Editoriale
Cercasi un popolo "Davide" per abbattere i Golia di turno

di Giovanni Sarubbi

Una decina di anni fa, credo fosse nel giugno del 2002, mi è capitato di assistere ad un episodio a cui poi ho spesso pensato in seguito ed anche negli ultimi tempi. Ero a Roma per partecipare ad una tre giorni di studio presso la Facoltà Valdese di Teologia. Era un sabato sera. Dopo lo studio e la cena insieme agli altri amici che partecipavano alla sessione di studio, andammo in giro per Roma. Arrivammo a Piazza Navona, affollata come sempre di artisti, pittori, giocolieri e varia umanità. Come è noto la piazza ha forma rettangolare ed è molto lunga. Su uno dei lati lunghi della piazza c'è una chiesa imponente, quella di Sant'Agnese in Agone. Quella sera una delle parti terminali della piazza era stata recintata. C'era un palco e sotto al palco una serie di sedie. Sul palco c'era un altare. C'erano grossi cartelli pubblicitari annuncianti un evento religioso ma non ricordo quale. Dopo un po' che eravamo arrivati vediamo uscire dalla chiesa una processione religiosa. Chierici e chierichetti con candele, croci e turiboli in mano. Al centro della scena c'era colui che presiedeva la processione. Era un vescovo vestito in modo sfarzoso. Aveva una mitra preziosissima in testa, un bastone pastorale imponente e indossava un piviale luccicante. C'era un turbinio di oro e pietre preziose che abbagliava chi guardava la scena. Sembrava la scena di un film sul medioevo. Riconoscemmo subito il vescovo che presiedeva quella cerimonia. Si trattava del cardinale Camillo Ruini, allora vicario del Papa per la diocesi di Roma e presidente della CEI, la conferenza episcopale italiana. La scena aveva qualcosa di surreale. Il corteo uscì dalla chiesa nell'indifferenza generale dei presenti in piazza, ed erano tantissimi, diverse migliaia. Seguendo uno dei lati della piazza, il corteo si diresse verso lo spazio delimitato che avevamo notato e di cui non eravamo riusciti, fino a quel momento, a capire la funzione. Saranno stati forse duecento persone. Arrivati allo spazio delimitato, il cardinale sfarzosamente vestito occupò l'altare, il resto del "gregge" occupò le sedie e cominciò la funzione religiosa. Nessuno nella piazza si scompose più di tanto. Un centimetro dopo il recinto, ognuno faceva quello che gli pareva. I giocolieri i giocolieri, i pittori i pittori, i caricaturisti i caricaturisti. Chi era seduto al bar, continuò a farlo e così chi mangiava in uno dei molti ristoranti della piazza. Quel recinto, con tutto ciò che conteneva, era come se non esistesse. C'era, si potevano sentire i canti, la musica le risposte salmodiate, ma per la restante parte della piazza li non c'era nulla, come se una cupola invisibile avesse racchiuso quello spazio, rendendolo presente ma al tempo stesso assente, rumoroso ma al tempo stesso silenzioso. La città considerata la culla del cattolicesimo, sede del Vaticano, ignorava semplicemente il vicario del Papa e le funzioni religiose da lui presiedute. Da parte sua il vicario del Papa ignorò tutti quelli che stavano in quella piazza e non si pose in alcun modo il problema di cercare di parlare con alcuno di essi, liberandosi magari dei suoi ridicoli e ricchissimi vestiti carichi di oro e pietre preziose. Due mondi separati ed incomunicabili si toccavano, si sentivano, si odoravano, si vedevano ma ognuno ignorava l'altro.
Le organizzazioni sociali o religiose, che hanno sedimentato su di se i segni del potere e del suo esercizio, come sono in gran parte le chiese cristiane legate al paradigma costantiniano, tengono le loro liturgie spesso a prescindere da cosa tali liturgie rappresentino per il resto della popolazione o per quelli che magari sono semplicemente di passaggio, come ero io quella sera a Roma. Sono cose che devono essere fatte a prescindere dal luogo, dal tempo e dalle circostanze.
Questo modo di comportarsi, non riguarda solo le organizzazioni religiose ma tutta la società nel suo insieme. Ogni organizzazione sociale si comporta con gli stessi criteri. La logica del potere permea qualsiasi organismo sociale, associazione, sindacato o partito che sia. Chi ha il potere lo esercita, chi lo vuole conquistare mutua gli stessi comportamenti di chi il potere lo ha già.
E ogni potere ha i suoi sacerdoti e le sue liturgie, che devono andare in scena, costi quel che costi, per dimostrare di esserci, di essere vivi anche se in realtà si è morti e putrefatti.
