Domenica 2a Avvento – B – 4 dicembre 2011 –

di Paolo Farinella, prete

La liturgia della 2a domenica di Avvento dell’anno-B che è avvolta in un clima di attesa pacata, oggi scoppia in due grida: quello di consolazione del 2° Isaia e quello di Giovanni Battista. L’uno e l’altro si confrontano con il «deserto». Il primo vede il «deserto» come via di fuga e quindi prospettiva di salvezza: «Una voce grida: “Nel deserto preparate la via al Signore...”» (Is 40,3). Il secondo si rivolge direttamente al «deserto» visto come desolazione e vuoto di umanità: «Voce di uno che grida nel deserto: “Preparate la strada del Signore…”» (Mc 1,3). Il primo grido risuona nell’esilio e nel deserto di Babilonia; il secondo grido nella Terra promessa, in Palestina che esprime il deserto dell’umanità smarrita anche quando attende Dio. Il primo invita a costruire una strada «nel deserto» per facilitare il ritorno dopo la liberazione che scorge all’orizzonte di una nuova epoca storica; il secondo invita a farci noi stessi strada interiore per accogliere il «Dio che viene». Il primo annuncia la consolazione della fine dell’esilio; il secondo indica il «principio del vangelo» che è la persona stessa di Gesù. Il primo annuncia che Dio viene con potenza; il secondo annuncia che giunge il più forte. Il primo porta a Gerusalemme la lieta notizia che il Pastore d’Israele ritorna alla testa del suo gregge; il secondo grida che Gesù, il Dio-vicino, consacrerà con il battesimo di Spirito Santo quanti accolgono il grido del profeta.

Da un punto di vista filologico bisogna sottolineare una differenza, minima nella forma, ma grande nella sostanza. Mettiamo a confronto il v. 3 della prima lettura e il v. 3 del vangelo:

Dice Isaia 40,3: «Una voce grida: “Nel deserto preparate la via al Signore...”»

Dice Marco 1,3: «Voce di uno che grida nel deserto: “Preparate la strada del Signore…”».

Marco cita lo stesso testo di Isaia, ma cambia la prospettiva che in italiano si evidenzia spostando i due punti da prima a dopo la parola deserto, modificando non solo il contesto in cui la «voce» grida, ma anche il contenuto dell’annuncio, sebbene materialmente sia lo stesso.

Gli Ebrei deportati a Babilonia sono costretti a costruire una strada lunga e larga nel deserto, segno della potenza di Babilonia. Il re babilonese la percorrerà alla testa della grandiosa processione di capodanno in onore del dio Marduk. L’angoscia nei deportati è abissale: i figli di Yhwh devono costruire una strada ad un idolo, ad un dio straniero. Rifiutarsi significa morire, lavorare significa diventare complici di idolatria. Che fare? Il profeta che legge gli eventi con gli occhi di Dio, va oltre le apparenze e riesce a vedere quello che i deportati non sanno vedere perché chiusi nel loro esilio e ripiegati nella loro sofferenza. La profezia non è annunciare il futuro, ma leggere gli aventi che accadono alla luce della intelligenza della fede, alimentata dalla Paola di Dio e capirne il senso nascosto e non evidente. Il Deutero (Secondo) Isaia che vive tra il VII e il VI sec. a.C. vede nella strada che gli esiliati sono costretti a costruire non un’adesione all’idolatria al dio Marduk, ma vi legge uno strumento della Provvidenza: quando gli esiliati ritorneranno dall’esilio a Gerusalemme non dovranno più attraversare il deserto, ma cammineranno su una comoda strada, preparata per tempo.

Da qui prende l’avvio il proclama sugli esiliati il «vangelo della consolazione» (v. 1 della 1a lettura) che invita a fidarsi di Dio e ad aprire gli occhi per leggere ciò che lui scrive nella storia. Il profeta è informato che qualcosa si sta muovendo tra i popoli. Sulla scena del mondo orientale è apparso un nuovo astro nascente: la Persia di Ciro il Grande (l’attuale Iran), mentre Babilonia (l’attuale Iraq) è in procinto di crollare come potenza. Per questo l’Autore, un anonimo discepolo del 1° Isaia invita a costruire la strada nel deserto perché servirà agli stessi esiliati. Chi guarda agli avvenimenti con gli occhi della Parola di Dio, sa leggere in profondità, sa cogliere l’intelligenza (intus-lègere) della realtà e individuarne l’interiorità. Il ritorno dall’esilio, intravisto attraverso la filigrana del movimento dei popoli, è descritto e prospettato come una grande epopea, una riedizione dell’esodo degli antenati con la stessa abbondanza di allora: il deserto diventa un giardino, l’arido stilla acqua, la steppa rifiorisce come un giardino e la pace domina su ogni fatto e persona.

