Papa Francesco non è più pacifista???

di Enrico Peryretti

Di seguito un articolo di Lugi Accattoli sullo stesso argomento


   Oggi Giuliano Ferrara (il papa degli "atei devoti") scrive che papa Francesco, chiedendo la "non inerzia" della comunità internazionale, chiede l'intervento militare contro l'Isis. Ma Francesco ha pure denunciato con forza, a Pasqua, "i mercanti di armi, che guadagnano sul sangue di uomini e donne".
   Lo stesso Marcello Veneziani (intellettuale tutto di destra), che conduce "Primapagina", nelle risposte agli ascoltatori intervenuti, dice che l'intervento occidentale in Siria, Libia, Iraq per alimentare le rivolte  (contro dittature, sì, ma capaci di controllare le violenze ora scoppiate) ha scatenato il fenomeno Isis. Una causa non può essere il rimedio. Ma togliere la causa, sì.
   Nelle "primavere arabe" bisognava rispettare la qualità nonviolenta originaria.
   Il ministro Gentiloni torna a parlare di intervento militare, pur insistendo che non è l'unica opzione. Interventi economici, umanitari, e soprattutto culturali, di colloqui e intese interreligiose di alto valore nell'opinione mondiale, possono agire a fondo. L'Islàm va aiutato con tutta la nostra  solidarietà a reagire con tutta la forza morale, per gestire senza violenza la differenza interna sunniti-sciiti. L'impegno ecumenico e interreligioso cristiano può essere esempio e aiuto.
   Il notiziario www.ildialogo.org pubblica oggi questo commento alle notizie del giorno, di cui condivido la preoccupazione:
   « In Vaticano sembra prevalere quella parte che vuole lo scontro fra le religioni ed in particolare tra cristiani e musulmani. Finora Papa Francesco aveva puntato giustamente il dito contro i mercanti delle armi e contro l'orrore di tutte le guerre. Oggi sembra prevalere l'appello a difendere i cristiani uccisi, quasi dimenticando tutti gli altri uccisi di religione non cristiana e innanzitutto musulmani. Era prevedibile che gli attacchi contro i cristiani sarebbero aumentati a dismisura. Chi dirige la "terza guerra mondiale a pezzi" sta utilizzando il tema dell'attacco ai cristiani fin dall'11 settembre del 2001. Cadere in questa trappola e non vedere che tutte le religioni sono a rischio è un grave errore che finora Papa Francesco aveva evitato. È sbagliato fare appello alla sola difesa dei cristiani perchè così si favorisce la "guerra di religione" e i mercanti di armi. Bisogna fare appello all'unità di tutte le religioni contro tutte le guerre, che è l'unico modo per salvare vite umane, di qualsiasi religione esse siano. Uomini e donne di pace cercasi ».
   Contribuiamo tutti attivamente a cercare gli atteggiamenti più positivi. Far guerra alla guerra è nuova guerra. Tagliare i rifornimenti materiali e mentali ai violenti è la via di una vera soluzione. Utilizzare per profitto economico e politico conflitti sanguinosi è crimine pari ai crimini più crudeli.
Enrico Peyretti

Il Papa: il mondo non resti inerte La Cei: non incita a guerre sante
di Luigi Accattoli
in “Corriere della Sera” del 7 aprile 2015
Parole forti del Papa sui cristiani perseguitati quelle di ieri, come già quelle di venerdì, tant’è che qualche osservatore ha parlato di una «svolta» nell’atteggiamento della Santa Sede e ieri è intervenuto il segretario della Cei Nunzio Galantino a precisare che Francesco ha sì «chiamato per nome le cose» nella sua denuncia delle persecuzioni ma non ha incitato alla «guerra santa».
Venerdì, in due diversi interventi, aveva qualificato come «atto di brutalità insensata» la strage di Garissa in Kenya e aveva scongiurato i cristiani a non coprire «con il loro silenzio complice» la sorte dei «fratelli perseguitati, decapitati e crocifissi per la loro fede». Ieri ha ripetuto l’appello, con parole ancora più incisive sulle responsabilità della comunità internazionale. Lo ha fatto salutando a mezzogiorno dalla finestra una delegazione del Movimento Shalom impegnato ad attirare l’attenzione sui cristiani perseguitati. Li ha esortati a continuare nella loro
campagna «a difesa e protezione dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, perseguitati, esiliati, uccisi, decapitati per il solo fatto di essere cristiani: loro sono i nostri martiri di oggi, e sono tanti, possiamo dire che sono più numerosi che nei primi secoli».
Questo l’appello al mondo: «Auspico che la comunità internazionale non assista muta e inerte di fronte a tale inaccettabile crimine, che costituisce una preoccupante deriva dei diritti umani più elementari. Auspico che non volga lo sguardo dall’altra parte».
Il tono degli appelli papali era salito di intensità già domenica 15 marzo, quando aveva esclamato: «Che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace». Ma forse la parola più forte che abbia pronunciato su questo argomento è quella del messaggio «Urbi et Orbi» di domenica, quando ha detto con uno sdegno che gli scavava il volto: «Pace chiediamo per questo mondo sottomesso ai trafficanti di armi, che guadagnano con il sangue degli uomini e delle donne».
A che mira il Papa con questi appelli? Sempre domenica ha detto che i cristiani non devono «cedere all’orgoglio che alimenta la violenza e le guerre» e un attimo dopo ha ripetuto la chiamata alla comunità internazionale perché «non resti inerte di fronte all’immensa tragedia umanitaria» dell’Iraq e della Siria. Siamo dunque in zona Isis: che vorrebbe il Papa che il mondo facesse contro l’Isis?
Francesco ha precisato più volte lungo l’ultimo anno che l’uso delle armi per «fermare l’aggressore» è legittimo, ma non lo deve decidere un solo Paese. Egli chiede — in sostanza — una concertazione in sede Onu che programmi sia un intervento di polizia internazionale ampiamente condiviso, sia uno straordinario aiuto umanitario per la ricostruzione e il rientro dei profughi.



Mercoledì 08 Aprile,2015 Ore: 22:25