Tali liturgie sono un modo per dire al resto del mondo “noi ci siamo e facciamo come diciamo noi, noi siamo tutto e voi non siete nessuno, siamo noi che diciamo cosa è giusto e cosa no, cosa è la verità e cosa non lo è”. E' una cosa tipica di tutte le istituzioni che detengono ed esercitano un qualsiasi potere, ed è una cosa nota da tantissimo tempo, tanto che viene narrata, con immagini suggestive, nel libro dell'Apocalisse, un libro troppo spesso sconosciuto e bistrattato, per cancellarne i suoi insegnamenti ed impedire che si possa prendere coscienza delle lusinghe del potere e dei suoi ministri di culto.
Ed oramai da troppi decenni, sono diventate delle liturgie eterne ed immutabili i congressi di partito, come quelli che si stanno svolgendo in questi mesi, o le iniziative che questi assumono nella società, i convegni o le stesse manifestazioni di protesta delle forze di opposizione, che non riescono a scalfire in nulla le decisioni di chi, ad esempio, sta distruggendo la Costituzione nata dalla Resistenza, dopo aver distrutto la vita di milioni e milioni di persone riducendole in miseria, fiaccandone lo spirito critico e distruggendone le conoscenze,  facendo conquistare agli italiani il privilegio di fregiarsi del titolo di "ignoranti del millennio" (Fonte OCSE).
Liturgie che tendono a certificare l'esistenza in vita di questo o quel partito o organizzazione sociale, mentre la gente, le persone in carne ed ossa, stanno da un'altra parte e prestano pochissimo interesse per tutto ciò che riguarda la vita politica o sociale.
Ma si continua a celebrare queste liturgie, facendo illudere i protagonisti, i piccoli o grandi sacerdoti di turno, di essere riusciti a fare qualcosa di importante, se magari si riesce a mettere insieme cinquanta persone in una stanza in una città di un milione di abitanti. E si è ancora più contenti e felici, se le immagini della sala vengono poi trasmesse da qualche TV per trenta secondi. La felicità diventa “gaudium magnum” se poi all'iniziativa partecipa, oltre ai sacerdoti locali, qualche “vescovo” venuto da Roma o magari il “papa” stesso di quella organizzazione. E la cosa più ridicola è che mentre nella Chiesa Cattolica, maestra di liturgia, l'attuale Papa ha iniziato a cambiare un po' di scenografie e di abbigliamenti medievali, almeno fino al prossimo "caffettino" che qualcuno gli farà bere, nelle organizzazioni sociali nulla sembra cambiare.
E' da tempo oramai che la situazione politica e sociale italiana è simile a quell'episodio a cui ho assistito a Roma tanti anni fa. La “politica” vive in un mondo suo, recintato e protetto. Vuole stupire e conquistare i cittadini con effetti speciali, con vestiti d'oro o parole roboanti, illusioni e menzogne, ed in parte ci riesce, come sta facendo Renzi in questi mesi. Ma la distanza fra i cittadini e chi gestisce il potere aumenta sempre di più, come aumenta sempre di più la distanza fra i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Ed aumenta anche la volontà e la voglia dell'uomo solo al comando, del dittatore che rimetta tutti in riga.
Come uscirne? Cosa può rompere quel potere che finora è stato esercitato solo ed esclusivamente contro i poveri e a favore dei ricchi e ridare un senso alla giustizia sociale?
Prendiamo ad esempio lo stravolgimento della Costituzione, che è in via di realizzazione con lo stupro dell'art. 138 realizzato nelle ultime settimane. E' chiaro che non basta alcuna liturgia di partito, quali un convegno o quant'altro è stato messo su in queste settimane, per impedire a PD e PDL di raggiungere l'obiettivo, che è quello di cancellare la democrazia dal nostro paese e tutte le norme che tutelano il mondo del lavoro. Ci vogliono per lo meno dieci milioni di persone che accerchino per una, due, tre settimane i palazzi del potere a Roma, Montecitorio, il Senato, Palazzo Chigi, la Presidenza della Repubblica, la Corte Costituzionale,.... per costringere gli stupratori a smettere e a liberare definitivamente le istituzioni dalla loro presenza. Se ciò non avverrà, la Costituzione verrà stuprata e i diritti dei lavoratori distrutti e forse se ne riparlerà tra vent'anni.
E allora cosa può portare dieci milioni di persone a Roma? Qual è il catalizzatore che bisogna immettere nella società affinché ciò avvenga? Ecco più che di liturgie inutili, o di bisticci fra organizzazioni marginali che gareggiano per mettere il loro piccolo marchio sulle iniziativa a difesa della Costituzione, serve che qualcuno dia qualche buona idea e lanci qualche segno visibile, che metta qualche sassolino nei meccanismi del potere inceppandolo e distruggendolo, facendo trasformare i fiocchi di neve in valanga. Serve un piccolo Davide che liberandosi delle sue pesanti armature riesca, con la sua misera fionda, ad abbattere il possente Golia (1 Samuele 17). Ma più che una sola persona che vesta i panni di un super-eroe, serve un popolo che riconquisti la sua dignità.
Se sono molti a pensarci, forse un'idea si trova. Per lo meno proviamoci!
Giovanni Sarubbi



Domenica 10 Novembre,2013 Ore: 09:23