Mc per parte sua applica lo stesso testo alla nuova situazione che non ha più un deserto davanti da percorrere, ma la condizione umana che aspetta Dio, lo desidera, ma è tanto occupata ad aspettarlo che appena giunge non lo riconosce. Giovanni Battista ha questa funzione: indicare la strada giusta, la strada del cuore, la via della purificazione e della conversione per essere in grado di accogliere colui che viene dopo e che è più forte. Il suo vestito e il suo cibo lo accreditano come uomo del deserto, uomo dallo stile austero che più tardi Gesù metterà in contrasto con le mollezze delle regge: che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Un uomo vestito mollemente? Questi è solito abitare i palazzi dei re (cf Mt11,7-8 ; Lc 7,24-25). Giovanni annuncia una parola di penitenza, cioè di purificazione e insegna un metodo per diventare più leggeri, più capaci di essere spirituali. Egli è il «messaggero» che precede la venuta del Signore – il Precursore – previsto dal profeta Malachia (3,1).

Lasciamoci affascinare da Giovanni il Battezzante, la cui consistenza e solidità è soltanto una voce. Egli non è qualcuno, come dirà espressamente il prologo del IV vangelo, non è un ruolo, non è padrone nemmeno della sua identità perché egli è solo una voce: «Io sono voce di chi grida nel deserto….» (Gv 1,20-23, qui v. 23). Anche se sono un deserto…anche se mi sento un deserto… c’è sempre una voce che grida per me, che grida a me: il Signore viene a cui non posso non rispondere: «Maranà thà/Signore nostro vieni!» (1Cor 16,22; Ap 22,20). Per questo invochiamo lo Spirito Santo che sostiene la nostra fragilità e la nostra debolezza (Rom 8,26), facendo nostra l’antifona d’ingresso (Is 30,19.30): «Popolo di Sion, il Signore verrà a salvare i popoli e farà sentire la sua voce potente per la gioia del vostro cuore».

Spirito Santo, consolatore perfetto del popolo di Dio, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu prepari il cuore di Gerusalemme alla libertà del servizio, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sei la via sicura che conduce al Figlio e al Padre, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu raddrizzi ciò che è storto nel cammino del cuore, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu annunci la gioiosa notizia che Gesù è il liberatore, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu conduci il santo popolo sul petto di Dio, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci conduci alle nozze di Misericordia con Verità, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci dài il gusto della Giustizia che riposa nella Pace, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu apri i cuori dei figli all’ascolto del vangelo della Pace, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci narri la pazienza di Dio che attende il nostro ritorno, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci abiliti ad essere cittadini dei cieli nuovi, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci costruisci operai della terra nuova, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sei il «principio» della conoscenza del Vangelo, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci riveli che il «Vangelo» è Gesù Cristo, Figlio di Dio, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu guarisci la nostra indegnità di peccatori, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu battezzi il santo popolo di Dio in acqua e fuoco, Veni, Sancte Spiritus!

Sia la prima lettura che il Vangelo ci parlano di deserto e di necessità di aprire una strada. Chi si mette in strada è sempre bifronte: lascia qualcosa e va verso qualcuno. Bisogna però conoscere la strada che si percorre, altrimenti c’è il rischio di andare a zonzo e di correre per non arrivare da nessuna parte. Nel nostro cammino di Avvento siamo giunti alla seconda sosta, alla seconda candela. La prima fiamma e ora la seconda fiamma: la luce aumenta lungo il cammino di vita che oggi inizia la nostra nuova settimana. Anche se stiamo fermi, noi camminiamo lo stesso verso il compimento dei nostri giorni, verso la pienezza la vita che è la morte. Vogliamo attingere forza e luce per accogliere il vangelo e per consumarci di vangelo, la fiamma che sempre deve ardere nel nostro cuore. Preghiamo insieme [tutti]:

[Si accende il la 2a fiamma, simbolo della 1a domenica di Avvento]

1. Signore, ecco il cero segno dell’Avvento atteso.

Sia luce nelle difficoltà e decisioni.

Sia fuoco che brucia ogni egoismo.

Sia fiamma che riscalda il cuore

per lenire le ferite e dare tenerezza.

nelle due tendenze del cuore

nel bene e nel male perché speriamo

e vogliamo amarti sempre e ovunque.

4. Tu doni lo Spirito di fuoco,

fiamma che il cuore consuma:

2. Fra poco l’Assemblea si scioglierà!

Noi andremo per le strade della vita,

restando sempre con te nel silenzio orante

del cuore nel segno di questo cero

che brucia e si consuma, testimone ardente

del nostro desiderio di vivere d’amore

sull’altare della vita in ogni incontro ed evento.

come questo cero che si scioglie

al calore della fiamma,

donaci di sciogliere la nostra vita

al fuoco della passione per Te,

per i Fratelli e le Sorelle, compagni

di viaggio e di vigilante tenerezza.

