Editoriale
Nessun capo, ma tutti capi, nessun padrone ma tutti servitori

di Giovanni Sarubbi

La buona notizia dell'evangelo di Gesù di Nazarteh si può sintetizzare nel suo appello alla liberazione dalla schiavitù della religione incarnata dai sacerdoti e dal tempio nel quale essi officiavano il loro culto. Un appello sintetizzato in modo netto nel racconto della cacciata dei mercanti e del popolo dal tempio e nella sua violazione continua del comandamento del sabato per il quale, in Israele, vigeva la pena di morte. Un culto oppressivo, quello incarnato da scribi (i maestri della legge) e sacerdoti (gli intermediari tra Dio e l'umanità), che chiedeva sacrifici continui di animali, che avevano trasformato il Tempio di Gerusalemme in una vera e propria macelleria con lauti guadagni per i suoi gestori. La casta dei sacerdoti era anche infatti proprietaria sia degli allevamenti del bestiame destinato ai sacrifici, sia delle macellerie di Gerusalemme a cui forniva carne in abbondanza. Chi sacrificava un agnello o un animale di grosse dimensioni, prima lo comprava dai venditori di animali vivi e poi lo ricomprava dalle macellerie per mangiare durante i giorni di permanenza a Gerusalemme, unico luogo dove si poteva sacrificare ed avere la remissione dei propri peccati o ottenere le benedizioni per i propri affari. Venditori di animali e macellai legati a filo doppio ai sacerdoti. Il tutto avvolto dai fumi e dall'odore dell'incenso che serviva a coprire il puzzo del sangue degli animali, che scorreva a fiumi nei tanti momenti rituali che la religione aveva creato per tenere legato e prigioniero il popolo di Israele attorno ad una casta oppressiva, quella sacerdotale e quella monarchica con cui era collusa.
La crisi della religione cristiana è tutta qui: un messaggio liberante, proposto da Gesù profeta disarmato, armato solo della sua parola e della sua violazione continua del sabato, cioè delle regole sacerdotali, trasformato in un messaggio oppressivo, in una religione, cioè in una ideologia ed in una organizzazione sociale che vincola i propri membri a seguire regole, ad obbedire a gerarchie, a credere e ad avere paura di una entità metafisica chiamata “Dio”, di cui la casta sacerdotale si appropria e di cui interpreta la volontà per esercitare un potere di vita e di morte sui fedeli che a quel dio credono e a cui hanno votato la loro vita o a cui chiedono favori.
E' una riflessione questa che andiamo facendo da tempo, che ha coinvolto numerosi amici e amiche su queste pagine, e che in questi giorni è stata rimessa all'ordine del giorno sia dalle tante chiacchiere che si stanno facendo in relazione al primo anno di pontificato di Papa Francesco, sia da alcuni convegni che si sono tenuti sul tema della crisi della chiesa e quindi della sua riforma di cui abbiamo pubblicato la riflessione di Vito Mancuso (vedi link).
Credo di non sbagliare affermando che il nostro sito è uno dei pochi giornali on-line esistenti che pone con precisione la domanda sulla “crisi delle chiese cristiane”, di tutte le chiese cristiane, fin dalla sua fondazione oramai 14 anni fa. Una domanda scomoda, a cui ovviamente la casta sacerdotale, variamente articolata nelle mille confessioni religiose “cristiane” esistenti, non ha alcuna intenzione di rispondere. Ed il motivo è semplice. Una risposta positiva porterebbe alla loro cancellazione come casta e alla cancellazione di questa vera e propria mostruosità ideologia che è diventata nel corso di duemila anni questa religione che si è costruita a partire da un profeta, Gesù di Nazareth, che in tutte le sue espressioni ha negato qualsiasi valore all'esperienza religiosa e sacerdotale, contestandone alla radice i fondamenti.
Lo ha fatto proponendo concetti che 2000 anni fa erano rivoluzionari rispetto alla cultura imperante, parlando di un “Dio padre”, negando cioè l'idea che il dio di cui parlavano i sacerdoti si trovasse nel settimo cielo, per arrivare al quale occorrevano 3500 anni di cammino e a cui solo i grandi sacerdoti potevano accedere direttamente. Il Dio di cui parlava Gesù era l'umanità, era costituita dal fratello, dalla sorella, dalla persona qualsiasi con cui vivere solidarmente. Lo ha fatto abolendo il tempio e parlando di “ecclesia”, che 2000 anni fa non aveva nulla di sacro ma era anzi una istituzione assolutamente non religiosa. Con il termine chiesa, che deriva dal greco ecclesia (ekklêsia), si indicava l’assemblea del popolo (in greco appunto "ecclesia"), alla quale tutti potevano partecipare, nessuno escluso, e durante la quale si discutevano e risolvevano democraticamente i problemi della comunità. Una organizzazione che oggi noi definiremmo “laica”, cioè non religiosa e non sacra, con uguali diritti e uguali doveri per tutti i partecipanti. (vedi qui)
La religione cristiana, costruita dall'imperatore Costantino nel quarto secolo, riporta il “Dio padre” nell'alto dei cieli, ci mette vicino un figlio trasformato in un uomo-dio unico mediatore e grande sacerdote, e condisce il tutto con lo “spirito santo” ed il culto della “madre di Dio”. Questa religione si è anche basata sulle interpretazioni di chi ha cercato di inserire la predicazione di Gesù nell'ambito dell'ebraismo e della filosofia greca. Un po' di ebraismo, un po' di paganesimo ed eccoti costruita una nuova religione che, come tutte le religioni, serve a costruire imperi, a consolidare poteri, a rendere schiavi la massa dei fedeli e a costituire caste sacerdotali.
