Uomini e topi /15
UNA PAROLA: DITTATURA

di G.C.C.

Il diritto dei cittadini alla protesta in difesa dei propri diritti


«Ribellismo» e «localismo» sono due parole normali all’interno di partiti antidemocratici e assolutisti, anche se pubblicamente si dichiarano democratici e popolari o nazionali. Sono parole come «frazionismo» e «protagonismo»: usate come accuse per isolare i compagni o i camerati che si vogliono condannare o espellere dal partito.
 
Non sono novità, si leggono sui libri di storia: le hanno usate da sinistra a destra, da Lenin a Mussolini, tutti i rivoluzionari che volevano eliminare gli avversari per sgombrarsi la strada verso il potere assoluto. Queste accuse provocavano disordine, confusione, paura: ne approfittavano le fazioni più aggressive che se ne servivano per diventare maggioranze e dare al loro successo un aspetto esteriore di legalità. Un caso classico è quello russo di bolscevichi e menscevichi.
 
Alcuni di questi partiti sono arrivati poi al governo modificando addirittura il nome dello stato. Esempi: «Repubblica popolare cinese», «Repubblica democratica tedesca», e tutti, in Occidente, sappiamo che in questi casi sia repubblica popolare, sia repubblica democratica, significano in realtà dittatura di un partito non soltanto sugli altri partiti ma su tutto il paese. È avvenuto, in tempi diversi, anche in Italia, Spagna, Portogallo, Jugoslavia, Albania, Argentina, Cuba, Cile e così via. I capi di quei partiti si sono impossessati dei governi e delle istituzioni. Poiché le parole hanno prefigurato i fatti, sempre violenti e dannosi per intere nazioni, vanno tenute sotto osservazione.
 
Ed eccoci al ribellismo e al localismo. Tempo fa, in seguito ad alcuni problemi pubblici assai gravi, tra cui quello dell’immondizia a Napoli, degli aeroporti considerati inutili, le polemiche sulle ferrovie ad alta velocità, l’incredibile e indegna privatizzazione dell’acqua, si sono avute proteste popolari in diversi comuni italiani. Proteste civili, anche se sono stati filmati episodi di violenza (non dovuti ai cittadini che, colpiti da provvedimenti considerati ingiusti, avevano messo in atto cortei e manifestazioni, certo agitati, ma di sicuro pacifici).
 
In proposito, l’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali assicura: «Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere interferenza di pubbliche autorità e senza riguardo alla nazionalità».
 
Queste proteste sono state indicate da esponenti qualificati di alcuni partiti, come ribellismo, al punto che ancora oggi, sia pure con altre parole, vengono denunciate come foriere di rivolte che fanno paura a un intero continente. Ma via! Se le proteste popolari a difesa della propria città, del comune, del quartiere, della salute, dell’ambiente, dell’integrità fisica e della libertà di espressione individuale e collettiva, sono bollate come «ribellismo» e come «localismo» da destra e da sinistra, da politici ex fascisti ed ex comunisti (è tutto stampato sui giornali), e soprattutto da alti (e anche altissimi) esponenti delle istituzioni repubblicane, che cosa dobbiamo pensare? A chi è in mano l’Italia, se appena protesti per i tuoi diritti sei fuorilegge?

G.C.C.



Venerd́ 14 Agosto,2009 Ore: 23:54