5. E’ Avvento! Il tuo tempo, Signore!

3. Signore, Tu ci insegni ad ardere

d’amore in ciò che viviamo,

La nostra eternità. Amen! Amen!

Con il salmo responsoriale pregheremo che vogliamo ascoltare quanto dice il Signore perché la sua Gloria abiti tra di noi. Nel segno della Trinità santa questa Gloria è rivelata nel volto sofferente e risorto di Gesù: è lui la Gloria del Padre che consegna a noi lo Spirito che rende Gloria al Figlio. Entriamo in questo abisso di amore e a nome di tutta l’umanità diamo Gloria a Dio.

(italiano)

Nel Nome

del Padre

e del Figlio

e dello Spirito

Santo.

Amen.

(ebraico)

Beshèm

ha’av

vehaBèn

veRuàch

haKodèsh.

La metafora della strada indica che nulla è mai fermo, ma tutto si muove verso uno scopo e una mèta. La strada non esiste per essere posseduta, ma per essere attraversata perché essa collega il punto di partenza con l’obiettivo da raggiungere. La strada è una relazione che impone un impegno e una fatica. «Sulla strada/On the Road» di Jack Kerouac del 1957 fu il «vangelo» della beat generation degli anni ‘60, peccato che fu solo una moda… e passeggera. La strada non è fuori di noi, ma dentro la nostra anima che conosce già la direzione e la mèta. Perché la confusione e la superficialità non ci sovrastino e per acquistare una limpidezza di sguardo, accostiamoci con fiducia al battesimo di penitenza di Giovanni e domandiamo perdono dei nostri peccati per essere degni di non essere degni che Lui entri nella nostra casa, ma nella sua Parola noi gettiamo le nostre reti.

[L’esame di coscienza sia reale in un congruo tempo]

Signore, Dio di consolazione e sostegno dei fragili e dei deboli, Kyrie, elèison!

Cristo, che vieni a battezzare nel fuoco e nello Spirito Santo, Christe, elèison!

Signore, tu Creatore sciogli il legaccio dei nostri sandali, Pnèuma, elèison!

Cristo, che porti il a noi il vangelo della conversione del cuore, Christe, elèison!

Signore, tu vuoi che nessuno perisca, ma che tutti ci salviamo , Kyrie, elèison!

Cristo, tu sei il Figlio di Dio, il vangelo vivente del Padre, Christe, elèison!

Dio consolatore d’Israele e speranza degli esiliati, colui che ci chiama convocandoci alla mensa della Parola, del Padre, del Vino e della Fraternità, il Dio che non tarda a realizzare la sua promessa, il Dio che ha consacrato Gesù Messia e Signore servo dei poveri e degli emarginati di tutti i tempi, abbuia misericordia di noi perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Amen.

Preghiamo (colletta). O Dio, Padre di ogni consolazione, che agli uomini pellegrini nel tempo hai promesso terra e cieli nuovi, parla oggi al cuore del tuo popolo, perché in purezza di fede e santità di vita possa camminare verso il giorno in cui manifesterai pienamente la gloria del tuo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo tuo Figlio che è Dio, e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

MENSA DELLA PAROLA

Prima lettura Is 40,1-5.9-11. Con il cap. 40 inizia il 2° Isaia, detto anche «libro della consolazione» dalla prime parole: «consolate, consolate il mio popolo». Gli Ebrei deportati nel sec. VI a.C. in Babilonia per non perdere la loro identità di popolo si rifugiano nel loro passato, cercando in esso un segno per sperare in una prossima liberazione. Nel 540 circa in mezzo a loro sorge un profeta inatteso che è informato su Ciro re dei Medi che avanza e minaccia Babilo-nia. Egli legge questo avvenimento in prospettiva salvifica e invita i suoi a resistere perché la liberazione è vicina. Per non farsi comprendere dal nemico, usa un linguaggio e immagini che solo gli Ebrei sanno decriptare: il linguaggio del-l’esodo antico che sta per ripetersi ancora una volta. Gli esiliati sono condannati a lavorare alla costruzione di una strada per la processione del dio babilonese Marduk. Il profeta li esorta a portarla a termine perché quella strada servirà loro per un trionfale ritorno che ripeterà le meraviglie dell’antico esodo.

Dal libro del profeta Isaia 40,1-5.9-11

1 «Consolate, consolate il mio popolo - dice il vostro Dio -. 2 Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati». 3 Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. 4 Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato». 9 Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! 10 Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. 11 Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri». - Parola di Dio.

