Editoriale
Costruttori di pace cercasi

di Giovanni Sarubbi

La guerra non è una catastrofe naturale. Non è un terremoto, o un'eruzione vulcanica, o un maremoto, o un urgano, tutti eventi che non sono provocati dall'azione umana e che l'uomo non può in alcun modo controllare. Eppure la guerra viene vissuta, ancora oggi, come qualcosa contro cui nulla si può fare, come, appunto, una catastrofe naturale. Era questa la mentalità ai tempi delle prime due guerre mondiali. Era una catastrofe che si abbatteva in particolare sulle classi povere, li dove venivano arruolati i soldati che poi morivano a milioni. Erano queste classi che pativano la fame e le distruzioni che la guerra inevitabilmente comporta, come ci dicono ancora oggi i milioni di rifugiati che arrivano sulle nostre coste.
Ma la guerra, come tutti sanno, non ha nulla di naturale o soprannaturale. Essa è una “attività” pienamente “umana”, legata cioè a precise scelte economiche, politiche, sociali e anche religiose tutte derivanti dalla volontà degli uomini ed in particolare di chi comanda le nazioni o dei leader religiosi che le sostengono quando si fanno coinvolgere da interessi economici e politici.
In questi giorni di nuovo tutti a scandalizzarsi per gli attentati compiuti in vari paesi dal fantomatico “Stato islamico” o Daesh o ISIS che dir si voglia. Attentati che erano prevedibili e che oramai da anni insanguinano l'inizio del Ramadan che in questi giorni stanno vivendo le comunità musulmane di tutto il mondo. L'ISIS, come del resto Al Qaeda prima di esso, è stato creato dai settori più reazionari degli USA, quelli legati al complesso militare-industriale, insieme ad alcuni stati alleati del mondo arabo che hanno finanziato, addestrato e favorito l'arruolamento di un esercito di 50mila soldati, in gran parte provenienti proprio dal mondo cosiddetto “occidentale”. Di nuovo tutti i mass-media a far finta che il mondo non sia in una “guerra mondiale” da oramai 15 anni. Una guerra combattuta sul piano militare su vari fronti, ma anche una guerra combattuta sul piano economico, con fallimenti a catena di banche, industrie, aziende di servizi, con milioni e milioni di disoccupati, con interi paesi strozzati dai creditori, come la Grecia, con campagne mediatiche di sostegno al terrorismo per dimostrare l'ineluttabilità della guerra, con gli USA e i loro alleati dipinti come “i buoni” e Al Qaeda prima e l'ISIS oggi come “i cattivi” da sconfiggere.
Nessun leader mondiale, di quelli che contano e che, come si dice, potrebbero cambiare il corso della storia, parla di pace o usa un linguaggio di pace. Non lo fa Obama, presidente USA e premio Nobel per la pace (che bestemmia!); non lo fa Putin, presidente della Russia; non lo fa Xi Jinping, presidente della Cina o uno degli altri presidenti dei paesi cosiddetti BRICS (sigla che unisce le iniziali di Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) che, sul piano mondiale, si contrappongono sul piano economico e militare al blocco dei paesi, circa 50 (fra cui l'Italia), che sostengono gli USA nella loro guerra mondiale scatenata dopo l'11 settembre 2001. I BRICS, che molti guardano con speranza, si stanno riarmando con un ritmo superiore a quello degli USA e dei loro alleati. Si stanno riarmando sia la Russia sia la Cina. Esercitazioni navali congiunte nel mar Mediterraneo, sono state fatte da Russia e Cina per contrapporsi ad analoghe esercitazioni militari congiunte della NATO. Nei prossimi mesi la NATO ha annunciato imponenti esercitazioni militari ai confini con la Russia. Nulla cioè parla di pace. Nessuna iniziativa diplomatica sul tema della pace di uno dei capi di stato che potrebbero cambiare il corso della storia è in questo momento in corso. L'ONU è praticamente inesistente. Prevale lo scontro su tutti i fronti. Una sola iniziativa di pace è stata quella che due anni fa fece Papa Francesco, che indisse una giornata di preghiera mondiale per la pace in Siria, iniziativa che non ha poi avuto la continuità che sarebbe stata necessaria, nonostante numerosi appelli in tal senso di singoli e di comunità religiose.
Sul piano politico interno il tema della pace non è diventato il tema principale di alcuna forza politica di rilievo nazionale presente in parlamento. Ci sono state iniziative parlamentari su alcune questioni in particolare, come la guerra nello Yemen, da parte dei Cinque Stelle, unico movimento che si è impegnato sul tema. La stessa SEL, che è l'altro partito di sinistra presente in parlamento, sul tema pace balbetta, non svolge alcuna azione incisiva ne sul piano parlamentare, ne su quello sociale. Ci sono iniziative e appelli per la pace o per l'uscita dell'Italia dalla NATO, formulati da associazioni e personalità della cultura, che anche noi abbiamo più e più volte rilanciato e sostenuto. Ma, dobbiamo prenderne atto, queste iniziative sono al momento minoritarie e marginali rispetto all'opinione pubblica complessiva, tutta ancora soggiogata dai mass-media filo-terroristici e guerrafondai, che diffondono i proclami dei terroristi ma boicottano e censurano gli appelli dei pacifisti.
