Editoriali
Fatti e non parole

di Giovanni Sarubbi

“La chiesa è viva”, lo dice il Sinodo dei Vescovi che si concluderà oggi 28 ottobre con una solenne messa in piazza San Pietro presieduta dal Papa. “La chiesa è viva” descrive in realtà la scena di un moribondo in coma che cerca di rianimare se stesso.

Per tre settimane 262 fra vescovi e cardinali, nominati dal Papa e non certo eletti da quello che il Vaticano II chiamava “il popolo di Dio”, hanno discusso comodamente alloggiati in Vaticano (quanti soldi sprecati che potevano essere usati per i poveri!) sul tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”, e lo hanno fatto utilizzando un linguaggio che nel suo vocabolario contiene espressioni come “Ordo Synodi Episcoporum”, “Lineamenta”, “Instrumentum laboris”, “Disceptatio”, “Relatio ante disceptationem”, “Relatio post disceptationem”, “Nuntius”. Vocabolario e linguaggio per interpretare i quali non basta un semplice vocabolario di latino ma occorre la conoscenza dettagliata dei riti e dei salamelecchi vari che si scambiano “le loro eccellenze reverendissime”, i mosnignori, gli aiutanti di camera e i baciatori di pantofole targate Prada, di quella macchina mostruosa che è la Curia Romana, quella che ha dato mostra di se con l'affare Vatileaks, che ha portato in carcere l'ex maggiordomo del Papa, coprendo altre responsabilità, o che è da sempre impegnata a coprire gli affari e le nefandezze dello IOR, che è forse la più nefanda di tutte le istituzioni pontificie.

Dice il Vangelo di Matteo, in quello che può essere considerato il “manifesto programmatico” dei seguaci di Gesù, «Sia invece il vostro parlare: "Sì, sì", "No, no"; il di più viene dal Maligno». Ed è “il maligno” quello che viene fuori da ogni riga dei documenti approvati dai 262 “padri sinodali” (padri di che, visto che non hanno figli, almeno ufficialmente!), che sono stati resi noti in “una versione in lingua inglese, provvisoria, ufficiosa e non ufficiale, a cura della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi” per, udite udite, “benevola decisione del Santo Padre Benedetto XVI”, capo assoluto dello stato Città del Vaticano. Si, perché i documenti approvati dai vescovi potranno essere cambiati in tutto o in parte dal Papa, quel capo assoluto indicato nella sentenza che ha condannato il suo ex maggiordomo come “felicemente regnante”, anche se, guardardandolo, Papa Benedetto XVI non ci sembra molto felice.

Sembra di ascoltare e di rivedere (chi ha una sessantina d'anni lo ricorderà), quel duetto fra la cantante Mina e l'attore Alberto Lupo che cantavano la canzone “PAROLE PAROLE PAROLE”(1), che nella sua parte centrale contiene il ritornello che dice: “Parole, parole, parole, parole parole soltanto parole, parole tra noi”.

Oggi non è più tempo di parole fra la gerarchia ecclesiastica e quello che il Vaticano II chiamava “il Popolo di Dio”. Oggi occorrono gesti concreti se si ha una buona novella da raccontare al monto. Altrimenti nessuna rianimazione è possibile ed il morto morirà definitivamente.

Proviamo ad elencare qualcuno di questi gesti, invitando tutti i nostri 4 lettori a scrivere quelli che secondo loro possono essere i gesti necessari oggi affinché l'evangelo di Gesù di Nazareth possa far sentire di nuovo la sua forza dirompente.

Per me innanzitutto occorre ritirare immediatamente tutti i cappellani militari da tutti gli eserciti del mondo, sciogliendo l'ordinariato militare e inviando i suoi membri, a titolo di rieducazione permanente, nei posti più disagiati della terra, a condividere la vita degli ultimi e dei derelitti, senza stipendio o alloggio e cibo sicuri, come dice il Vangelo, con l'obbligo di proclamare continuamente il comandamento del “tu non uccidere” come propria missione costante, chiedendo perdono quotidianamente con le parole e con i fatti di tutte le guerre che la Chiesa cattolica, insieme a tutte le altre chiese, ha benedetto nei secoli, dai tempi dell'imperatore Costantino ad oggi. Con tale gesto riavranno valore le parole e sarà dato il giusto onore alla enciclica “Pacem in Terris” di Giovanni XXIII, quella che considerava la guerra una vera e propria pazzia.

