LUNGO MALE E FEDE DELL’EMERITO PROFESSORE

di Sebastiano Saglimbeni

Cotidie morimur; cotidie enim demittur aliqua pars vitae, et tunc quoque cum crescimus vita decrescit. Infantiam amissimus, deinde pueritiam, deinde adulescintiam. (Moriamo ogni giorno; ogni giorno infatti, ci è sottratta una parte della vita; anche quando cresciamo, la vita decresce. Abbiamo perduto l’infanzia, poi la fanciullezza, poi la gioventù). Questa eccelsa proposizione del grande filosofo Seneca, il professore emerito l’aveva citata nel 2009 ad una dottoressa del nosocomio Borgo Trento in Verona, reparto di pneumologia. Vi era stato ricoverato per dei controlli. Erano trascorsi otto anni e otto mesi da quando nello stesso nosocomio, reparto di urologia, gli era stato asportato il rene destro aggredito da una neoplasia. Il professore emerito, per nulla vessato, l’aveva comunicato ai suoi parenti e ai suoi amici. Durante quegli otto anni e otto mesi i giorni gli trascorsero leggendo, scrivendo collaborazioni di varia cultura per alcuni giornali e brevi libri e traduzioni di alcuni classici latini. Tradusse i 12 libri dell’Eneide. Prima del male aveva tradotto e pubblicato del poeta Virgilio le Bucoliche e le Georgiche. Un’impresa tutta quest’opera virgiliana tradotta ardua, ambiziosa ma, in qualche modo, terapeutica .
Dal 2001 al 2020 quel male micidiale, con l’aggiunta di altri, escluso il recente virus cinese, si è fatto lungo. E la continuità di assidui controlli e cure con più farmaci, veleni. Il professore emerito, il professore emerito. In questa estate 2020 asfittica gli è stato, a volte, come un sollievo il mal di caffè, vale a dire, quella quotidiana sosta in alcuni locali vicini alla sua abitazione. Un pomeriggio, solo, seduto al tavolo di un caffè, volle recitarsi in silenzio in lingua latina le parole perle di seguito trascritte.
 
Salve, Regina,
Mater misericordae,
vita, dulcedo et spes nostra, salve.
Ad te clamamus,
exsules filii Evae
Ad te suspiramus gementes et flentes
in hac lacrimarum valle.
Eia ergo advocata nostra,
illos tuos misericordes oculos
ad nos converte.
Et Iesum, benedictum fructum
ventris tui,
nobis, post hoc exsilium, ostende.
O clemens, o pia, o dulcis Virgo Maria!
 
E balenarono in mente al professore emerito quell’ anno della giovanissima età trascorso da studente di quinta ginnasiale in un modesto collegio religioso di una piccola comunità arroccata in provincia di Messina. E quelle messe e le preghiere in ginocchio le domeniche. Fra le preghiere, il “Salve, Regina”, in latino. La preghiera - è stato scritto - composta mille anni or sono, una grande poesia che non può non elevarti con le parole perle: “ Ad te suspiramus gementes et flentes/ in hac lacrimarum valle”.
Lungo male e fede. Dalla fede, per molti anni, l’emerito professore si era presuntuosamente allontanato. Ma un mattino di novembre del 2017 sorprendentemente si sentì mutatus ab illo, si sentì rifiorire l’anima nonostante l’imperversare del male, la sofferenza da anni del despota corpo. La scienza, alla quale crede e difende il professore emerito, ora si accompagna alla fede. La fede, la fede. In nome di questa, l’uomo dal lungo male, riscopre i canti religiosi come ” Parce, Domine,/ parce populo tuo/ ne in aeternum irascaris nobis”. E pure riscopre la nostra letteratura religiosa. Un mattino infatti di quiete corporale volle scrivere sugli Inni sacri di Alessandro Manzoni. In cima al testo, che venne pubblicato, citò i due versi:
 
Nel Signor chi si confida
col Signor risorgerà.
 
L’emerito professore, che ha vissuto a lungo con l’età di 88 anni, ora si sente, con quel lungo male della neoplasia e gli altri aggiunti, insopportabili, alla fine corporale. Si augura con serenità di finire per sempre mentre dorme.



Sabato 22 Agosto,2020 Ore: 16:32