Editoriale
Occorre fermare la guerra, ora!

di Giovanni Sarubbi

È Dall'11 settembre 2001 che assistiamo sempre agli stessi copioni in occasione delle varie stragi che dopo quell'evento sono accaduti in Europa. A servizi di sicurezza impreparati, incapaci di prevenire alcunché prima delle stragi, segue una reazione violenta degli stessi che immediatamente sono in grado di fornire i nomi degli autori delle stragi che, puntualmente, finiscono uccisi o negli stessi attentati o subito dopo in blitz furiosi, come sta accadendo anche oggi in Francia dopo la strage del 13 novembre. E a Parigi, come in altre occasioni, si è scoperto che la “mente” delle stragi è stato libero di andare in Siria a combattere con l'ISIS e poi tornare in Francia per ben 6 volte senza che nessuno lo abbia mai fermato. Oggi lo stesso quotidiano “Il messaggero” titola un suo articolo con “Troppi misteri sull'attacco a Parigi uno dei killer non è identificato”.
È un copione oramai vecchio e stantio ma ben collaudato, che consente ai giornali di diffondere prima le valanghe di notizie sulla strage fornite dagli stessi inquirenti, tutte difficilmente verificabili, poi di far sorgere i dubbi, poi di pubblicare smentite o mezze verità. Il tutto finalizzato a creare una cortina fumogena sulla verità dei fatti, a creare paura fra la popolazione e renderla disponibile ad accettare sia misure limitative della libertà personale, sia la stessa guerra che, come dopo l'11 settembre 2001, viene immediatamente scatenata. E chi pone domande, chi pone dubbi e fa rilevare incongruenze, viene immediatamente accusato di complottismo ed il tutto serve a nascondere ciò che effettivamente sta accadendo.
E ciò che sta accadendo è oramai molto chiaro: è la terza guerra mondiale a pezzi, come la chiama Papa Francesco, che si dipana sotto i nostri occhi ma che la grande massa della popolazione, soprattutto quella europea, non riesce a percepire nella sua natura e nei suo contorni geo-politici perché essa si combatte in aree come il medio-oriente, parte dell'Asia e in Africa, dove sono i corso una quarantina di conflitti ad alta intensità (Libia, Somalia, Nigeria, Mali,…).
È la guerra che è alimentata dai produttori di armi che, mai come in questo periodo, vendono armi a chiunque glieli paghi, dall'una e dall'altra parte della barricata. E questo perché le industrie belliche producono “PIL”, tanto da trasformare primi ministri o ministri della difesa in piazzisti d'arme. Basta leggere le cronache dei viaggi che i vari capi di stato dei grandi paesi produttori di armi, fra cui l'Italia ma anche gli USA, la Francia, la Germania, l'Inghilterra, la Russia, la Cina, fanno in giro per il mondo ed in particolare verso i paesi arabi del Golfo Persico. Al loro seguito ci sono sempre i massimi dirigenti delle rispettive industrie belliche fra cui, in Italia, spicca la Finmeccanica. E si va dalle bombe per aerei, ai cannoni, alle navi da guerra, ai missili, alle armi cosiddette leggere. Vengono spedite persino dagli aeroporti civili, come è successo un paio di settimane fa dall'aeroporto di Cagliari. E sono quegli stessi primi ministri o ministri della difesa che hanno contributo a vendere armi che poi piangono sulle vittime degli attentati che la loro politica guerrafondaia ha generato.
Le spese militari, è stato sostenuto nel 2001 dall'allora presidente degli USA George Bush, avrebbero contribuito a risolvere la crisi dei paesi occidentali. Ed è una teoria che affonda le sue radici ai tempi della grande crisi del 1929, quella che fece da detonatore per la Seconda Guerra Mondiale. Fu il presidente Roosevelt, è opportuno ricordarlo, che diede vita al grande complesso militare industriale che consentì agli Stati Uniti di mettere il proprio sigillo sulla sconfitta del nazismo nella Seconda Guerra Mondiale. Il complesso militare-industriale americano produsse tanti di quegli armamenti, come mai era stato fino a quel momento, e a cui le industrie belliche della Germania nazista non furono in grado di tenere testa.
La guerra che stiamo vivendo è dunque una guerra, come tutte le altre che l'anno preceduta, figlia della crisi economica del sistema sociale basato sul capitalismo, cioè sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, sul profitto a tutti i costi, sullo sfruttamento selvaggio dell'uomo sull'uomo, sulle diseguaglianze sociali, sulla rapina selvaggia ed estrema delle risorse naturali dei paesi arabi, africani e sudamericani da parte di un ristretto numero di multinazionali nordamericane ma anche europee, fra cui quelle francesi e tedesche.
E per questa guerra si è creata, dopo l'11 settembre ed in modo sempre più chiaro, quella che oramai viene definita una “coalizione a guida americana”, composta da una cinquantina di stati di cui è parte integrante l'Italia. È una coalizione sulla quale non c'è stato alcun dibattito pubblico che ne definisse gli scopi, gli statuti, la modalità di funzionamento. Comandano gli USA, questo è sicuro. Nessun parlamento ha mai discusso di tale coalizione. Non lo ha fatto sicuramente il parlamento italiano che, per la nostra Costituzione, potrebbe aderire solo a organizzazioni sovranazionali finalizzati alla pace (art. 11). È una colazione che si nasconde e si cementa dietro la cosiddetta “lotta al terrorismo” che, leggendo semplicemente i fatti noti e senza addentrarsi in congetture allo stato difficilmente dimostrabili, è figlia diretta di tale coalizione. Sono noti i rapporti tra gli USA e Al-Qaeda prima dell'11 settembre o con l'attuale ISIS, finanziato e addestrato dagli USA in funzione anti Assad. Si tratta di fatti incontrovertibili e dai fatti bisogna partire.