Ho cominciato con la questione dei cappellani militari, apparentemente marginale, per segnalare l'urgenza della guerra nella quale siamo immersi da 11 anni, e di cui in Europa non ci rendiamo conto perché non ci piovono le bombe in testa. Le bombe che le industrie belliche italiane ed europee producono, che sono ora benedette anche dal conferimento del premio nobel per la pace alla UE, le vanno a scaricare sui popoli arabi o in Afghanistan, dove soldati italiani combattono da 11 anni, uccidono e sono uccisi in spregio della Costituzione e con la benedizione dell'ordinariato militare che dirà, ne siamo certi, ancora una volta parole, soltanto parole, che avalleranno la retorica militarista sull'eroe morto per adempiere al proprio dovere, di fronte all'ennesimo soldato italiano ucciso in questi giorni, il 52°, e non accuserà i veri responsabili di questo omicidio, che sono i governi ed i presidenti della Repubblica che hanno consentito e che ancora consentono a che l'Italia partecipi ad una guerra in spregio della nostra Costituzione. Come dice il Vangelo non si possono servire due padroni, ed è difficile che il vescovo castrense, questo il titolo del capo dei cappellani militari, che è insignito del grado militare di generale di corpo di armata per il quale viene regolarmente retribuito, possa mordere la mano di chi gli paga lo stipendio.

Occorre poi abolire tutti gli ordini e gradi gerarchici all'interno delle chiese, non solo di quella cattolica. Basta con chi, nascondendosi dietro ad una chiamata divina ricevuta miracolosamente, impone di fatto il proprio potere personale, il proprio egocentrismo, la propria visione e i propri sentimenti come provenienti direttamente da Dio, diventandone di fatto il padrone e l'intermediario, come di chi ha le chiavi di una cassaforte piena di tesori da distribuire solo a chi è fedele e obbedisce a questi poteri che si sono sostituiti di fatto al potere assoluto di Dio.

La chiesa cattolica, come tutte le altre chiese, ritornino ad essere organismi collettivi, comunità dove non ci sono padroni, ne schiavi, ne persone con poteri particolari di dare salvezze eterne. Mettiamoci gli uni a servizio degli altri, aiutiamoci fraternamente e sororamente(2), condividiamo i nostri dolori e le nostre speranze, la nostra ricerca per dare un senso alla nostra vita, smettiamo di vedere nell'altro/a il nemico da battere o il mostro da cui difenderci mentre invece è solo un nostro fratello/sorella con cui abbiamo l'obbligo di condividere la vita e l'Unica Terra su cui viviamo.

Basta preti, pastori, pope, vescovi, cardinali, monsignori, sacerdoti.... Basta vestiti che solo a guardarli mettono paura e generano distanza e repulsione. Basta mitria(3), casule(4), pastorali(5) tempestate di diamanti, anelli altrettanto ingioiellati, croci di oro massiccio imbracciate o portate al collo come armi per diffondere terrore e paura, miseria e subordinazione, come ai tempi dell'imperatore Costantino che, non ha caso, proclamò “in hoc signo vince”, col segno terroristico della croce vincerai, ma non è questo il senso della croce dell'evangelo di Gesù di Nazareth.

Basta con il vivere nella ricchezza e maneggiare decine o centinaia di miliardi di euro o dollari, e questo non vale solo per la chiesa cattolica che, su tale terreno, ha dei competitori in altre chiese molto attrezzati. Basta stati teocratici, come quello Vaticano, che ha benedetto nel corso dei suoi 1700 anni di storia le peggiori dittature e benedetto le peggiori guerre sante, le più sanguinose e violente che la storia umana abbia mai registrato.

Dive il Vangelo “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Marco 8,34), cioè non abbia paura di sporcarsi le mani contestando i poteri ingiusti che opprimono l'umanità e affronti anche l'ignominia della croce se necessario.

E, infine, riappropriamoci di quella frase del Vangelo di Matteo la dove è scritto «Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici».(Marco 8,34). Basta dunque con quell'orribile dottrina sacrificale su “Gesù agnello di Dio” sacrificato dal Padre per la salvezza dell'umanità, che è un retaggio mefitico e orribile della cultura sacrificale, che prevedeva anche i sacrifici umani per placare la collera degli dei e che la stessa Bibbia condanna fin dal libro della Genesi, con il racconto del “mancato sacrificio di Isacco”, che viene invece raccontato da tutte le chiese cristiane come “il sacrificio di Isacco”, solo per poter giustificare la mostruosità della dottrina sacrificale applicata a Gesù di Nazareth. Archiviamo questa dottrina sacrificale orrenda e consegniamola alla storia, o meglio alle mostruosità della storia di cui dobbiamo al più presto liberarci se vogliamo avere ancora un evangelo, una buona notizia, da raccontare alla umanità.

