LA LAMPADA ACCESA

di p. Ottavio Raimondo – suor Giuseppina Barbato

 
La sapienza si lascia trovare da chi la cerca (I lettura: Sap 6,12-16)
Dio radunerà con lui quelli che sono morti (II lettura: 1Ts 4,13-18)
Ecco lo sposo! Andategli incontro! (Mt 25,1-13)
 
Il Vangelo di Matteo
“Ecco lo sposo, uscite per l’incontro con lui!” Questo mirabile racconto del vangelo di Matteo non ha l’intenzione di spaventare gli ascoltatori riguardo ad un incerto futuro. Vuole invece responsabilizzarci sull’importanza del momento presente, poiché è l’unico che ci è dato da vivere, per acquistare l’olio necessario (quella sapienza del cuore, quello Spirito Santo, quell’amore di cui arde Dio stesso e che il Figlio ci comunica). Il racconto è un’allegoria che ci invita a leggere il senso profondo della nostra vita, della nostra storia, in termini di salvezza o di perdizione. Il messaggio è che il regno di Dio non è un porto di mare, per accedere ci vuole una giustizia ed una carità che superino di gran lunga quelle degli scribi e dei farisei e che ci risveglino dall’ignoranza e dall’ozio, perché nessuno può aggiudicarsi automaticamente la salvezza per il semplice fatto di essere credente. Scegliere è un conto, ma adottare i mezzi necessari per restare fedeli alla propria scelta e condurla alla fine, è ben diverso. “Tutta la durata del tempo è come una notte, durante la quale la Chiesa veglia, con gli occhi della fede rivolti alle Sacre Scritture, come a fiaccole che risplendono nel buio, fino alla venuta del Signore… Oggi venendo a voi nel nome del Signore, vi ho trovati a vegliare….allo stesso modo possa il Signore, quando verrà, trovare la sua Chiesa vigilante nella luce dello spirito, per risvegliarla anche nel corpo, che giacerà addormentato nella tomba”. (Sant’Agostino)
 
Le comunità cristiane del Vangelo di Matteo
Nel nostro vangelo riportiamo 5 discorsi di Gesù: 4 rivolti ai discepoli e uno, quello delle parabole, alle folle.
Il primo discorso è conosciuto come il discorso della montagna (cap. 5-7); il secondo è il discorso missionario (cap. 10); il terzo delle parabole (cap 13); il quarto sulla chiesa (cap. 18) e il quinto sul Regno di Dio (cap. 24-25).
Gesù parla molto del regno di Dio ma mai chiama Dio con il nome di re. Lo chiama sempre e solo Padre.
Oggi presentiamo Gesù che esce per l’ultima volta dal tempio di cui i discepoli gli fanno osservare la bellezza mentre Gesù ne sottolinea la caducità.
Giungono al monte degli Ulivi e i discepoli si siedono attorno a Gesù che parla con parole e immagini che per loro e per noi erano familiari. Lo sono meno per voi comunità del terzo millennio.
Vi preghiamo di prestare attenzione almeno ad alcune espressioni e immagini:
- le 10 vergini sono la comunità cristiana. Il numero 10 per noi corrisponde alle dita delle due mani e quindi all’agire umano, ma anche al numero minimo richiesto perché si possa fare la preghiera comunitaria nelle sinagoghe;
- l’olio posto nella lampada sono, secondo la tradizione rabbinica, le opere buone e l’accoglienza amorosa del Messia. Nessuno può vivere delle opere buone di un altro né amare il Messia al posto di un altro;
- la luce, sempre secondo la tradizione rabbinica, è la comunità dei discepoli che porta la parola di Dio nell’attesa della venuta del Messia;
- non parliamo della sposa (la chiesa) ma solo dello sposo e del regno in funzione dei quali la comunità deve vivere-
 
Le comunità cristiane di oggi
Forse anche noi come i primi discepoli siamo abbagliati da tante bellezze che chiamiamo “sante”. E Gesù anche a noi chiede di volgere altrove lo sguardo e di cambiare i criteri di valutazione..
Forse anche noi abbiamo urgente bisogno di formare comunità dove ognuno possa fare la propria esperienza di servizio nella comunità stessa e nel mondo e la propria esperienza di incontro personale con lo sposo.
Forse anche noi dobbiamo verificare se la Parola che ci è stata confidata è viva, splendente, luminosa.
Forse anche noi dobbiamo centrare il nostro essere maggiormente sullo sposo e sull’attesa del Regno scoprendone i segni nella realtà di oggi. E i segni della venuta del regno non sono le cose negative ma quelle belle, quelle che sono poste a servizio di tutti, rispettano la natura e contribuiscono ad umanizzare la vita. Pensiamo allo sforzo di emancipazione dei popoli, ai progressi della scienza e della comunicazione; alla conoscenza delle diverse culture e religioni e alla loro integrazione.
Un giorno ho ascoltato un sacerdote che diceva ai suoi fedeli: “Se venisse qualcuno e danneggiasse questa costruzione tutti ne rimarrebbero scandalizzati. Se il sottoscritto o uno di voi danneggia una persona non ci facciamo tanto caso come anche non ci preoccupiamo se quella Parola che ci è stata affidata è vissuta e annunciata non ci pensiamo neppure. Se il nostro stile di vita è segno nella presenza e della crescita del regno di Dio, questo ce lo chiediamo mai? In tanti anni di vita sacerdotale ho ascoltato molte confessioni e l’accusa di tanti peccati. Quasi mai ho incontrato un penitente che mi dicesse: ho peccato perché non ho evangelizzato… E se qualcuno mi chiedeva qualcosa sulla mia fede gli rispondevo: lo chieda al prete”.
Non so quale sia stata la reazione di quell’assemblea. Non ho chiesto nulla a nessuno. Ma so che avrei voluto dare un abbraccio a quel sacerdote dicendogli: è vero che la misura del cristiano è il futuro e che verso il futuro si cammina servendo e annunciando. Chi non serve e chi non annuncia non potrà mai avere tra le mani una lampada con una fiamma scoppiettante frutto di una lampada in cui l’olio abbonda. Non potrà mai dire con gioia allo sposo “vieni” oppure: “venga il tuo regno, Signore”.
Suggerimento: In queste ultime settimane dell’anno liturgico mi informo sulla possibilità di integrarmi in qualche gruppo della mia comunità parrocchiale.
p. Ottavio Raimondo – suor Giuseppina Barbato
 
 
 


Luned́ 31 Ottobre,2011 Ore: 16:39