'Amico. L'odio non deve entrare nel tuo cuore a causa di figure che ti disgustano» 121. Sulami Libro della Cavalleria Islamica
 
 Non so a quale religione e a quale Dio si riferiscono i criminali che in nome dell’Islam uccidono civili innocenti soprattutto donne e bambini in Pakistan. L’ultimo orribile massacro alcuni giorni fa fatto a Lahore presso il santuario di Syed Ali Hajaveri (Noto come Data Ganjbakhsh), ha avuto come tragico esito oltre 45 morti in una delle maggiori moschee sufi della metropoli pakistana. Ammazzare vigliaccamente povera gente in un luogo sacro è quanto di più disgustoso possa esistere per qualsiasi etica religiosa o meno.
Anche la Chiesa cattolica ha solidarizzato con le vittime. Si tratta della grande moschea di una rispettabile scuola Sufi che ha più di mille anni e i cui maestri spirituali discendono da celebri maestri dei primi secoli dell’Islam. Ecco il giudizio di un celebre maestro sufi Seyed Moinuddin Chisthi Ajmeri sul suo amico Ganjbakhsh è per il popolo la manifestazione della Luce di Dio. Una guida perfetta per gli imperfetti e una guida per i perfetti Raza Rumi, esperto pakistano di sufismo, scrive sul suo sito web: “Questo è un attacco barbaro e deve servire come un allarme. Il santuario di Data Saheb non è solo un posto affollato come un altro. Esso rappresenta un millennio di islam sufi tollerante, che è messo sotto attacco diretto dai puritani [fondamentalisti]. L’anno scorso vi sono state minacce e il governo ha chiuso il luogo per uno o due giorni. Questa volte il peggiore degli incubi è divenuto realtà”.
Fiero avversario dei talebani, che pure si sono dissociati dall’ultimo attentato, Mustafa Ansari continua la tradizione di famiglia. Affiliato a quattro Scuole afferma nei confronti dei talebani: «Cercherò di spiegare questo fenomeno - dice - citando il Corano (sura 62, versetto 5). Si riferisce a chi studia la Torah o la Sharia ma non è in grado di assimilarla personalmente. Una persona del genere è come un asino che porta in groppa un carico di libri: la sua conoscenza non ne è accresciuta in alcun modo». Prosegue Ansari: «Nella storia il problema si manifesta quando la capitale del mondo islamico passa dalla penisola arabica a Damasco. La ricchezza e il potere corruppero la purezza dell’Islam originario. Il vero Islam rimase celato dietro la ricchezza e il potere e il volto superficiale della fede emerse sotto la forma di rituale come la vera rappresentazione. Nella tradizione islamica c'e un hadith che fa riferimento a gente molto praticante ritualmente il cui cuore non sarà riempito dalla fede perché essa lo attraverserà senza che i suoi frutti maturino nel cuore. In effetti se è vero che secondo un Hadith Qudsi: "L'intero universo non può contenerMi, ma il cuore del mu'min Mi contiene" e' pur vero che il cuore del Credente deve essere interamente volto ad Allah e non al mondo. Questo rivolgimento del Cuore presuppone la sopportazione del male e il combattimento per dei fini leciti con mezzi leciti. Non è lecito distruggere la vita umana in tempo di pace o di guerra colpendo civili inermi di qualsiasi fede essi siano, peggio ancora se musulmani volti in preghiera. Per questo, nonostante non condivida affatto l’appoggio che alcune confraternite sufi stanno dando al governo Karzai avallando così l’occupazione militare alleata, non posso che condannare questi attentati, compiuti in un paese che vuole vivere in pace, come un crimine contro l’umanità, meritevole della più dura condanna presso la legge umana e quella divina.
 salam
amina salina


Sabato 10 Luglio,2010 Ore: 20:31