Altra lettera a papa Francesco

di Mario Mariotti

Caro Francesco, a Cagliari non mi sei piaciuto, non hai lavorato bene. Non avevi bisogno di andare fin là per dire agli operai che, senza lavoro, non c’è dignità. I disoccupati sardi lo sanno benissimo, e l’andare a dirglielo è una presa in giro, come una presa in giro è quella di invitarli a continuare ad avere speranza.
In cosa dovrebbero sperare quei poveri operai disoccupati, vittime di un sistema, di una forma di organizzazione economica della società, che strutturalmente emargina una parte, la non competitiva, ed è la macchina che genera, produce e mantiene i poveri stessi, e le differenze abissali fra loro ricchi?
Devono sperare in Nostro Signore, che decida di farsi imprenditore e crei dei nuovi posti di lavoro più competitivi, in modo che loro possano restare sul mercato, magari emarginando altri operai meno competitivi? Devono sperare nella conversione dei ricchi alla condivisione, la qualcosa a dire che è pura fantascienza si pecca per eccesso di realismo, dato che i ricchi sembrano liberi, ma di fatto, sono squallidi galoppini di sua maestà mammona?
No, caro Francesco, senza diagnosi non c’è terapia. Senza dare il nome al cancro, che si chiama capitalismo, mercato e competizione, non si può trovare la terapia, che si chiama socialismo, o comunismo, o economia di comunione. Senza il nome della malattia e della terapia per curarla, tu stai seminando alienazione, e gli operai sardi e non solo sardi, hanno bisogno di tutto meno di questo, di alienazione.
A fare questo si è impegnata negli ultimi 50 anni il pontificato della televisione, con la cultura americana del “beati i ricchi” ivi contenuta. E siccome senza l’accusa dei peccati, dei propri peccati, non si può usciere dagli stessi e mettersi sulla via della verità e della giustizia, tu stesso e la tua chiesa cominciate ad accusarvi di non avere ancora detto né il nome del cancro, né la cura per uscirne. Il pentimento passa di qui, e la conversione sta nell’iniziare a chiamare la malattia capitalismo, e il modo di uscirne economia di comunione. Ecco che la tua visita in Sardegna avrebbe potuto avviare un processo di liberazione.
Se non hai le idee chiare sulla malignità del capitalismo, può andare a leggere Marx; ma dato che hai in mano il Vangelo, guardalo con attenzione, e vi troverai ben marcata sia l’analisi, il “guai ai ricchi”, che il progetto, la cultura del necessario e la condivisione con amore. Per non fare venire un infarto ai cattolici-doc, non usare il termine comunismo, e parla di economia di comunione.
Pensa a come si determina e si organizza la famiglia, e arriverai al “tutto a tutti e a ciascuno secondo il suo bisogno”, al modello in cui ciascuno contribuisce al bene comune secondo i propri talenti, e riceve dagli altri il necessario e la gioia; alla logica della condivisione per scelta ed al primato degli ultimi, che dovrebbero costituire l’oggetto delle cure di tutti.
Se non ti incammini in questo percorso, anche tu starai tradendo i poveri, come ha fatto la Chiesa dal tempo di Costantino ad oggi, perché è sempre rimasta in simbiosi col potere, e non ha mai preso le distanze dalla ricchezza e dallo stesso potere. Il nome che hai scelto allude al progetto di una Chiesa finalmente povera: prova ad educarla a dire il nome del cancro e quello della terapia, a prendere le distanze dal primo e a praticare la seconda, condividendo le ricchezze, i privilegi, i patrimoni, l’oro dei santuari, con lo sterminato popolo dei fuori mercato della Terra. E lascia stare la speranza, che è un nome compromesso perché allude ad una giustizia, ad una economia di mercato solo nell’alto dei cieli, dopo la morte; e, in aggiunta, per tutti coloro che sono assillati dall’urgenza della fame, non è commestibile.
Rammenta piuttosto a loro, ai poveri, dato che se lo sono dimenticati perché l’informazione in mano al cancro glielo ha fatto dimenticare, il “poveri di tutto il mondo unitevi, e lottate contro il desiderio di ricchezza soggettivo e contro le strutture che esso genera”. Questo è il modo contestualizzato di seguire Gesù, che sono 2000 anni che non salva, ma che, se venisse preso come modello, porterebbe la salvezza trasformando, con le nostre mani, il nostro casino-mondo nel Regno della solidarietà, della condivisione, della comunione, della luce totale, dell’Amore tutto compiuto in tutti.
Cerca di darmi una mano a far capire a tutti la nostra collocazione esistenziale di mani dell’amore di Dio per noi; a far capire che il comandamento dell’Amore fonda la dimensione laica del nostro impegno, che deve essere rivolto non a Lui, ma ai fratelli; che Dio ha bisogno di noi per far arrivare a noi il Suo amore per noi. E non lasciarti incantare dal successo che riscuoti. Hai davanti un popolo alienato che aspetta da te quello che non puoi dargli, il miracolo, e rifiuta quello che dipende da lui stesso: la condanna del capitalismo e la pratica della condivisione.
Tu lascialo sfogare, ma poi impegnati ad educarlo, ne ha un estremo bisogno. C’è il rischio che la piazza si vuoti come successe a Gesù coi primi discepoli. Ma tu insisti, come ha fatto Lui…
Mario Mariotti



Giovedì 31 Ottobre,2013 Ore: 17:51