Iran
Difendere la rivoluzione islamica, ampliare i diritti e la giustizia

di Amina Salina

Certamente la maggior parte delle persone che si stanno indignando per quello che è accaduto in Iran in queste ultime settimane, sono mosse da nobili ideali, la salvaguardia della pace nel mondo, la libertà la giustizia sociale. Certamente la brutalità della repressione fa riflettere su una frattura che sembra incolmabile tra riformisti e conservatori nella Repubblica Islamica dell'Iran.
Ma è altrettanto vero che gli USA ed Israele stanno facendo di tutto perché la situazione iraniana imploda con conseguenze imprevedibili e tutt'altro che positive per lo stesso popolo iraniano, fomentando un vero e proprio colpo di stato controrivoluzionario che, fortunatamente, non c'è stato e che credo non arriveranno a mettere in atto.  I media occidentali hanno dato per scontato la favola dei massicci brogli elettorali. Il Governo iraniano ha denunciato una differenza di tre milioni di schede che però non fa scendere di molto il consenso plebiscitario dato ad Ahmadinejad dai poveri e dalle masse diseredate. Le elezioni sono quindi valide e non c'e motivo per rifarle.  L'opposizione chiedendo le dimissioni del capo dello Stato - i cui poterti sono oltremodo limitati dagli altri poteri statali - si sono chiusi in un vicolo cieco mentre avrebbero dovuto chiedere delle riforme. Gli americani lo sapevano benissimo e non potevano, visto il cambio di politica estera, assecondare Israele che avrebbe voluto l'attacco militare all'Iran a freddo. Stanno costruendo un’altra motivazione per la guerra, una nobile motivazione legata ai diritti umani. Così hanno cominciato ad inondare internet ed i cellulari di notizie false ed inverificabili in Iran e sull'Iran, per far esplodere la rabbia degli studenti, provocare un bagno di sangue, scatenare la reazione internazionale ed attuare un golpe o un’invasione sotto la bandiera dei diritti umani. Comodo alibi per bombardamenti al fosforo, stragi di invitati ai matrimoni, come stanno continuando a fare in Afghanistan. La stessa stampa americana denuncia il fatto che molti analisti si aspettavano una vittoria sgradita come quella di Hanyeh in Palestina. Da un sondaggio condotto in Iran da Ken Ballen, del Center for Public Opinion e da Patrick Doherty del New America Foundation (entrambe associazioni nonprofit), fonti quindi indipendenti, risulta il contrario della situazione descritta dai media ufficiali. Il sondaggio è stato finanziato dal Rockfeller Brothers Fund ed è stato condotto in persiano (farsi) da una squadra il cui lavoro nella regione per ABC News e BBC ha ricevuto il premio Emmy. I risultati sono stati pubblicati nel Washington Post del 15 giugno.
 Da quel sondaggio risulta che il risultato elettorale rispecchia il volere della maggior parte degli iraniani. Il sondaggio rivela inoltre importanti informazioni. I due studiosi autori del sondaggio, affermano che soltanto tra le classi benestanti - l'uno due per cento della popolazione - il voto dato a Mussavi superava quello dato ad Ahmadinejad e che:“Molta attenzione è stata data ai giovani iraniani e al ruolo di internet come decisivi nelle elezioni di venerdì. Il nostro sondaggio, al contrario, ha dimostrato che soltanto un terzo degli iraniani ha accesso a internet, mentre la fascia d’età compresa tra i 18 e i 24 anni è risultata la più favorevole ad Ahmadinejad rispetto alle altre”. (Vedi http://www.comedonchisciotte.net/modules.php?name=News&file=article&sid=1593 in SIETE PRONTI PER LA GUERRA CONTRO IL TANTO DEMONIZZATO IRAN ? DI PAUL CRAIG ROBERTS onlinejournal.com)
È necessario chiarire che noi come musulmani non possiamo rimanere neutrali,  e che tra l'infeudamento del Paese ad un regime fantoccio di tipo iracheno o afghano ed il mantenimento della Repubblica Islamica antimperialista e anticapitalista, scegliamo di difendere quest'ultima. Senza nulla togliere alle critiche ad una gestione talvolta ottusa del conflitto socialen possiamo tranquillamente affermare che l'Iran è una democrazia seppur di tipo inedito per gli standard occidentali, che l'Iran è un Paese che da secoli non ha mai attaccato nessuno. L'Iran è, infatti, una democrazia che pretende di unire potere spirituale e temporale nelle due figure della Guida Suprema, che detiene un immenso potere religioso e politico, e del garante della nazione, che è il Presidente della Repubblica eletto dal popolo a suffragio universale - così come il Parlamento- che però ha dei poteri limitati.
Lo stesso Ahmadinejad è stato più volte criticato dai media iraniani in patria. I vari poteri si ripartiscono la gestione dello Stato e dell'Amministrazione e dentro ogni centro di potere ci sono riformisti e conservatori. Anche il clero è diviso e anche la stessa sinistra iraniana, che negli anni Settanta aveva aderito all'islamo-marxismo di Ali Shariati, oggi è spaccata in due tronconi. Il Paese è si una potenza regionale ma ha enormi problemi legati soprattutto alla disoccupazione massiccia, alla situazione di povertà nelle campagne, mentre dal punto di vista dell'istruzione - incluso femminile- in trent'anni l'Iran ha avviato uno dei più grandi processi di immissione nell'istruzione superiore ed universitaria di centinaia di migliaia di giovani delle classi povere, immettendo le donne nei luoghi di lavoro allo stesso livello degli uomini e mantenendo un certo grado di pluralismo politico ed ideologico superiore a quello in atto in molti Stati arabi. C'è anche da dire che se la rivolta degli studenti si presenta come un sessantotto iraniano, ricordiamoci di quello che Pasolini disse del Sessantotto italiano. La prova generale del consumismo di massa, incluso sessuale, è la porta principale della dimenticanza di Dio. Più che di rivoluzione si dovrebbe parlare di contro rivoluzione di ceti minoritari pro-capitalisti legati alle borghesie dei paesi occidentali, il cui standard di vita non ha nulla a che fare con l'Islam. Credo che non tutti i manifestanti siano di quel tipo ma una buona parte rientra certamente in quella borghesia avida di denaro e successo che vuole consumare sempre di più, togliendo punti di PIL ai poveri delle sterminate periferie e delle campagne il cui sviluppo sarebbe ancora una volta rimandato per mancanza di fondi. D'altronde in questi ultimi vent'anni dalla caduta dei regimi comunisti il mito del progresso è stato definitivamente sotterrato dalla storia. Se rivoluzione vuol dire togliersi il velo per andare a vivere in America no Grazie. Se vuol dire promiscuità sessuale, alcool e droga, ne facciamo volentieri a meno. Ancor peggio se vuol dire che la stragrande maggioranza degli iraniani finanzierà i lussi di un’elite come stiano facendo noi in Italia.
 Chissà chi sarà il Berlusconi della situazione, forse lo stramilionario Rafsanjani, i cui interessi commerciali sono enormi. Insomma una specie di Robin Hood alla Tremonti, togliere ai poveri per dare ai ricchi. E soprattutto legarsi organicamente al capitalismo internazionale e quindi all'economia basata sull'usura che, come è noto, in Iran è severamente proibita. Altro che diritti civili qui si rischia l'irachenizzazione di un Paese di grande e nobile civiltà.
salam
amina salina   


Domenica 05 Luglio,2009 Ore: 16:06