Ecco sarebbe bello se oggi 28 ottobre tutti i vescovi ed il Papa in piazza san Pietro si spogliassero dei loro paramenti sacri e dei loro simboli di terrore, si inginocchiassero, chiedessero perdono per le nefandezze della Chiesa e di tutte le chiese e dopo si mescolassero insieme alla folla come viandanti fra altri viandanti, come fratelli che percorrono la stessa via che hanno già percorso Gesù, o altri suoi fratelli come Francesco di Assisi, o Helder Camara, o Oscar Romero, o Martin Luther King o i tantissimi uomini e donne senza volto che hanno dato la loro vita per sostenere gli ultimi della Terra, e si sono opposti al potere maligno dei soldi e del potere politico militare e religioso che invece alberga oggi saldamente nella Città del Vaticano, rinnovando il peggio che in quelle stanze è successo e oscurando i pochi raggi di luce che le hanno attraversate ai tempi di Celestino V o di Giovanni XXIII o durante il Concilio Vaticano II. Ed insieme a tutta la folla in piazza San Pietro si spezzasse e si condividesse il pane che ognuno si è portato da casa, ed il vino e le altre bevande, segno di condivisione di quella vita che solo con la condivisione diventa degna di essere vissuta.

Giovanni Sarubbi


NOTE

1Parole parole parole

Mina & Alberto Lupo

Chiosso - Del Re - Ferrio

(1971)

Parlato: Cara, cosa mi succede stasera, ti guardo ed è come la prima volta
Canto : Che cosa sei, che cosa sei, che cosa sei
Parlato: Non vorrei parlare
Canto: Cosa sei
Parlato: Ma tu sei la frase d’amore cominciata e mai finita
Canto: Non cambi mai, non cambi mai, non cambi mai
Parlato: Tu sei il mio ieri, il mio oggi
Canto: Proprio mai
Parlato: È il mio sempre, inquietudine
Canto: Adesso ormai ci puoi provare/ chiamami tormento dai, già che ci sei
Parlato: Tu sei come il vento che porta i violini e le rose
Canto: Caramelle non ne voglio più
Parlato: Certe volte non ti capisco
Canto: Le rose e violini/ questa sera raccontali a un’altra,
violini e rose li posso sentire/ quando la cosa mi va se mi va,
quando è il momento/ e dopo si vedrà
Parlato: Una parola ancora
Canto: Parole, parole, parole
Parlato: Ascoltami
Canto: Parole, parole, parole
Parlato: Ti prego
Canto: Parole, parole, parole
Parlato: Io ti giuro
Canto: Parole, parole, parole, parole parole soltanto parole, parole tra noi
Parlato: Ecco il mio destino, parlarti, parlarti come la prima volta
Canto: Che cosa sei, che cosa sei, che cosa sei,
Parlato: No, non dire nulla, c’è la notte che parla
Canto: Cosa sei
Parlato: La romantica notte
Canto: Non cambi mai, non cambi mai, non cambi mai
Parlato: Tu sei il mio sogno proibito
Canto: Proprio mai
Parlato: È vero, speranza
Canto: Nessuno più ti può fermare/ chiamami passione dai, hai visto mai
Parlato: Si spegne nei tuoi occhi la luna e si accendono i grilli
Canto: Caramelle non ne voglio più
Parlato: Se tu non ci fossi bisognerebbe inventarti
Canto: La luna ed i grilli/ normalmente mi tengono sveglia/
mentre io voglio dormire e sognare/ l’uomo che a volte c’è in te quando c’è/
che parla meno/ ma può piacere a me
Parlato: Una parola ancora
Canto: Parole, parole, parole
Parlato: Ascoltami
Canto: Parole, parole, parole
Parlato: Ti prego
Canto: Parole, parole, parole
Parlato: Io ti giuro
Canto: Parole, parole, parole, parole parole soltanto parole, parole tra noi
Parlato: Che cosa sei
Canto: Parole, parole, parole
Parlato: Che cosa sei
Canto: Parole, parole, parole
Parlato: Che cosa sei
Canto: Parole, parole, parole
Parlato: Che cosa sei
Canto: Parole, parole, parole, parole parole soltanto parole, parole tra noi

2 Termine derivato da sororale, relativo, proprio della sorella

3La mitria (o mitra) è un paramento liturgico. È il copricapo usato dai vescovi nella Chiesa cattolica e in alcune altre confessioni cristiane durante le celebrazioni liturgiche.

4La casula è la veste liturgica propria di colui che celebra il rito della messa

5 Il pastorale (o vincastro) è una sorta di bastone, dall'estremità ricurva e spesso riccamente decorata, usato dal vescovo nei pontificali e nelle cerimonie più solenni. È in uso presso varie chiese cristiane a ordinamento episcopale, tra cui la Chiesa cattolica, l'ortodossa, l'anglicana e la luterana. Deriva dal lituo etrusco.




Domenica 28 Ottobre,2012 Ore: 09:14