L'abbiamo più volte detto e lo ripetiamo. Per incidere nelle scelte politiche nazionali, ci vorrebbe una organizzazione nazionale che assuma il tema della pace come unico argomento della propria attività e che sia in grado di mobilitare ogni giorno per lo meno qualche centinaio di persone per ogni capoluogo di provincia, cioè venti o trenta mila persone, che svolgano azioni di propaganda e sensibilizzazione dal basso e che diano vita ad azioni nonviolente che risveglino l'attenzione dell'opinione pubblica, che oggi è invece soggiogata dalla propaganda e dalle azioni, queste si terroristiche, dei vari Salvini (segretario della Lega Nord) e soci, contro coloro che scappano dalle guerre che proprio i paesi europei e gli USA hanno scatenato e sostenuto in Africa o nel Medio Oriente. Una organizzazione come quella messa su per il referendum sull'acqua pubblica.
C'è qualche personalità della cultura, del mondo politico, religioso o di qualche associazione che abbia la credibilità e la volontà di dare vita ad una tale organizzazione che assuma come unico argomento della propria azione il tema della pace? Tutte le sigle oggi esistenti nel mondo pacifista hanno il coraggio di ammettere di essere diventate anche esse luoghi istituzionalizzati, spesso colluse col potere, e lontani dai sentimenti veri della maggioranza della popolazione?
Si badi bene, non sto proponendo la costituzione dell'ennesimo partitino con tanto di funzionari, segretari o aspiranti onorevoli come ce ne sono tanti in giro, anche nel mondo del cosiddetto pacifismo. Sto proponendo l'avvio di un movimento per la pace costituito da persone, associazioni, comunità religiose, organizzazioni politiche, che abbia respiro nazionale, nel quale chi partecipa deve sapere di dover dare il proprio tempo, la propria fantasia e creatività, e anche il proprio denaro, per una causa che è al di sopra di qualsiasi piccolo interesse personale o di piccolo gruppo, essendo la causa della pace quella fondamentale per la quale vale la pena  impegnarsi.
Il problema fondamentale è quello della credibilità personale di chi inizierà questo percorso. La crisi della politica e dei partiti che oggi viviamo è innanzitutto una questione di credibilità personale di chi è sulla scena politica da oltre quarant'anni e che ha seminato il proprio cammino di tradimenti e cedimenti nei confronti delle classi sociali ricche e gaudenti.
Chi cerca spazi elettorali, si stia a casa sua. Chi non sa cosa significhi lavoro e sofferenza, chi ha sempre “campato di politica”, si stia a casa sua.
Ci sono giovani che vogliano sorridere alla vita e gridare forte la loro voglia di vivere e amare, il loro diritto al lavoro che non li costringa ad arruolarsi perché il mestiere delle armi è l'unico che questo Stato offre loro? Ci sono giovani disposti a fare di nuovo proprio lo slogan “Pace pane e lavoro” che caratterizzò i momenti migliori della nostra storia patria?
Ci sono leader religiosi, a qualsiasi livello, che vogliano sostanziare con la scelta per la pace il loro essere cercatori del mistero della vita? C'è un nuovo don Tonino Bello? C'è qualche vescovo, qualche pastore protestante o pope ortodosso, disposto a fare della pace la propria azione quotidiana, collegandosi e costruendo reti con quanti altri si battono per la pace? C'è quale Imam o altro leader religioso disposto a fare altrettanto? C'è un nuovo don Lorenzo Milani, un nuovo Primo Mazzolari, un nuovo Danilo Dolci o Aldo Capitini? Questi leader dobbiamo soltanto ammirarli per le loro azioni del passato o spetta ad ognuno di noi oggi ripercorrere i loro passi e renderli attuali per i nostri giorni?
Chi, anche in questi giorni, continua a rincorrere l'ennesima scissione o l'ennesima “ricostruzione” di un “partito di sinistra”, sognando ampi spazi elettorali che tali azioni genererebbero, vuole assumere il tema della pace come tema fondamentale della propria azione? Lo può fare la “coalizione sociale” proposta dalla FIOM di Landini? Cosa è necessario che succeda per convincere chi è a capo di questo o quel partito o associazione o organizzazione religiosa della necessità che la pace divenga l'unica cosa su cui oggi bisogna assolutamente impegnarsi?
Senza il bene della pace è tutto inutile. Senza la pace non c'è vita, lavoro, prosperità, futuro.
Costruttori di pace cercasi.
Giovanni Sarubbi



Domenica 28 Giugno,2015 Ore: 12:54