Salmo responsoriale 85/84, 9ab-10; 11-12; 13-14. Il salmo si divide in due parti. La prima (assente dalla liturgia di oggi) comprende i vv. 1-8 che individuano nei peccati di Israele il motivo dell’esilio e della distruzione del primo Tempio. La seconda parte, che preghiamo adesso, promette pace e prosperità agli esiliati liberati. Tre termini sono importanti la Giustizia, la Pace e la Verità, tre colonne su cui si regge il mondo. Le iniziali di queste tre parole in ebraico (zèdeq, shalòm, èmet) formano la parola «dèshe/vegetazione»: quando nel mondo sorgono giustizia, pace e verità tutta la terra germoglia come l’erba verdeggiante.

Rit. Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza.

 

1. 9 Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
10 Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra. Rit.

2. 11 Amore e verità si incontreranno,

giustizia e pace si baceranno.

12 Verità germoglierà dalla terra

e giustizia si affaccerà dal cielo. Rit.

3. 13 Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
14 giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino. Rit.

 

Seconda lettura 2Pt 3,8-14. La seconda lettera di Pietro è scritta intorno agli anni ‘80, quando comincia a svilupparsi in ambito cristiano il pensiero apocalittico il cui nucleo centrale è nella «Apocalisse/Rivelazione» del Figlio di Dio al suo ritorno alla fine del mondo. Molti cristiani cominciano a dubitare della promessa di Dio (cf 2Pt 3,4) e quindi dell’utilità di sottomettersi al vangelo (cf 2Pt 2,15-21). L’autore reagisce a questa crisi di speranza e si dichiara testimone della Trasfigurazione (2Pt 1,16-21), evento premonitore del ritorno glorioso di Gesù. Se Dio ritarda è per concedere ancora una opportunità di salvezza (v. 9). Dio, infine, ha una concezione del tempo molto differente da quella dell’uomo (v. 8): davanti a Dio tutto è relativo.

Dalla seconda lettera di san Pietro apostolo 3,8-14

8 Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. 9 Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. 10 Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal calore, si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta. 11 Dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, 12 mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno! 13 Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia. 14 Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia. - Parola di Dio.

Vangelo Mc 1,1-8. Il brano del vangelo di oggi riporta al v. 1 il titolo programmatico di tutta l’opera che in greco è composta da 7 parole. E’ un’aggiunta posteriore, dal momento che Mc iniziava il suo vangelo immediatamente con la citazione del profeta Is 40,3 che abbiamo appena proclamato nella prima lettura. Mentre nel 2° Isaia la «voce» è il profeta che invita a costruire nel deserto una via di libertà, ora nel tempo del vangelo, la voce che grida nel deserto dell’umanità è Giovanni Battista il Precursore che invita a preparare una strada spirituale perché non c’è più bisogno di scappare dall’esilio che ciascuno si porta nell’anima: Dio stesso viene di persona a prendersi cura della nostra libertà. Questo è il «vangelo», la gioiosa, bella notizia: Dio è qui!

Canto al Vangelo Lc 3,4-63,4-6

Alleluia! Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! / Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio! Alleluia!

Dal Vangelo secondo Marco 1,1-8

1 Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. 2 Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, egli preparerà la tua via. 3 Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», 4 vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5 Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6 Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. 7 E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8 Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». - Parola del Signore.

Spunti di omelia

Mc è il primo degli evangelisti, colui che inventa il genere letterario «vangelo» e da cui dipendono sia MT che Lc, i quali prendono a modello la struttura di Mc. Mc scrive a cavallo dell’anno 70 d.C., anno della distruzione del Tempio e di Gerusalemme. IL suo vangelo ha uno schema semplice: un prologo costituito da un trittico (Giovanni Battista, battesimo e tentazioni) cui segue la descrizione dell’attività di Gesù (parole e fatti), il racconto della Passione e Morte che culmina con la risurrezione. Il vangelo che non ha conclusione è destinato a coloro che non conoscono Gesù, quindi ai catecumeni. E’ un vangelo adatto ai bambini perché la figura di Gesù è sempre in movimento, affascinante e attraente ed è per questo che fa da filigrana nel catechismo dei bambini Io sono con voi (anni 6-8). Il v. 1 di Mc è quasi un titolo di tutto il vangelo come opera e probabilmente è stato aggiunto in epoca successiva, quando i quattro vangeli furono raccolti insieme, però il testo così come è è attestato anche da due codici antichi: il Vaticano B e l’Alessandrino Aleph del sec. IV.