Ha ragione Vito Mancuso quando dice che bisogna mettere in discussione «lo stesso cristianesimo nella sua essenza di vangelo-buona-notizia e insieme di verità». E fa bene Mancuso a limitarsi a porre domande perché, ne siamo convinti, le risposte per essere vere e rivoluzionarie devono venire su dalla vita di milioni e milioni di persone ora coinvolte in questa esperienza che si chiama “cristianesimo” che non morirà “per i suoi errori accidentali e superficiali, ma solo quando non soddisfa più alcun bisogno”.1 E la domanda principale da porre è,secondo noi, la prima che Mancuso si è posto è cioè “è necessaria una riforma del cristianesimo”? O anche “è possibile una riforma del cristianesimo”? Questione antica già oggetto degli scontri ideologici e fisici che hanno caratterizzato la riforna protestante del sedicesimo secolo, che aveva fra le sue affermazioni quella della Ecclesia semper reformanda est, della necessità che la chiesa fosse soggetta ad un processo di riforma sempre attivo. Oppure, viceversa, se è necessario andare oltre, ritornare allo spirito originario dell'evangelo di Gesù, con la distruzione del “tempio” con tutti gli annessi e connessi, casta sacerdotale compresa con il carico dei loro sacrifici imposti agli altri ma di cui essi non vogliono portare alcunché?2
E' la riflessione che mi è sorta spontanea in questi giorni leggendo l'intervista di Papa Francesco al Corriere della Sera del 5 marzo scorso (vedi qui) e guardando le immagini dell'incontro dello stesso Papa Francesco con i sacerdoti romani.
Le immagini sono spesso più significative di molte parole.
Li avete visti i sacerdoti riuniti in Vaticano con il Papa che parla loro? Il Papa sul trono, anche se in abiti normali, e loro lontani. Quale bella notizia può venire da un luogo, il Vaticano, che trasuda ricchezza e potere e dove il sangue versato da milioni di persone si sente ad ogni passo? Quale bella notizia essi possono oggi annunciare? Volti tristi, vestiti di nero, al massimo possono officiare un funerale, e lo fanno anche quando amministrano un battesimo o un matrimonio. I santi diventano tali perché o sono martiri o vergini. Che vita trasuda da tale tipo di santità e che cosa è la santità oggi?
C'è sempre il sacrificio di Cristo che incombe. C'è sempre il suo sangue versato per la nostra personale redenzione e salvezza. Il puzzo del sangue non si sente fisicamente ma lo si percepisce, è li comunque ad opprimere l'anima.
Mel Gibson nel suo orribile film “The passion”, sulla crocifissione di Gesù, ha usato, in tutte le scene della fustigazione, sangue vero che lui spruzzava in continuazione, in modo che gli attori avessero le stesse sensazioni di chi 2000 anni fa eseguiva quelle torture. Quelle scene orribili del film di Gibson rappresentano bene, al di la di ogni ragionevole dubbio, qual è oggi la condizione del cristiano: il puzzo del sangue riempie la loro vita anche senza la sua presenza fisica, come era per gli abitanti della Palestina di 2000 anni fa e a cui si rivolgeva Gesù.
«O Crux ave, spes unica», «Salve o croce unica speranza» fa parte dell'inno Vexilla Regis ("I vessilli del re") che è un inno liturgico latino di Venanzio Fortunato (530-609) che esalta il mistero della Croce di Cristo. Ed è una delle frasi citate da Bergoglio nel libro edito da Rizzoli, che contiene il testo degli esercizi spirituali da lui tenuti in Argentina prima di diventare papa, in due capitoli dai titoli significativi di La croce e la missione e Croce e senso belligerante della vita.3
Esercizi spirituali che, come rileva l'editore nel citato libro di Bergoglio, hanno lo scopo di «cercare e trovare la volontà di dio nell'organizzazione della propria vita in ordine alla salvezza dell'anima». E ha di nuovo ragione Mancuso quando rileva, alla fine del suo testo, che la questione principale del cristianesimo sia il tema della “soteriologia”, una parola da teologi che significa “dottrina della salvezza”, cioè di tutti quei carichi pesanti e opprimenti che Gesù rifiuta nel citato passo del vangelo di Matteo.
