succede a Prato ... e non importa che fossero cinesi. Erano lavoratori sfruttati, ridotti alla schiavitù

di Giorgio Langella

01 dicembre 2013
Prato, nella notte è andata a fuoco una fabbrica di vestiti. Sette lavoratori di nazionalità cinese hanno perso la vita e tre sono feriti gravi. Dormivano in fabbrica, in piccoli loculi. Non hanno avuto scampo. Uccisi da un modo di lavorare che non prevede umanità né dignità.
Un fatto che non si può ignorare. Il lavoro e la sicurezza non si possono svendere, né si può far finta di non vedere quello che succede nei luoghi di lavoro. Adesso si parlerà di tragedia inevitabile, annunciata. Si parlerà di lavoro nero, di evasione, di mancanza di sicurezza … si capirà che, le condizioni di vita di lavoratori ridotti allo stato di schiavitù, erano conosciute.
E, alla fine, non si farà nulla. Perché il governo taglierà i fondi a chi deve controllare. Perché non si faranno investimenti necessari. Perché non si faranno leggi adeguate e non si darà attuazione alle leggi sulla sicurezza e la dignità sul lavoro. E, soprattutto, perché il sistema industriale al quale si tende prevede sempre meno diritti e empre più sfruttamento per garantire maggiori profitti. Allora, si evidenzierà che “nelle nostre fabbriche” questo non succede, che “erano cinesi” abituati a questo modo di “lavorare”. Ma poco importa chi fosse il proprietario della fabbrica, né di quale nazionalità fossero le vittime. Erano donne e uomini che vivevano in condizioni inumane. Lavoratori sfruttati come tanti. Lavoratori che vivevano nel pericolo come quelli della ThyssenKrupp, dell'Eternit, della Marlane-Marzotto ...
Ingranaggi di un sistema spaventoso che difficilmente potrà essere “aggiustato”. Un sistema che deve essere abbattuto.



Lunedì 02 Dicembre,2013 Ore: 17:18