Tutte le Bibbie traducono: «Inizio del vangelo di Gesù Cristo, figlio di Dio», dove in greco si dice «archê/principio» che ha un valore più profondo del semplice «inizio»: questo è connesso con la temporalità, quello con il fondamento, la radice. E’ come il «principio» all’inizio della Genesi con il quale l’autore non vuole descrivere il «momento» iniziale della creazione, ma la sua radicale fondazione nell’azione di Dio. Oppure è simile al «principio» del prologo di Giovanni dove con chiarezza non indica il momento iniziale, ma l’ «origine» del Lògos (Gv 1,1). Nel v. 1 vi sono tre genitivi e gli ultimi due possono anche essere tradotti come genitivi che spiegano il termine precedente (tecnicamente si chiama genitivo epesegetico) e si traduce con «cioè»: «Principio del Vangelo, cioè Gesù Cristo, cioè Figlio di Dio». Così apprendiamo che il Vangelo che leggiamo o che proclamiamo non è un libro o una storia o un racconto edificante o una morale. Il Vangelo è Gesù Cristo. Il Vangelo è il Figlio di Dio. Il Vangelo è la Persona del Lògos1.

Due temi s’intrecciano oggi, la conversione e la strada. Del primo abbiamo parlato altre volte, per cui ci soffermiamo un poco sul secondo. L’arrivo di Dio comporta una trasformazione: ciò che è alto si abbassa e ciò che è basso si innalza: le difficoltà si risolvono e le fatiche si temperano, quasi a dire che Dio non viene ad imporre un giogo nuovo di schiavitù, ma apre una strada piana e dritta per facilitare il cammino. La strada, dunque.

L’umanità è in cammino su una strada caotica e spesso senza rendersi conto di dove va: parla di pace e sceglie la guerra, parla di giustizia ed ecco il sopruso, parla di governabilità ed ecco le dittature striscianti, parla di diritti ed ecco le deviazioni, le manipolazioni, le torture. Questo mondo pensa di percorrere la sua strada senza Dio, ridendolo superfluo o addirittura negativo. La strada da percorrere è molto lunga ed è necessario abbassare i monti della povertà e della fame, come colmare le valli della disuguaglianza e della salute per avere una strada dritta che porti all’uguaglianza e al rispetto «effettivo» dei diritti di ogni singola persona in ogni parte del mondo.

Israele ha vissuto «sulla strada» la parte migliore della sua esperienza di popolo. Abramo è nomade per vocazione, l’esodo non è altro che una strada lunga quaranta anni verso una Promessa, fondata solo sulla Parola. Israele non fa in tempo ad insediarsi nella Terra tanto desiderata che deve rifare i bagagli e rimettersi in cammino, ma questa volta verso l’esilio. Per Israele è la strada il vero tempio dove approfondire l’esperienza religiosa.

Strada è sinonimo di provvisorietà, insicurezza, essenzialità. Chi cammina non può trasportare la casa (oggi vi sono campers e roulottes), ma deve scegliere il necessario perché la strada non ama il superfluo. Sulla strada ci si fida della parola di chi s’incontra e se ne accetta la compagnia. Israele non può affidarsi ad altro che alla nudità della Parola di Dio che resta l’unica garanzia per tutto il viaggio. In Es 13,17-18 si legge che fu Dio stesso a scegliere la strada da percorre e al v. 21 continua che Dio guidava la marcia stando alla testa dei pellegrini. Il vangelo di Luca è strutturato nel genere letterario del «viaggio», l’esodo del Figlio di Dio che dalla Galilea si dirige risoluto (cf Lc 9,51) verso la città santa di Gerusalemme, la città del compimento della volontà di Dio.

Gesù s’identifica con la strada e definisce così la sua identità e il suo ruolo: «Io sono la strada/la via» obbligata per andare al Padre (Gv 14,6). Il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo a differenza di volpi e uccelli che hanno tane e nidi (cf Lc 9,58): egli ha solo la sua strada che viene dal Padre e ritorna al Padre. La sua strada però passa per la morte, per la croce che diventa così il luogo privilegiato della sua obbedienza filiale perché egli è nella singolare condizione di «Uomo-Dio», in cui l’uomo è assorbito totalmente dalla fedeltà eterna al Padre. Per questo egli può dire ai primi discepoli e a noi: «Vieni, seguimi!» (Mc 10,21).

«Seguire…! Preparare la strada...»! La nostra vera identità di credenti è sulla strada: siamo per costituzione viandanti, pellegrini, nomadi, come i nostri antenati, come i patriarchi, come Israele, il popolo della nostra origine. Siamo nati su una strada e siamo mandati sulle strade del mondo per essere testimoni del Vangelo.

In At 19,9 (e anche 24,14.22) il cristianesimo nascente è definito semplicemente come «la Via/la Strada». Credere non è difficile: è camminare per andare alla ricerca di qualcosa o di qualcu-no. Credere è un movimento che va da sé verso l’esterno, verso gli altri e attraverso gli altri verso l’Altro. Il cristianesimo fu chiamato «la Via» anche nel senso che è Dio che cammina verso di noi, rendendoci così più facile il nostro cammino di ricerca. Dio si può trovare perché non è lontano: non è nei cieli perché tu possa dire: non posso raggiungerlo; non è negli abissi del mare perché tu possa dire: mi è impossibile… Egli è vicino, è nel tuo cuore (cf Dt 30,11-14).