E perché, per ritornare al Papa e al suo primo anno di pontificato, stupirsi delle parole che lui ha pronunciato sulla questione della pedofilia clericale che, pur condannando il fatto perché «i casi di abusi sono tremendi perchè lasciano ferite profondissime», assolve in sostanza la chiesa affermando che essa “ha fatto tanto” a cominciare da Benedetto XVI?
Il capo di una organizzazione, sacra quanto si vuole ma pur sempre una organizzazione profondamente radicata nella materialità, non può che difenderla perché altrimenti ne metterebbe in discussione il potere ed il ruolo nella società.
E tutte queste discussioni sul primo anno di Papa Francesco, che hanno fatto la fortuna di molte case editrici, pongono anche un'altra domanda, quella sul ruolo dei capi, delle gerarchie, ed in definitiva del potere che riesce a coinvolgere e a condizionare anche le menti più libere. C'è la speranza diffusa che un capo ci salverà, che ci sarà un Re che ribalterà le sorti dei popoli derelitti. Idea figlia dell'immagine costruita su Gesù, il Cristo, il salvatore, il messia, o, per dirla con linguaggio moderno, del supereroe che difende i deboli e gli oppressi. Sono tutte idee di cui, crediamo, occorre liberarsi rilanciando inece l'idea messianica come patrimonio di una intera comunità e non di un singolo individuo particolarmente buono o forte.
Ed il guardare a Papa Francesco con tanta insistenza e riversare su di lui le speranze per una riforma della chiesa crediamo sia un errore profondo. Certo fra un Re sanguinario ed un Re buono e giusto, è sicuramente preferibile un Re buono. Ma è pur sempre un Re e per noi è incommensurabilmente meglio e preferibile una pur imperfetta repubblica. Fra un Papa che sostenga o faccia la guerra, e c'è ne sono stati tanti, ed un papa che proclama la follia della guerra, noi preferiamo quest'ultimo e non avremmo alcun dubbio a sostenerlo. Ma è un Papa e in se esercita una funzione oppressiva, si basa su una teologia costruita da un imperatore per consolidare il proprio potere. La stessa cosa dicasi per tutte le altre funzioni simili a quelle del papa esistenti nelle altre confessioni religiose cristiane. Occorre cioè dire che non nutriamo alcuna fiducia nella istituzione chiesa quale essa è oggi (ed in tale termine comprendiamo tutte le moltissime confessioni cristiane oggi esistenti legate al paradigma costantiniano) e nella sua capacità di riformarsi continuamente senza mettere in discussione le fondamenta teologiche su cui esse sono state costruite. E' una storia già vista che ha dato risultati peggiori del male. Che differenza c'è fra il potere temporale della Chiesa Cattolica e quello delle chiese della riforma protestante che si sono sviluppate solo grazie al potere temporale dei principi germanici che le hanno sostenute per non pagare le tasse al Papa?
O ancora, quale delle tante confessioni cristiane esistenti oggi può rivendicare a se l'etichetta di “autentica religione cristiana” e proporsi come modello di un cristianesimo “riformato” legato al messaggio originale di Gesù? E quali le caratteristiche di tale religione? Cristiani si definiscono i cattolici, gli ortodossi, i protestanti, i pentecostali, i mormoni, i Testimoni di Geova. Chi decide quale di queste confessioni è quella giusta e perchè?
Occorre cioè una riflessione a tutto campo nella quale nessuna questione può essere considerata un tabù intoccabile ed in cui tutti abbiano gli stessi diritti e la stessa libertà di partecipazione. Nessun capo, ma tutti capi, nessun padrone ma tutti servitori. Allora si potremo avere una chiesa basata sulla gioia, che trasmetta vita e che consentirà ad ognuno liberamente di ripetere e fare proprio l'antico sogno dei profeti:
Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l'anno di grazia del Signore. (Lc 4,18-19)
NOTE
1Benedetto Croce, Perché non possiamo non dirci «cristiani», 1942, in La mia filosofia, a cura di Giuseppe Galasso, Adelphi, Milano 1993, p. 46. (La citazione è di Vito Mancuso nel testo prima citato)
2Vedi Matteo 23,4 «Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. »
3 Jorge Mario Bergoglio – Papa Francesco Aprite la mente al vostro cuore – Rizzoli 2013 . Traduzione del libro “Mente abierta corazon creyente” Editorial Claretiana 2012



Domenica 09 Marzo,2014 Ore: 13:12