E l'attuale guerra non è la guerra dell'islam contro il mondo occidentale e la “civiltà cristiana”, come va blaterando il neo-crociato Magdi Allam, a cui i grandi mezzi di comunicazione hanno dato un credito ed una importanza inversamente proporzionale alla qualità dei suoi scritti e delle sue “idee”. Chiunque conosca un minimo della religione islamica, non ha alcuna difficoltà a definire i testi scritti da Magdi Allam come paccottiglia sconclusionata falsa e mistificante, che può passare per descrizione fedele della religione islamica solo per l'ignoranza che c'è in Italia su tale argomento. Ignoranza, peraltro, che riguarda tutto ciò che è “religioso” in genere. Basti guardare a chi sono coloro che si definiscono difensori delle “radici cristiane dell'Europa”: gente che appartiene a gruppi estremisti di estrema destra, che amano il militarismo e praticano la violenza sistematica nei confronti delle minoranze, chiunque essi siano, dai Rom e Sinti, ai Gay, agli ebrei, ai Testimoni di Geova, gli stessi che furono infornati a milioni nei lager nazisti della Seconda Guerra Mondiale. Gruppi profondamente razzisti, come erano i loro nonni nazisti e fascisti a cui si ispirano. Cosa abbiano a che spartire con la parola “cristiano” queste persone e questi gruppi è un mistero non ancora risolto della politica contemporanea.
Chiunque conosca un po' di storia delle religioni, sa che in ogni religione ci sono sette estremiste che si sono rese responsabili di crimini orrendi. Ne è piena la religione cristiana, soprattutto negli USA. Ma una cosa sono gli estremisti e chi li manovra, altra cosa sono le religioni nel loro complesso. Confondere i gruppi estremisti con l'intero corpo di una religione, è il regalo più grande che si può fare a questi gruppi. Criminalizzare una intera comunità religiosa prendendo a pretesto le azioni di gruppi estremistici, significa nei fatti schierarsi con questi gruppi che vedono amplificate le proprie posizioni al di la delle loro speranze e capacità. È una questione di semplice buon senso che sembra essere scomparso nelle direzioni dei grandi mass-media italiani che, da oltre 15 anni, hanno sposato la teoria folle che islam = terrorismo. I primi terroristi, sono proprio quei giornali che sostengono questa teoria che pretende di criminalizzare la seconda religione mondiale.
Lo stanno facendo anche in questi giorni. Lo ha fatto il 14 novembre scorso il quotidiano Libero che è uscito con un titolo che è terrorismo puro, scrivendo “Bastardi Islamici”, titolo per il quale ha ricevuto numerose denunce penali ed una richiesta di provvedimento disciplinare all'Ordine dei giornalisti che ha un proprio codice deontologico, la cosiddetta “Carta di Roma”, che vieta l'utilizzo di frasi come quella usata da Libero.
Anche questa caccia all'islamico della porta accanto è funzionale alla guerra. Serve a non farci capire che fra poco l'Italia bombarderà, come ha già fatto in Kossovo, e poi in Libia o nelle altre guerre a cui ha partecipato. Serve a non farci capire a chi vengono vendute le armi italiane e contro chi esse vengono usate. Serve ad impedire che ci sia una sollevazione popolare contro la guerra e che possano maturare nella coscienza di vaste masse popolari idee contrarie a qualsiasi guerra, con una richiesta di rispetto integrale dell'Art. 11 della nostra Costituzione e di uscita immediata dalla “coalizione a guida USA” o da altre coalizioni finalizzate alla guerra quale è la NATO.
Le stesse misure di militarizzazioni di città come Roma, che qualunque esperto di sicurezza giudicherebbe inutili, servono a creare il clima della guerra e non certo ad impedire o prevenire attentati, come dimostra la triste esperienza di quei paesi dove ci sono soldati armati ad ogni angolo di strada e dove gli attentati sono quotidiani e drammatici.
L'unica via di uscita è fermare la guerra, è fermare le armi ed il loro turpe commercio. Chi pensa che la guerra possa essere la soluzione alla crisi economica che oramai dura da oltre un quindicennio, è un folle e la sua follia va fermata.
Occorrono grandi manifestazioni di massa per la pace, come quella che hanno iniziato a fare ieri pomeriggio i musulmani del nostro paese a cui va tutto il nostro sostegno ed il nostro plauso. Occorre intensificare il dialogo interreligioso e rifiutare la criminalizzazione delle religioni che devono invece poter operare liberamente, come garantisce inequivocabilmente la nostra Costituzione. Occorre superare la paura. Occorrono uomini e donne di buona volontà che si dedichino anima e corpo a questo grande compito: fermare la guerra ora!
Giovanni Sarubbi

Sullo stesso argomento vedi anche:

LE STRAGI DELL'IS: ALCUNE SEMPLICI VERITÀ,di Augusto Cavadi

Il terrorismo: padre o figlio del Maligno?,di Mario Mariotti




Domenica 22 Novembre,2015 Ore: 15:49