Lo sapevano al tempo di Gesù e lo sanno oggi i Rabbini che applicano anche allo studio della Scrittura ebraica l’idea concreta di «strada»: Il midrash infatti è un modo di fare esegesi, spiegando la Scrittura con la Scrittura stessa (nella festa dell’Immacolata Concezione dell’8 dicembre ne daremo un saggio). Midrash deriva dalla radice «DRS» (darash) che nell’AT e a Qumran significa ricercare/scrutare/esaminare/studiare e ha attinenza con la radice «DRK» (derek) che significa «strada/via/cammino»: cercare significa scrutare la Scrittura che è la strada maestra per trovarlo. Camminare sulla via della Scrittura significa indagare, sviscerare, spiegare, interpretare. Camminare è conoscere. Conoscere è amare. Amare è sperimentare. Sperimentare è ripetere, prendere confidenza, abituarsi alla novità, raggiungere il riposo dell’anima in Dio.

Compito dei cristiani nel mondo è costruire la strada abbassando le asperità e riempiendo le valli per facilitare agli uomini e alle donne del nostro tempo l’incontro con il Dio vicino, il Dio Padre e Redentore. Ogni uomo, ogni donna, ogni popolo ha un proprio itinerario spirituale che deve incrociarsi con Cristo «Via» che viene all’appuntamento della vita. Della vita eterna.

Essere discepoli significa percorrere la stessa strada del Maestro e Signore, verso il compimento della nostra maturità, verso la Gerusalemme della nostra anima dove possiamo incontrare nella verità e nella pace la volontà di salvezza di Dio. L’Eucaristia che celebriamo è sempre una iniziazione alla strada pasquale che percorriamo con tutta l’umanità, è il pane che ha nutrito Elia pellegrino perseguitato verso la Montagna di Dio «perché troppo lunga è la strada per te» (1Re 19,7), il pane che ci rafforza nell’affrontare le asperità della vita, mentre attendiamo il ritorno del Signore Gesù, facendo nostre le parole dell’Apocalisse: «E lo Spirito e la giovane sposa dicono: “Vieni!”. Così anche chi ascolta dica: “Vieni!”» (22,17). Noi che ascoltiamo e mangiamo possiamo e vogliamo dire: «Sì, vengo presto! Amen!, Vieni Signore Gesù» (Ap 22,20).

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito Santo si é incarnato nel seno della Vergine Maria e si é fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno é risuscitato, secondo le Scritture; é salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine.

Credo nello Spirito Santo, che é Signore e da la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio é adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti.

Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

Preghiera universale [intenzioni libere]

LITURGIA EUCARISTIACA

Prima di presentare le offerte all’altare, ascoltiamo la Parola del Signore: «Se tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24). Questa Parola è per noi un comandamento perché nessuno può celebrare il Signore nell’Eucaristia senza avere partecipato il perdono che abbiamo ricevuto. Lasciamo convertire dalla grazia di Dio.

La Pace del Signore sia con Voi E con il tuo Spirito

Scambiamoci un gesto sincero di pace e di accoglienza.

[La raccolta abbia un senso sacramentale di condivisione con la parrocchia che viene incontro a chi ha bisogno senza rumore]

Preparazione delle offerte. Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo, perché dalla tua misericordia abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutti della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna. Li presentiamo a te perché diventino per noi cibo e bevanda di salvezza. Benedetto nei secoli il Signore.

Preghiamo, fratelli e sorelle, perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.

Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

Preghiamo (sulle offerte). Ti siano gradite, Signore, le nostre umili offerte e preghiere; all’estrema povertà dei nostri meriti supplisca l’aiuto della tua misericordia. Per Cristo nostro Signore. Amen

PREGHIERA EUCARISTICA III2

Prefazio d’Avvento/13: La duplice venuta di Cristo

Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore.

Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio. E’ cosa buona e giusta.

E’ veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo Signore nostro.

Santo, Santo, Santo, il Signore degli eserciti. Kyrie, eleison! Christe, elèison! Pnèuma, elèison ! Tutta la terra è piena della sua gloria (cf Is 6,3).

Al suo primo avvento nell’umiltà della nostra natura umana egli portò a compimento la promessa antica, e ci aprì la via dell’eterna salvezza.

Tu, o Signore, sei il consolatore d’Israele, che parla al cuore di Gerusalemme per annunciarle la fine della tribolazione (cf Is 40,1.2).

Nell’attesa del Regno, sei tu, Signore, che prepari una via per noi, abbassi i monti e colmi le valli perché possiamo correre incontro a te e al tuo Cristo (cf Is 40,3.4.).

E noi, uniti agli Angeli e alla moltitudine dei Cori celesti, proclamiamo con gioia l’inno della tua lode:

Osanna nell’alto dei cieli. Benedetto colui che viene, nel Nome del Signore. Kyrie, eleison! Christe, elèison!


Padre veramente santo, a te la lode da ogni creatura. Per mezzo di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, nella potenza dello Spirito Santo fai vivere e santifichi l’universo, e continui a radunare intorno a te un popolo, che da un confine all'altro della terra offra al tuo nome il sacrificio perfetto.

Ti ascoltiamo, Signore, che annunci la pace al tuo popolo, radunato per la santa Eucaristia (cf Sal 85/84,9).

Ora ti preghiamo umilmente: manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo, perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, che ci ha comandato di celebrare questi misteri.

Amore e Verità s’incontrano, Giustizia e Pace si baciano: ecco, il santo germoglio dello Spirito (cf Sal 85/84,11).

Nella notte in cui, tradito, fu consegnato, egli prese il pane, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO É IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.

Il Pane che mangiamo è la Giustizia del cielo e la Verità che germoglia sulla terra (cf Sal 85/84,12).

Dopo cena, allo stesso modo, prese il calice, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE E BEVETENE TUTTI: QUESTO É IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.

Alziamo a te, o Signore onnipotente, il calice della salvezza e invochiamo il Nome del Signore che viene Giudice e Salvatore (cf Sal 116/114-115, 13).

FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.

Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l’onore e la potenza, perché tu hai creato tutte le cose » in vista del tuo regno di giustizia e di pace (cf Ap 4,11).

Mistero della fede.

La tua morte annunziamo, Signore, la tua risurrezione noi celebriamo, la tua venuta noi attendiamo pellegrini nel mondo che tu ami. Maràna thà! Signore nostro, vieni.

Celebrando il memoriale del tuo Figlio, morto per la nostra salvezza, gloriosamente risorto e asceso al cielo, nell'attesa della sua venuta ti offriamo, Padre, in rendimento di grazie questo sacrificio vivo e santo.

Tu, Signore, non tardi a compire la tua promessa: per te mille anni sono come un giorno (cf 1Pt 3,9.8).

Guarda con amore e riconosci nell’offerta della tua Chiesa, la vittima immolata per la nostra redenzione; e a noi che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo, in Cristo, un solo corpo e un solo spirito.

Per la potenza del tuo Spirito sia la nostra vita un segno della tua santità e una preghiera vivente (cf 1Pt 3,11).

Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito, perché possiamo ottenere il regno promesso insieme con i tuoi eletti con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con i tuoi santi apostoli, i gloriosi martiri, e tutti i santi, nostri intercessori presso di te.

Mandaci davanti al Cristo e Messia perché con la nostra vita possiamo preparargli la tua via (cf Mc 1,2).

Per questo sacrificio di riconciliazione, dona, Padre, pace e salvezza al mondo intero. Conferma nella fede e nell'amore la tua Chiesa pellegrina sulla terra: il tuo servo e nostro Papa …, il Vescovo …, il collegio episcopale, il clero e il popolo che tu hai redento.

Ascoltiamo, Signore, l’invito del profeta che grida nel deserto di convertirci alla tua Parola (cf Mc 1,3).

Ascolta la preghiera di questa famiglia, che hai convocato alla tua presenza. Ricongiungi a te, padre misericordioso, tutti i tuoi figli ovunque dispersi.

Dalla nostra diaspora e dalle nostre solitudini, accorriamo, Signore, alla santa Assemblea che oggi hai convocato attorno all’altare, simbolo del tuo Cristo (cf Mc 1,5).

Accogli nel tuo regno i nostri fratelli defunti e tutti i giusti che, in pace con te, hanno lasciato questo mondo … [ricordiamo i nostri defunti] concedi anche a noi di ritrovarci insieme a godere per sempre della tua gloria, in Cristo, nostro Signore, per mezzo del quale tu, o Dio, doni al mondo ogni bene.

Tu hai mandato Gesù che è il più forte del Precursore perché non ci battezza in acqua soltanto, ma in acqua e Spirito Santo (cf Mc 1,7.8).

Dossologia [è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]

Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente,

nell'unita dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Padre nostro in aramaico

Idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:

Padre nostro in aramaico: Idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:

Padre nostro che sei nei cieli

Avunà di bishmaià

sia santificato il tuo nome

itkaddàsh shemàch

venga il tuo regno

tettè malkuttàch

sia fatta la tua volontà

tit‛abed re‛utach

come in cielo così in terra

kedì bishmaià ken bear‛a.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh

e rimetti a noi i nostri debiti

ushevùk làna chobaienà

come noi li rimettiamo ai nostri debitori

kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà

e non abbandonarci alla tentazione

veal ta‛alìna lenisiòn

ma liberaci dal male.

ellà pezèna min beishià. Amen!

Antifona alla comunione (Mt 3,3; Mc 1,3; Lc 3,4): Voce che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!

Dopo la comunione: Cosa portare sulla nostra strada? Cosa condividere con gli uomini e le donne che incontriamo? Francesco di Assisi ci indica ciò che dobbiamo portare:

Preghiera semplice di San Francesco d’Assisi

 

O Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace:
dove è odio, fa’ che io porti amore;
dove è offesa ch’io porti il perdono;
dove è discordia, ch’io porti unione;
dove è dubbio, ch’io porti la fede;
dove è errore, ch’io porti la verità;
dove è disperazione, ch’io porti la speranza;
dove è tristezza, ch’io porti la gioia;
dove sono le tenebre, ch’io porti la luce.

O Maestro, fa’ che io non cerchi tanto:
ad essere consolato, quanto a consolare;
ad essere compreso, quanto a comprendere;
ad essere amato, quanto ad amare.

 

Da: Neanche Dio può star solo di David Maria Turoldo:

 

Mostrati, Signore; /a tutti i pellegrini dell’assoluto,
vieni incontro, Signore; / con quanti si mettono in cammino / e non sanno dove andare / cammina, Signore;
affiancati e cammina con tutti i disperati
sulle strade di Emmaus;
e non offenderti se essi non sanno
che sei tu ad andare con loro, / tu che li rendi inquieti
e incendi i loro cuori; / non sanno che ti portano dentro:
con loro fermati poiché si fa sera

e la notte è buia e lunga, Signore.

 

Preghiamo. O Dio, che ci hai nutriti con il pane della vita, insegnaci con questo sacramento a valutare con sapienza i beni della terra, nella continua ricerca dei beni del cielo. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Benedizione e saluto finale

Il Signore è con voi E con il tuo spirito.

Il Signore che convoca dalla diaspora i popoli sul santo monte di Sion, ci doni la sua benedizione, Amen.

Il Signore che squarcia i cieli per abitare sulla terra dell’umanità, ci consoli e ci rafforzi.

Il Signore che è sorgente inesauribile di giustizia e verità, pace e amore, ci colmi della sua tenerezza.

Il Signore che manda i profeti a preparare le vie del suo Regno che viene, ci protegga e ci sorregga.

Signore sia sempre davanti a noi per guidarci.

Il Signore sia sempre dietro di voi per difendervi dal male.

Il Signore sia sempre accanto a noi per confortarci e consolarci.

E la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio

e dello Spirito Santo, discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen!

La messa è conclusa come celebrazione: continua nella testimonianza della vita. Andiamo incontro al Signore nella storia. Nella forza dello Spirito Santo rendiamo grazie a Dio e viviamo nella sua Pace.

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© Domenica 2a del tempo di Avvento-B – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete – Genova

[L’uso di questo materiale è libero purché senza lucro e a condizione che se ne citi la fonte bibliografica]

Paolo Farinella, prete – 4/11/2011 – San Torpete – Genova

1 Questo è il motivo per cui bisogna avere molta attenzione al modo di proclamare la Parola nella Liturgia. Non leggiamo per leggere o per fare sfoggio di lettura o per occupare un pò di tempo. Chi proclama la Parola esercita il ministero o il carisma profetico: il lettore è l’ambasciatore che parla «in nome e per conto di Dio». Chi legge annuncia il Disegno di Dio sull’umanità ed espone «il principio» che ha il suo radicamento eterno della volontà di Dio. Chi legge annuncia al mondo e spiega la Persona di Gesù. Il lettore/profeta fa esplodere il rombo della «voce» che grida nel deserto dell’umanità la Shekinàh/Presenza del Dio che viene. Conseguenze: il lettore/profeta leggere dal Libro solenne, non da un foglietto spiegazzato; non aggiunge de non toglie nulla alla Parola, lasciando titoli, introduzioni o didascalie al lettore/commentatore. Il lettore/profeta deve dare fisicamente la consapevolezza che chi ascolta si trova di fronte alla Maestà di Dio, per cui «prima» aspetta che le persone siano sedute, aggiusta il microfono e, nel più assoluto silenzio, attacca direttamente con «Dal libro del profeta…, Dalla lettera di Paolo apostolo ai…, ecc.». Il lettore/profeta è come Giovanni Battista: una «voce» che per essere assaporata deve essere proclamata lentamente, quasi centellinata.

2 La Preghiera eucaristica III è stata composta ex novo su richiesta di Paolo VI in attuazione alla riforma liturgica voluta dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Non ha un prefazio proprio, ma mobile e per questo, forse, ha finito per essere scelta, nella pratica, come la preghiera eucaristica della domenica.



Luned์ 28 Novembre,2011 Ore: 21:12